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Roots, cucina pop dall’orto al piatto: il locale di famiglia che piace a Roma

di:
Francesca Feresin
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A Prati, la famiglia Gentile fa dell’attenzione al dettaglio la sua parola d’ordine e tira fuori una cena di altissimo livello con prodotti dell’orto di famiglia e tanta brace. Dove siamo? Da Roots, il tempio della cucina più pop e fine dining della Capitale

Ristorante Roots

La storia


Il primo ricordo di Roots risale al 2020. Era uno degli ultimi giorni di Febbraio, quando Roma era ancora fredda e umida mentre in quel di Prati da pochi mesi una nuova insegna animava il quartiere. Il suo nome è Roots. Un luogo in armonia con la terra, dall’intrigante spirito familiare. Un posto che negli ultimi 3 anni è restato lì, fermo, puntando alla stessa qualità e filosofia degli inizi. Nonostante la pandemia e i mille ostacoli successivi.


Apre nel 2019, dalla volontà dei tre fratelli Gentile, Alessandro, Giulia e Cecilia, cui si aggiungono le mani in pasta di Martina Eiko, compagna di Alessandro. Un’impresa singolare che si autogestisce e cresce da autodidatta osservando e imparando da ciò che ha intorno. Sono sincera: in questa insegna ospitalità e manico ai fuochi sono sempre stati esemplari. E oggi lo sono ancora di più: accoglienza da abbraccio, naturale e spontanea a cui si somma un tripudio di materia prima vera e naturale impressa in ogni vivanda. Dunque nessuna crisi familiare in atto da Roots, tranquilli. Com’era così lo ritrovate. Anzi, probabilmente lo gusterete meglio, più nel profondo.



La parola chiave che vige qui è “dettaglio”. Alessandro in cucina, sostenuto dalla compagna Martina Eiko ai dolci e lievitati, e Giulia e Cecilia Gentile, le sorelle di Alessandro in sala, hanno preso in custodia questo termine a mo’ di missione rivolta al loro mestiere. L’aspetto più bello?  Lo fanno insieme, coesi verso un obiettivo comune. Non gli è stato richiesto dai genitori, agiscono così perché non saprebbero fare altrimenti. Ha lo sprint di chi è abituato a curiosare con il palato e coglierne i gusti più interessanti, Alessandro, classe 1993, un ragazzo introverso e concreto: “Le cose fatte bene non hanno un gran bisogno di parole”, è il suo motto.


Lui, dopo gli studi scolastici, ha frequentato dei corsi professionali per perfezionarsi; si è messo poi alla prova in diverse cucine tra cui quella de Il Pagliaccio, ristorante 2 stelle Michelin romano, guidato da Anthony Genovese, e presso cui ha svolto uno stage. La sorella, Cecilia è la più esperta nel settore vini e gestisce in prima linea la piccola cantina che cambia di continuo, tanto quanto il menu.


Il ristorante


Il ristorante si caratterizza per l’atmosfera minimalista, in puro stile scandinavo. All’ingresso domina la grande vetrata che lascia respirare la piccola sala interna. All’esterno c’è anche un dehors da sfruttare nei periodi già caldi dell’anno, arricchito dai profumi del vicino Mercato dei Fiori. I tavoli sono centellinati. Alti, bassi. Sicuramente nudi, vestiti del necessario per una cena con la C maiuscola.  La cucina di Alessandro è espressione della terra e dell’estro del momento. La carta è viva ed evolve giorno dopo giorno tra lavorazioni di proteine animali ma soprattutto vegetali che, quando possibile, vengono direttamente dall’orto di casa di Alessandro a Tivoli. Largo spazio a biete, dragoncelli, finocchi, broccoli, cavoli rapa. Dai piatti trapelano sfumature orientali nelle tecniche, nordiche nella mise en place ma del territorio nella scelta della materia prima.


