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Villa Fiorella, dove il gusto sposa l'arte: l'Eden gourmet di Massa Lubrense

di:
Lucia Facchini
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copertina villa fiorella 2023 06 18 11 28 44

nell'incanto di Massa Lubrense.

Terrazza Fiorella

Lo sguardo rischia di naufragare per ore nello specchio blu cobalto che riflette i promontori scolpiti dalle correnti marine. Vi diranno che poi passa, ma in realtà stanno mentendo: alla malìa della costiera non ci si abitua mai. Ed è ancora più bello constatarlo dall'alto di una terrazza dove lo spritz sa di frutta appena colta, quando il Golfo spira cauto la sua brezza a tutto sale.



Basterà fare pochi passi per cenare in un parallelepipedo trasparente dove i riflessi color miele della golden hour baciano le vetrate, accogliendo a braccia tese il bruno intenso della notte. Villa Fiorella se ne sta lì, seduta in posizione zen su un punto tanto strategico quanto sognante, a scrutare di sottecchi i limoneti di Massa Lubrense. Sembrerebbe un albergo come tanti, e invece è l'esatto opposto delle inflazionate destinazioni turistiche che spesso affollano la zona.



L'hotel


La differenza? Questo piccolo Eden mediterraneo non vive beatamente di rendita con suite convenzionali, buffet di pesce e aperitivi on the top dall'acustica potente; vuole piuttosto essere una pinacoteca sospesa sui flutti, che tiene la vista in continuo allenamento tra arte moderna e frammenti di paesaggio. Merito della collezione itinerante voluta dal proprietario Alberto Colonna, instradato dal nonno al culto estetico sin dalla prima infanzia. Così ogni sala svela tesori nascosti, dalle creazioni del torinese Domenico Borrelli, capaci di fondere profili umani e oggetti quotidiani, al poderoso Rinoceronte di Davide Rivalta, davanti a cui ci si riallaccia d'un tratto al proprio io selvatico.



Ma il gusto non è secondo all'occhio, e l'ascesa verso l'alto sblocca i livelli di altrettanti piani mangerecci, legati a doppio filo da opere attuali. Dabbasso, nella veranda open air del Ristorante Scirocco sfilano snack suadenti come i Fiori di zucca con ricotta al limone, dove lo sprazzo citrico rinfresca la pastella, mentre gli Gnocchi alla sorrentina virano sul camouflage tessendo un'unica tela cremosa a mo' di cupoletta tricolore. Poi Tartare di tonno rosso, Controfiletto di agnello con Provolone del Monaco e Delizia al limone per aggiornare l'idea di un dessert barocco che qui si spoglia di qualsiasi fardello zuccherino.

Tartare di Tonno Rosso, Nocciole, Gel e Zeste di Limone



Ravioli di Ricotta alla Nerano



Delizia al limone



Non serve altro che una pausa post-prandiale sui lettini di fronte alla piscina a sfioro per assorbire i migliori raggi del meriggio, pregustando già l'aperitivo in cima alla Sky Lounge. Inutile dirlo, niente patatine: al loro posto chips con nero di seppia e Limoncello Spritz, perché brindare al territorio è d'obbligo nella patria dei liquori agli agrumi. Eppure, l'high point deve ancora arrivare: è quella cena di cui parlavamo all'inizio, un ricordo a parte nell'archivio vacanziero che segna lo spartiacque fra il previsto e il non previsto.



Il ristorante e lo chef


Terzo piano, Terrazza Fiorella, Carmine Mazza al pass. Le luci si abbassano e cresce la curiosità. Dello chef sappiamo che ha iniziato a spadellare presto, da adolescente ("potrei essere già in pensione"), e che, nonostante una carriera ormai fitta di esperienze, continua a cercare l'ebbrezza del nuovo, svelando senza indugi un attaccamento viscerale alla cucina ("È il mio posto").


Sul cv una rosa di nomi che parlano chiaro, dagli esordi al Don Alfonso ai 7 anni trascorsi presso il Poeta Vesuviano di Torre del Greco (di cui è natìo), fino al ruolo di sous chef per Le Trabe e il precedente incarico da executive al Grand Hotel Angiolieri. Il mare nostrum che scorre nelle vene e infonde la sua essenza nei piatti, ridisegnando il litorale sensoriale. "Cerco di entrare in sintonia con ciascun tipo di palato, perché l'atto di nutrirsi è naturalmente inclusivo e il piacere di farlo non deve mai venir meno".


Un menu ambizioso, dunque, ma non ermetico o prolisso, dove la componente aromatica pare tener per mano i sapori, quasi a ristabilire le gerarchie del rito gastronomico. E la sala, diretta dal maître Tiziano Imperato insieme al sommelier Luciano Esposito, coglie prontamente i segnali olfattivi che di volta in volta orientano l'assaggio, supportandoli con un repertorio liquido di tutto rispetto. Si sta spesso in zona tra Fiano, Greco di Tufo e Lacryma Christi del Vesuvio (notevole il Munazei Bianco Doc di Casa Setaro), per poi risalire lo Stivale e planare all'occorrenza sulla Francia (l'ostrica fa scintille col Whispering Angel di Cave d'Esclans). L'accoglienza viaggia in un convoglio separato di spontaneità ed empatia, sfatando il luogo comune dell'ingessatura da fine dining: mai uno sguardo di troppo o una presenza ingombrante a rompere la bolla della degustazione.



