Non ci sono due o tre stelle fra i ristoranti dove il dolce vale il viaggio: che siano ricette storiche o nuove di zecca, gli ispettori Michelin sembrano prediligere creatività light e combinazioni rodate, inni alla golosità e tuffi nel passato.
La notizia
Non solo deontologia rigorosa e ispettori stipendiati, grazie a un’operazione di marketing senza eguali. Fra le armi di Michelin c’è da sempre un riserbo ermetico, che genera elettrica suspense. La rossa dà e toglie senza rendere conto a nessuno, si lamentano i cuochi meno fortunati, scervellandosi su “incomprensibili” declassamenti. Ultimamente, tuttavia, qualche spiraglio si è aperto grazie alle nuove operazioni mediatiche. Sul sito aziendale, per esempio, il pezzo “Peccati di gola” offre non pochi indizi su come impressionare gli ispettori al momento del dessert. Sono stati loro a selezionare cinque dolci vecchi o nuovi, comunque meritevoli del viaggio. Dessert mai estremi, che ricalcano perlopiù associazioni consuete e blandiscono il palato.Da Villa Naj, a Stradella, Dario Fisichella serve Pistacchio, lampone e zafferano. In pratica “una sfiziosa composizione di piccole bavaresi al pistacchio con cuore ai frutti rossi, circondate da lamponi marinati al Porto, il tutto convergente verso una deliziosa crema allo zafferano. Né manca un crumble di pasta frolla, che aggiunge una gradevole nota consistente. Tutto molto colorato, anche grazie ai petali di fiori sparsi con regolarità”. A fare centro in questo caso è stato il gusto contemporaneo, non convenzionale, cui il palato viene preparato dal predessert di cremoso al latte di capra con polvere di cappero.
Un altro giovane chef, Jacopo Malpeli dell’Osteria del Viandante di Rubiera, è stato selezionato per un grande classico: la Zuppa inglese, descritta come “la quintessenza della golosità, un abbraccio di creme bicolori strette fra savoiardi inzuppati di liquore, memoria di tempi in cui le calorie non erano un problema”. Queste le parole dell’ispettore: “Tagliata con precisione geometrica, in bocca mi ha colpito per l’agilità delle creme, una alla vaniglia e l’altra al cacao, né stucchevoli né pesanti, nonché per la qualità dell’alkermes, prodotto da un opificio locale. Che gran finale, per giunta servito nelle sale di uno dei ristoranti più raffinati ed eleganti della regione!”
C’è posto anche per un ristorante non stellato, il fiorentino Cestello Ristoclub di Gabriele Rastrelli, e per il suo Semifreddo al limone con cuore al basilico, lodato per la presentazione contemporanea, fedele alla “moda asimmetrica”, in forma di mezzo agrume, la piacevole aromaticità balsamica e le consistenze perfette. Classico con brio.
È uno storico signature della Caravella di Amalfi il Soufflé al limone sfusato, specialità di mamma Anna oggi dedicata a un habitué eccellente, Salvatore Quasimodo. “La sua forma sontuosa e la difficoltà intrinseca richiesta per il raggiungimento di un equilibrio di consistenza, umida ma non bagnata, soffice eppure compatta, lo colloca tra i dolci non facili da realizzare. Alla Caravella da decenni, dopo un’ora circa di preparazione, il risultato è a dir poco straordinario: lo si vede arrivare in sala e già la dimensione generosissima invita al sorriso e a riconciliarsi con la vita. A questo punto assaggiandolo si scopre che è leggerissimo, il suo interno spumoso come una ‘nuvola’ (per citare le stesse parole del grande poeta di ‘Ed è subito sera’), un suadente e dolce sapore di limone rincorre il proprio stesso profumo per tutta la durata della degustazione”.
Ancora Campania, terra amata da Michelin, nella torta di mele di Josè Restaurant a Torre del Greco, che lo chef Domenico Iavarone prepara à la minute. “In contesti dove tutto è modernizzato e spesso le ricette sono ‘spinte’ all’estremo, un tuffo nel passato è di per sé già una bella sorpresa; l’esecuzione poi perfetta, all’uscita dal forno con un profumo che avvolge tutto il tavolo e una fragranza impeccabile, fatta di ingredienti semplici e di qualità, ci riporta ai tempi dell’infanzia. Una sorta di madeleine di Proust, nonché un piccolo capolavoro d’arte pasticciera famigliare”.