Ristoranti di tendenza

Al pashà di conversano: le mille e una notte di Maria Cicorella e Antonello Magistà

di:
Alessandra Meldolesi
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L’originalità è la cifra del Pashà di Conversano, indirizzo che sposa alla competenza a tutto tondo di Antonello Magistà la solidità in cucina di mamma Maria Cicorella, dentro uno scenario sontuoso.

La Storia

La Storia del Ristorante Pashà


Pashà: era questo il soprannome di Antonello Magistà, quando da bambino si abbandonava pigro sul divano di casa; oppure all’oratorio si stendeva placidamente al sole, piuttosto che rincorrere la palla nel mandorleto. Tanto che persino i professori di ragioneria finirono per chiamarlo così. A quei tempi i genitori portavano avanti il loro caffè nella piazzetta di Conversano, dove aveva un tavolino personale per i compiti e lo studio, tanto che gli amici dicevano: “Andiamo dal pashà”, se avevano voglia di qualcosa di buono.

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Papà Francesco, venditore ambulante di legumi, e mamma Maria, cuoca nella gastronomia di nonna Anna, lo avevano fondato nel 1983, rinunciando alle rispettive attività. Con Maria addetta alla pasticceria e alla gelateria, addestrata a sfamare i fratelli minori, che aveva sfornato la prima tiella di agnello, patate e lampascioni a soli 6 anni. “Io davo una mano, ad esempio per gli aperitivi. E così è nato l’interesse per il vino, che mi ha fatto frequentare i corsi AIS, e mi sono innamorato della socialità del servizio. La passione per la gastronomia l’ho approfondita pian piano. Con gli amici si litigava se spendere la paghetta al ristorante o in discoteca. Anche se non avrei mai pensato di farne una professione”.

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Finché il caso non ci mette lo zampino: lo studio di un architetto subito sopra il bar si libera, inizialmente si pensa a una sala da tè, poi spunta l’ipotesi di un piccolo ristorante, dove Antonello può guadagnare autonomia restando in famiglia. È il maggio 1998 e tre cuochi diversi si succedono, poi nel 2000 l’SOS: l’ultimo appena rientrato dalle ferie deve operarsi al menisco. Gli subentra nell’emergenza mamma Maria, che a quarantuno anni si improvvisa chef senza alcuna formazione professionale. “Facevamo una cucina tradizionale, ma attenta. Soprattutto alla materia prima, con una spesa rigorosa che curavo personalmente dentro un raggio di 25 chilometri. Un po’ come adesso, ma senza dogmatismi. È il momento che mi appassiona di più, grazie a una coppia di contadini che sono stati i miei mentori. L’idea vincente è stata partire da una piccola carta, con tre proposte mensili per portata, in modo da tranquillizzare mamma, stuzzicare la curiosità e lasciare crescere gradualmente la cucina. Fino a proporre anche ricette originali, come un filetto di dentice con cime di rapa, foie gras e lime”.

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Vissani, Aimo e Nadia, Sadler, Santin, Berton, Arnolfo, Uliassi: sono tanti i ristoranti per cui si aggira Antonello, desideroso di carpire i segreti del mestiere. Mentre Maria per un anno e mezzo nel giorno di chiusura prende l’aereo all’alba per affiancare Claudio Sadler, che sente affine negli squarci mediterranei. Le ricette sono a quattro mani: quelle femminili, operose nello scavo della tradizione, intrecciate alle maschili, in cerca del taglio vigoroso e contemporaneo. E resta questa la cifra di un ristorante, capace di sprigionare la scintilla dell’originalità dal contrasto fra una cucina riconoscibile e sostanziosa, che può ricordare le meraviglie di Valeria Piccini, e il palato evoluto, colto e inquieto di Antonello il Pashà. “Certi piatti di mamma sono rimasti immutati, come il minestrone all’orzo perlato con fiori di zucca e ratatouille, che conquistò Ducasse. Ma cerco sempre di spronarla verso nuove cotture e abbinamenti inconsueti”. Una dialettica vincente, che resta interna a un paradigma familiare, con la freschezza febbrile che solo gli autodidatti sono in grado di trasmettere.