I piatti


Pasticceria salata per innescare subito la miccia dello stupore: davanti a noi quella che sembra una tartelletta alla crema racchiude in realtà una mousse di Provolone del Monaco, polvere e zeste di limone; l'agrume a riportare il formaggio sulla via maestra, schivando l'eccesso grasso-piccante. A seguire, Cannolo di mais con ricotta e aceto di Champagne e Macaron di melanzane. Un triplo salto vitale nel percorso di 7 portate (fermo restando la mini-degustazione in 4 assaggi), dove il ricettario campano evolve senza damnatio memoriae dei suoi amati classici veraci. Tant'è che Carmine svecchia persino il routinario servizio del pane, accostandovi non solo l'olio direttamente prodotto a Villa Fiorella, ma anche una salsina di pomodoro e un ciuffetto di ricotta, per un tris di intingoli indigeni che chiama a gran voce il carboidrato.


Almeno fino alla comparsa di uno starter curioso come il Carciofo arrostito, che -fidatevi- riuscirà a far saltare uno ad uno i vostri punti fermi gustativi. Qui, infatti, il "cibo di strada" viene lustrato a specchio come un bijoux. "L'idea nasce dalla voglia di nobilitare il ghiotto cartoccio vegetale che gli ambulanti offrono nei vicoli di periferia la domenica, avvolto da semplice carta argentata", spiega lo chef. "Io amo scomporlo in un chiaroscuro di contrasti, dal cuore tenero cotto in soluzione acetica alla crema vellutata, fino alla polvere di foglie di carciofo abbrustolito, che riprende l'amarezza della primizia esposta alle fiamme roventi". In bocca la salsa di aglio nero risponde con tono deciso all'ardire della brace; pare quasi un secondo per maestria d'esecuzione.

Polpo, polpo, polpo



La stessa, lodevole mania per le consistenze attecchisce in Lingua Madre, traduzione istantanea di uno speech conviviale greco-italiano. Cotta per 8 ore e poi piastrata, la frattaglia di vitello tira fuori solo a tratti il suo carattere bovino, lasciandosi addomesticare dalle asprezze "nascoste" dell'aceto di Champagne -con cui Carmine tratta l'uvetta- e dello yogurt naturale per una parvenza di ellenismo. D'altra parte, se è vero che in Campania il frutto candito dialoga da sempre con bietole e pinoli, sulla costiera domina l'"uva di sabato" sorrentina, una piccola gemma dai sentori potenti. E i cromatismi non fanno eccezione, svelando apertamente la matrice nostrana con un girotondo verde-bianco-rosso.

Lingua di vitello, bietole e yogurt



Il primo-icona risponde al nome di "Spaghetto alle vongole fujute" e no, non è la solita boccata di iodio che spezza banalmente il ritmo fra antipasto e secondo; punta invece sulla densità, stringendo a sé un sinuoso condimento di lupini frullati e setacciati per rallentare la masticazione. La vongola c'è ma non si vede: aperta a crudo, gioca a nascondino sotto il nido di pasta. Poi aceto (stavolta una riduzione di balsamico), e coriandolo a frenare l'onda subacquea col suo finale puntuto. Un velo di poesia sull'immagine del popolo che, in mancanza del pescato, rimpiazzava i mitili con delle pietruzze di spiaggia soffritte nell'olio: "Così l'usanza si rinnova".

Spaghetti alle vongole Fujute



Più mite l'Anatra, Provolone del Monaco e Fichi bianchi del Cilento, "ispirata dal germano reale che risalta spesso sugli affreschi pompeiani: era il classico piatto di festa nell'antica Roma". Le rende onore la cottura diretta su pelle, con successivo passaggio al forno e riposo delle carni. Un secondo impostato, dall'architettura francese, cui manca però l'ampiezza percettiva delle portate precedenti.

Anatra, Provolone del Monaco



La marcia acidula riparte a fine pasto, in slalom con gli zuccheri essenziali. Ultimo atto, il "Limone 100%", capace di volumizzare tutte le sottili sfumature del citrus di prossimità, dalla buccia candita al sorbetto glacée, fino all'estratto fermentato. Compagno di freschezza è il basilico in doppia forma (crema e marmellata), mentre la frolla dà lo sprint finale di mordenza. La notte avanza, ma nel piatto c'è tutto il sole del giorno appena trascorso.

Limone 100%



Piccola pasticceria


Indirizzo


Art Hotel Villa Fiorella- Terrazza Fiorella

Massa Lubrense – NA Via Vincenzo Maggio, 5

info@arthotelvillafiorella.com

Tel: +39 081 878 9832

Sito web

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