Non è solo colomba, la Pasqua italiana. A Napoli significa da sempre pastiera, un dolce antichissimo, che conosce innumerevoli varianti, anche salate. Questa l’interpretazione di Antonino Cannavacciuolo, il nostro ultimo tristellato.
La pastiera di Antonino Cannavacciuolo
La storia
Più che un dolce, è un monumento della pasticceria italiana. E fra i più antichi, se è vero che antecedenti della pastiera sarebbero comparsi nei riti delle cerealia, le celebrazioni della primavera nell’antica Roma, e perfino nelle feste nuziali, sotto le sembianze di un pane di grano e farro farcito alla ricotta. Sta di fatto che la prima attestazione di una ricetta simile a quella attuale viene datata intorno al XVIII in quel di San Gregorio Armeno: dove la farcia era più o meno analoga, ma al posto della raffinata pasta frolla si usava una “pastaccia” composta di farina, acqua, uova, sale e poco strutto. Nel 1837, in particolare, spettò a Ippolito Cavalcanti codificare la preparazione.
Il dolce e l’abbinamento
Regina della Pasqua, non solo campana, la pastiera ha conosciuto nel tempo innumerevoli varianti: nata salata, può tuttora essere preparata con insaccati e salumi; oppure con la crema pasticciera, il riso o i tagliolini. L’interpretazione di Antonino Cannavacciuolo, ultimo tristellato italiano, aderisce pienamente alla tradizione.
Ma la sua è un’ossessione, se è vero che sull’e-shop può essere acquistata anche in vasocottura e a Villa Crespi l’ha proposta in versione destrutturata insieme al pastry chef Pier Federico Pascale.
Questo l’abbinamento di Tommaso Caporale, Mister bollicine: “Morbidezza chiama cremosità. Ideale la freschezza di una bollicina da falanghina per rimanere in Campania, dove si fondono gli aromi fruttati di agrumi e fiori di acacia, abbinati a un corpo sinuoso e graffiante”.
La ricetta della pastiera di Antonino Cannavacciuolo
Ingredienti per 12 persone
Per la pasta
390 g di farina 00
55 g di farina di mandorle
135 g di zucchero a velo
75 g di uova
220 g di burro in pomata
1 baccello di vaniglia
2 g di sale naturale
Procedimento
Mescolare per pochi secondi in una planetaria con la foglia o a mano il burro, la farina di mandorle, lo zucchero a velo, i semi della vaniglia e il sale.
Incorporare poco alla volta le uova a temperatura ambiente e la farina bianca, finché il composto non acquista consistenza.
Formare una palla e avvolgerla nella pellicola. Riporla in frigorifero per qualche ora.
Per la farcia
300 g di grano cotto
200 ml di latte
1 cucchiaio di strutto (o burro)
la scorza di 1 limone non trattato
la scorza di 1 arancia non trattata
350 g di ricotta fresca di bufala oppure vaccina
300 g di zucchero
4 uova intere
3 tuorli
1 pizzico di cannella in polvere
150 g di canditi di arancia e cedro a cubetti
5 gocce di acqua di fiori d'arancio
Procedimento
Per la farcia, cuocere a fuoco bassissimo grano, latte, strutto e scorze come se fosse una crema, mescolando di tanto in tanto per circa 30 minuti. Spegnere e conservare a temperatura ambiente, eliminando le scorze.
Montare ricotta, zucchero, uova e cannella in una planetaria o con lo sbattitore elettrico; riunire i due composti aggiungendo i canditi e l’acqua di fiori d’arancio.
Cottura del dolce
Foderare una tortiera con la frolla, lasciandone da parte un po’, e riempire con il composto ottenuto.
Con la pasta rimasta formare delle strisce e intrecciarle sulla superficie della torta; cuocere in forno a 190 °C per circa un’ora. Controllare con uno stecchino che il cuore sia pronto.
A cottura ultimata spegnere il forno e lasciare rassodare con lo sportello socchiuso per almeno un’ora e 30 minuti. Sformare con attenzione la torta fredda e servirla a temperatura ambiente.
Indirizzo
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