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La grande cucina di Even Ramsvik, astro nascente dell’avanguardia scandinava

di:
Alessandra Meldolesi
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Amore e verità nei mari del nord. Nel centro di Oslo, l’avanguardia scandinava si cimenta con i grandi prodotti locali, a cominciare dal pesce del mare di Norvegia. Inaugurando nuovi registri gustativi.

La Storia

La Storia di Even Ramsvik


“lo sai come ti ho chiamato? Ti ho chiamato Ylajali. Ti piace? Ha un suono che scivola bene”… È dal capolavoro della letteratura norvegese, Fame di Knut Hamsun, che prende il nome uno dei ristoranti portabandiera del rinascimento norvegese, situato al primo piano dello stesso stabile in cui il grande romanziere, premio Nobel nel 1920, aveva immaginariamente collocato la residenza della fanciulla misteriosa, vagheggiata dal protagonista e così da lui ribattezzata. Sorta di senhal che qui finisce per evocare tutto ciò che un cuoco norvegese può agognare: una cucina elusiva e affascinante, capace di riorientare la bussola della gourmandise grazie a giacimenti gastronomici insospettati.

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Aerated chocolate, Pine & Porcini
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Nell’epifania dell’aurora boreale, con le sue tracce color pastello sull’oscurità, l’astro nascente di Even Ramsvik, stella Michelin dal 2014, pulsa a Oslo. In un locale bianco che ha conservato finiture senza tempo, signorile e felpato. Appena due salette per 7 tavoli rivestiti da una tovaglia immacolata, con il pavimento in vecchie doghe che scricchiola sotto le suole dei camerieri. Su un bracciolo di ogni sedia è ripiegato un vecchio plaid, il cui colore sposa il fiammeggiare delle tende, trasmettendo un sentimento di casa tanto più rassicurante quando fuori infuria la bufera di neve.


Ramsvik vi è approdato 5 anni fa e si appresta a traslocare il 19 dicembre del corrente anno, in cerca di una location consona agli sviluppi che ha conosciuto la sua cucina. Probabilmente più vicina alla natura per approfondire le tecniche che sta sperimentando. La sua è infatti una culinaria della verità, nel solco del Manifesto per una nuova cucina nordica e del Noma di René Redzepi. Quindi naturalismo, prossimità e studio delle tecniche ancestrali. Valori che vengono declinati altrimenti da quanto accade a Stoccolma e Copenhagen, perché diversa è la latitudine in cui si radicano i prodotti e l’immaginazione, oltre le cortine del circolo polare artico. “Il clima più rigido si traduce in sapori rustici e brutali, che mi piace contrastare attraverso presentazioni ed esecuzioni eleganti”.


Trentuno anni, la barba di Tolstoj e le braccia tatuate, Ramsvik arriva per di più dalla Norvegia del nord, per la precisione da Alesund, dove è stato educato alla teologia del merluzzo, pesce della civiltà che qui viene elaborato soprattutto in klippfisk, la variante prediletta in Portogallo, salata e poi essiccata. Dopo gli studi all’Alberghiero di Oslo, è toccato al tristellato Régis Marcon svezzarlo a un’alta cucina del selvatico, principalmente vegetale, di matrice regionale. Quindi un passaggio al Palace Grill di Oscarsgate ed è già tempo di Ylajali: il resto è attualità.

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Chantarell, Seaweed & Mussels
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Dearcheologizzazione, rietnicizzazione: nel mirino dello chef c’è il “matauk”, ovvero la matassa delle tecniche che sono state elaborate nel corso dei secoli per fronteggiare la penuria di ingredienti freschi durante le interminabili stagioni fredde. Lo chef le snocciola rapidamente ma introducono una temporalità dilatata: “smoking, dry aging, salting, dryIng, curing…”. La cucina di Ylajali però non è solo questo: rivela piuttosto attraverso spie ben disseminate i suoi debiti nei confronti delle avanguardie anni 0 e persino della cucina francese, dove continua a sobbollire il subconscio gustativo del nord. Vedi la presentazione del menu rilegato, suddiviso in prologo, quattro capitoli ed epilogo, che cita il topos avanguardista della bibliofagia (in realtà è la riproduzione della prima edizione di Fame, risalente al 1890); ma anche motivi ricorrenti nel pasto come i monocromi.

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Sour milk and Celery
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Gli ingredienti sono quasi tutti scandinavi, ma senza dogmatismi. “Mi piacerebbe utilizzare lo yuzu e il Parmigiano, che però non si armonizzerebbero con il profilo gustativo del pasto. Adopero invece altri prodotti stranieri come il miso e l’aglio nero, entrambi fermentati come si usa da noi, oppure l’olio di nocciole”. Perfino le posate, a dir poco inconsuete, sono a chilometraggio controllato: arrivano infatti da Skaugum, la più antica azienda norvegese del settore, pietra di paragone per il design vintage, che dopo aver cessato la produzione negli anni ’70 è ricomparsa dentro i casalinghi 3 anni fa.