Un concetto emerge da una degustazione al Roots: zero waste, per cui gli sprechi alimentari vengono azzerati con la rielaborazione degli scarti. Ed è per questo che Gentile predilige la cottura alla brace perché, tra le tante, è la meno invasiva, la più sincera tecnica di cottura che si possa riservare ad un prodotto di alta qualità. Ogni elemento del menu viene sapientemente lavorato e viene poi introdotto a tavola con il cestino del pane firmato da Martina che, nata come pizzaiola e con alle spalle alcune esperienze lavorative, era arrivata a Roma per apprendere i segreti della panificazione.



Una passione e un talento che si tramuta in pani (farine Bongiovanni Torino), lievito madre a lunga lievitazione, focacce genovesi e grissini multicereali, creati dall’unione di grani diversi e semi (lino e girasole). Un indirizzo naturale, dove ogni elemento della cucina e il rapporto con il cliente, è diretto e sincero, senza intromissioni artificiali. Così è anche per le birre artigianali e prodotte in Italia e i vini, circa 30 etichette solo naturali e del territorio.


I piatti


Alla tavola di Roots si gioca. Via libera, quindi, ad affondare la super focaccia di Martina in un buon olio d’oliva, a mordere un mikado ai broccoli e a stritolare un agnolotto fritto. Ma anche a proporre alimenti sani e buoni, rigorosamente locali. Non a caso la prima espressione a riempire il volto ad inizio cena è gonfia di felicità. Si sgranocchia fino alla fine il Mikado di cioccolato fondente e broccolo, così come svanisce in un sol boccone l’Agnolotto croccante ripieno di pollo alla cacciatora. Sapori forti, velati di amaro, i primi, mentre i secondi sono segnati da un’impronta di selvatico. Non indugiate sul pane e sulla focaccia di Martina. Sono un monumento di professionalità e passione che stimolano la salivazione al solo sguardo.


Ecco pronto il primo antipasto: tarte tatin scalogno, caramello di cipolla e mousse di caprino. Burrosità e dolcezza vanno a braccetto in un piatto che è tecnica e godimento allo stato puro. Lo scalogno ha morso e mordente e viene amplificato nelle sue sfumature più dolci dalla sfoglia friabile. Il colpo da maestro lo noti accanto al triangolo di tarte: una pungente mousse di caprino con caramello alla cipolla.

Tarte tatine di cipolla e scalogno , caprino e caramello di cipolla



Tartare di manzo, mayo al fondo bruno e polvere di miso. Aiutami a dir buona! Una carne battuta al coltello grossolanamente, condita con un mix geniale di sapidità conferito dal miso ed il fondo bruno. L’assaggio è una sorpresa: la carne è protetta da una cialda croccante e dolciastra, come quella dei coni gelato da rompere rumorosamente e mangiare insieme ad ogni boccone.

Dim di faraona, jus di faraona, cipollotto marinato



D’impronta sarda sono i Malloreddus mantecati in una crema di patate affumicate con l’aggiunta di cozze. La pasta è callosa e lega bene la salsa dalla firma al punto audace da tener testa alla sapidità spinta delle cozze.

Fregola burro e parmigiano, Alici e limone fermentato



E’ un crescendo di approvazione piatto dopo piatto. Si conclude il comparto salato con un secondo vegetariano. Ma amici carnivori, non temete: non rimarrete delusi neppure da questo assaggio. Il Carciofo è cotto alla brace, è carnoso all’inverosimile e appena affumicato. A velare la bocca di gioia contribuiscono gli agretti ed una punta di burrata affumicata.


Dopo un rapido e sempre potentissimo assaggio di Pecora alla brace, ecco il turno dei dolci. Non lo dico per scherzare: probabilmente il dessert di Alessandro Gentile è la creazione zuccherina da ristorante più curiosa e, soprattutto, più buona degli ultimi tempi. Vi vedrete servire un piatto candido, bianchissimo: c’è una spuma di cioccolato bianco a velare una quenelle di gelato alle olive taggiasche ed un crumble di cioccolato bianco caramellato.

Gelato alle olive taggiasche spuma cioccolato bianco e crumble di cioccolato cotto



Provatelo e poi mi direte.

Indirizzo


Roots

Via Rodi, 16 – Roma

rootsristorante@outlook.it

TEL. 0639743393

Sito web

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