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Il premio è la stella Michelin datata 2014. Dal 27 marzo illumina ambienti più consoni a un principe ottomano: il nuovo locale, ad appena 40 metri dal precedente, misura 600 metri quadrati con la cantina e gli esterni verdi, ma i coperti sono rimasti una trentina. È ospitato all’interno del Seminario Vescovile, edificio seicentesco dal fascino austero, laddove un tempo si giocava a biliardino e ha poi operato un ristorante di suore. “Calce bianca, chianca, pietra viva: siamo partiti dal desiderio di riscaldare gli ambienti con arredi di carattere, poltroncine e lampade, porcellane e fiori freschi”. Il risultato è un’eco dei contrasti di cucina, con squarci contemporanei sull’antico e design sull’antiquariato, dentro un’atmosfera familiare e casalinga, che ricalca lo stile del vecchio Pashà.

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Mare, piselli e mandorle
Mare, piselli e mandorle



E l’eleganza appena stravagante resta la cifra di un professionista della sala con pochi eguali nel sud Italia: affabile, misurato, nonchalant. I menu degustazione sono tre: Tradizione e semplicità, con i classici pugliesi a 70 euro; Mamma Maria, focalizzato sul pesce di Polignano e Gallipoli, a 90 e Capricci, 10 corse ispirate a un prodotto, il cui prezzo varia da 120 a 160 euro nel periodo del tartufo (nostrano).

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La carta dei vini, rinnovata ogni anno, li accompagna con una selezione di quasi 1000 referenze, per il 30% pugliesi, fra cui risaltano naturali e piemontesi, francesi, bianchi austriaci e della Mosella. Antonello mette a disposizione anche un percorso di abbinamenti personalizzato dal prezzo variabile.

I Piatti

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Si comincia con appetizer esemplificativi della varietà della cucina: la polpettina di pane e formaggio, classico della domenica, con guanciale Santoro, salsa di lampascioni e aneto per la tradizione; la tartare di sgombro con pelle croccante, sfere di olio al peperoncino, scalogno al sale e maionese al pompelmo per la creatività marinara; il panino alla curcuma con ricotta e carpaccio di manzetta podolica per la vena pop. Nel cestino del pane taralli scaldatelli al vino bianco, ormai rari, grissini, pagnottelle da 400 grammi a base di farine pugliesi e lievito madre, all’extravergine, con mandorle e rosmarino oppure uvette e cioccolato sui formaggi.

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Notevole la triglia di scoglio leggermente marinata al bergamotto con spuma di pomodoro verde (completo di peduncolo per il profumo di foglia, che fa tanto campagna, più i semi di camone sul fondo) e uova di salmone: quasi una livornese in bianco, per ingredientistica e nappage, che sposta il baricentro gustativo verso l’acidità, bilanciata dalla sapidità in un quasi monocromo.

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Riprende le volute dei Roca la battuta di manzo podolico con maionese di gamberi, puntarelle, mandorle fresche e spugna di yogurt, che arriva in tavola sotto la cloche, sopra un braciere dove bruciano legnetti di faggio ed erbe secche. L’affumicatura è in tempo reale, con un gusto di cotto pregresso visto che la battuta è ricavata da una fiorentina molto alta, precedentemente scottata sul grill.

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Superbe le orecchiette, preparate in un insolito formato extralarge, che esalta callosità, carnosità e ricettività del condimento, con cui la dialettica è alla pari. Vengono preparate con semola biologica senatore Cappelli e servite con ragù di coniglio alla cacciatora, quello tradizionale della tiella, sfilacciato grossolanamente, verdure novelle, caciocavallo fuso e tartufo nero della Basilicata. “Perché mamma non lavora i pezzi di pasta come le signore di Bari, con il mignolo che ruota verso l’interno, ma con il pollice e in senso opposto”.

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Per secondo il piccione con doppia guarnizione: la cicoria ripassata con le cicerchie di Altamura, legume dimenticato e recuperato con l’aiuto di papà Francesco, per il territorio e le nespole al caffè per l’acidità e la deviazione contemporanea.

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Dopo il predessert di fragole, mascarpone, Plasmon e gelatina di limoncello, in luogo della frutta, arriva l’Assoluto di mandorle, monografia dedicata a una tipicità del territorio: le mandorle di Conversano, raccolte dal frantoio D’Orazio, sono fresche, tostate in forma di gelato, amare in crema, elaborate in biscotto e pane imbevuto al San Marzano, l’elisir pugliese. Con una foglia di rucola al naturale e selvatica per il contrasto piccante e amaro su dolcezza e grassezza.

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Tutte le fotografie sono di www.noaofood.com

 

Indirizzo

Ristorante Pashà

Via Morgantini 2 - 70014 Conversano (BA)

Tel. +39 080 495 1079

Mail: info@ristorantepasha.com

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