Per mettere a punto la sua dirompente cucina “afrofusion”, Dieuveil Malonga ha frequentato la “scuola delle nonne”, in giro per due anni attraverso il continente nero. Il risultato sono un viaggio gastronomico senza confini e un progetto formativo continentale.
La notizia
Dopo l’Asia e l’America Latina, sembra essere arrivato il momento della cucina africana, che incassa stelle Michelin nelle metropoli (il londinese Ikoyi su tutti) e il premio One to Watch da parte dei World’s 50 Best (Kwame Onwuachi), oltre a spopolare sui social. Da tempo ci lavora Dieuveil Malonga, che ha battuto 48 nazioni africane su 54 per mettere a punto la sua dirompente “afrofusion”. “Mi recavo nei villaggi per incontrare le nonne, che conoscono tecniche antiche e sorprendenti”, racconta. In questo modo ha appreso specialità tradizionali e segreti della fermentazione, cosicché chi si siede da Meza Malonga, non intraprende un semplice pasto, ma un viaggio.
Nato in Congo e cresciuto in Germania, dove ha studiato cucina a Münster, Malonga si è formato in diversi ristoranti stellati europei, prima di intraprendere il suo viaggio biennale per il continente nero, mirato a cercare ispirazioni per il proprio locale. Si è infine stabilito a Kigali, in Ruanda, dove dal 2020 manda avanti il ristorante che porta il suo nome, ed è stato premiato nel 2022 come “champion of change” dai World’s 50 Best.
Quella che ha in mente Malonga è un’autentica rivoluzione: il riscatto di un continente attraverso il patchwork di influenze e di sapori, dal Camerun al Ghana, passando per la Costa d’Avorio e le tradizioni delle diverse etnie, masai, bantu, zulù... “L’Africa può vantare una varietà alimentare stupefacente. Il mondo ignora gli ingredienti e le ricette che abbiamo”, perora. Nei suoi sogni, presto la cucina africana potrà confrontarsi alla pari con quella europea, senza che ci scapiti l’identità o si incattivisca la competizione. ”Il cibo non ha confini. Molte cose sono collegate e questo mi aiuta a essere creativo. Nella mia cucina c’è tutto”.
Ma il suo impegno è volto allo sviluppo di tutta la gastronomia africana. Per questo ha fondato la piattaforma “Chefs in Africa”, cui si sono iscritti 4000 professionisti in cerca di opportunità di carriera e crescita professionale; ha poi creato una scuola di cucina nel suo ristorante. “Sono stato formato e ho lavorato con chef stellati in Germania e nel sud della Francia, ma il mio concetto è molto diverso. Sono più focalizzato sull’educazione. Se vuoi andare lontano, devi condividere con gli altri”. Il prossimo passo è l’apertura di un villaggio dell’innovazione culinaria sul lago Ruhondo, in agenda per il 2024, per ampliare il raggio della scuola.
“Quando ero giovane, si parlava solo di cucina europea. Poi sono arrivati i piatti thai, la cucina asiatica e ora quella latinoamericana. La prossima sarà l’africana, è per questo che sto preparando il mercato”, è la speranza. È vero che diversi africani sono stati premiati, ma perlopiù al di fuori del continente, mentre i riconoscimenti dovrebbero restare. Da queste parti Michelin, però, non ha mai messo piede. “Per me l’Africa è il giardino del mondo”, insiste. “La prossima rivoluzione del cibo è già qui”.
Fonte: CNN Travel
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