I Piatti

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Old milk cow, Caviar & Cress
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In mancanza di una carta su cui compiere le proprie scelte, il menu degustazione si articola in 20 portate per una durata di circa 3 ore. “Perché i norvegesi mangiano fuori raramente, quindi una cena rappresenta un evento da celebrare con un’esperienza completa”. La sequenza, nelle intenzioni dello chef, compone il classico crescendo gustativo, che riprendendo la metafora letteraria somiglia al parossismo della suspense.


Non cambia mai interamente, ma una portata alla volta, con 4 o 5 piatti fissi. In abbinamento una carta di vini per la maggior parte francesi: “È vero che non si tratta di prodotti locali, ma il vino viaggia e a livello sensoriale può sposare i ‘norwegian flavours’. Soprattutto se si tratta di etichette biodinamiche e naturali”.

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Raw Shrimps & Dill
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Sea Urchin & Coffee
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Si comincia con i gamberetti rosa crudi con salsa di aneto e pane aromatizzato con la polvere delle loro teste, sul canovaccio classico dei sapori del nord; per supporto un blocco di ghiaccio, con un foglietto di carta da forno a evitare che le polpe si gelino, mantenendo però la temperatura ideale per un crostaceo pescato da acque freddissime. Ma è tutto il comparto pesce a rivelarsi monumentale: i ricci di mare serviti con polvere di caffè, secondo un abbinamento già sperimentato altrove, con le loro lingue mai così polpose, e soprattutto la capasanta di Froya, generosissima e carnosa. Viene servita con bottarga del suo corallo, marinato sotto sale e affumicato, e salsa delle sue barbe al ginepro, in modo da ricostruire il mollusco intero, che viene adagiato su un letto di ginepro per rafforzare i profumi di “mare e monti”.

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Turbot baked in hay
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Raw Mackerell & Frozen seatextures
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Da gennaio ad aprile non può mancare lo skrei, ovvero la massima espressione del merluzzo norvegese, pescato al ritorno dal mare di Barents, quando la traversata artica ha reso la polpa magicamente tonica, pronta a sfaldarsi sotto la forchetta in una testura senza pari. Ramsvik lo serve in due versioni. Prima la testa , ovvero le famose kokotxas e i muscoli degli occhi ricoperti da una cascata di palline azotate a base di prezzemolo, rafano e ricci di mare, sempre per giocare con i “nordic flavours”. Una salsa sotto forma nuova, ancora una volta fredda ma non troppo, in una variazione di veli e altre coperture. Poi il trancio cotto a bassa temperatura con cozze affumicate e sedano rapa, più un pizzico di fibre essiccate in funzione di spezia.


Ma ci sono anche temperature altissime: quelle ottenute nel forno a legna, alimentato a quercia, subito fuori dalla cucina. I suoi 600 gradi scioccano l’ingrediente come un flash, immortalandone i lineamenti senza snaturarli, con l’eccezione delle superfici che virano verso l’amaro grazie alla reazione di Maillard. È il caso dello scampo, arricciato nella torsione di un calore infernale, servito con lamelle di barbabietola non sottaceto, ma marinate nel loro stesso succo fermentato per un effetto di elevazione a potenza. Il piatto simbolo della casa.


 

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Quail egg & Ash
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Fra le tecniche ancestrali in uso, studiate con un’équipe di food archaeologist o ripescate fra gli anziani, la cottura nelle buche sopra pietre roventi rivestite di corteccia, con ottimi risultati sulle rape, che guadagnano un gusto affumicato. Ramsvik la pratica nel bosco o a casa sua, per una durata di 2 giorni. Impattante la sequenza dei monocromi neri, che instaurano un pathos singolare. Prima la tartare di renna al cipollotto a mo’ di pralina nel tartufo nero di Gotland, poi l’uovo di quaglia glassato alla cenere di porro con cialda di patata e burro nocciola. Quasi una citazione del pasto al lutto composto esclusivamente di portate nere consumato da Des Esseintes in Controcorrente di Huysmans, sulle tracce di una “stramberia registrata nelle cronache del diciottesimo secolo”.

 

Indirizzo

Restaurant Ylajali

St. Olavs plass 2 - 0165 Oslo, Norway

Tel. +47 222 06 486

Mail: post@ylajali.no

Il sito web del Ristorante Ylajali

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