Sulla soglia dei trent’anni, Daniele D’Alberto mette a frutto il suo apprendistato al fianco di Gianfranco Vissani e Moreno Cedroni in un locale gourmet, adrenalinico e informale.
La Storia
La Storia di Daniele D'Alberto
Si vede la distesa di tutta Pescara dal belvedere di Montesilvano, piccolo centro a 200 metri e dieci minuti di macchina sul livello del mare. Ed è da qui che Daniele D’Alberto, chef pescarese sulla soglia dei trent’anni, è voluto ripartire con la sua famiglia dopo una gavetta alacre, al fianco di maestri della cucina italiana come Gianfranco Vissani e Moreno Cedroni. Fondando un locale tutto suo.


Ha aperto i battenti il 28 novembre 2016, con 8 camere intitolate ad artisti e stilisti che seguiranno a breve. Lo stabile settecentesco era una casa diroccata, quando la famiglia Peca le posò gli occhi addosso una decina di anni fa, comprandola e ristrutturandola con l'intervento dell’architetto Leonardo De Carlo, lo stesso di Casadonna, per trasformarla in una galleria d’arte, in modo da farla conoscere alla comunità, prima di adibirla a struttura ricettiva e ristorante.


Daniele nel frattempo ha coltivato al fianco dei grandi la sua passione, sbocciata in occasione della visita a un alberghiero in terza media. Dopo qualche stagione nell’hôtellerie c’è stato subito Gianfranco Vissani per due anni a Baschi, dove la materia prima era la migliore del mondo; poi Moreno Cedroni alla Madonnina del pescatore per un anno e mezzo, prima in veste di capo partita ai secondi, poi da junior sous-chef. “Ed è un’impronta in cui mi rivedo per i colori, l’agrodolce, l’uso delle salse, soprattutto la valorizzazione del prodotto. Moreno è un cuoco che ha creato uno stile inconfondibile, dal quale sento di dovermi emancipare: rappresenta il prossimo passaggio”. E ancora il Pellicano di Sebastiano Lombardi, per una cucina mediterranea e toscana con i galloni del sous-chef.

“Ma io ho sempre covato il desiderio di tornare a Pescara e fare qualcosa di mio insieme a mio padre Antonio, che segue la contabilità, mia madre Concetta, che fa la spesa, e mia sorella Cristina all’accoglienza. La cucina è totalmente aperta, per rompere la barriera fra gli ospiti e i cuochi, che servono anche in tavola: non possiamo sbagliare nulla. E gli spazi sono risicati: non ci sono celle, cosicché le preparazioni, con l’eccezione delle salse, sono tutte quotidiane”. Le materie prime sono quasi sempre locali e non eccessivamente lussuose, con una predilezione per pomodori e limoni, ingredienti feticcio che fanno impennare l’acidità.
I Piatti

C’è la carta, con 4 o 5 proposte per tipologia; ma ci sono anche tre degustazione, da 5, 7 o 10 portate rispettivamente a 40, 55 e 100 euro. L’ultimo degustazione in particolare, intitolato “Sun/Rice”, confonde riso e sorriso. Ma la tecnica è super professionale e l’organizzazione implacabile; con un pizzico di originalità in più sarebbe un posto come pochi. La carta dei vini, a cura di Marco Modesto, elenca 120 referenze incentrate sul territorio.


All’entrée (una zuppetta di pomodoro macerato alle verdure e succo di arancia con caprino e diversi tipi di basilico, stile gazpacho), segue la Quinoa in agrodolce con verdure di stagione croccanti, crude, scottate, sottaceto, marinate od osmotizzate, ricotta di pecora e salsa vegetale. Con l’alternativa dell’Uovo dallo spazio, cotto in camicia con fonduta di Parmigiano e zafferano, battutino di vitello crudo, salsa alla rucola e carciofi spadellati.

Oppure della triglia deliscata, richiusa a libro e impanata, servita con una salsa di mandorle tipo ajo blanco, insalatina all’aceto di Champagne e colatura di alici, vinaigrette di pomodori arrosto e spolverata di mandorla amara, per tratteggiare un terroir che scivola dai colli fino al bagnasciuga. Cedroniano anche il tonno in tataki con maionese di rosmarino e salsa di pizzaiola, ridotta e frullata.

Fra i primi risaltano i tortelli al pecorino di Farindola con pomodoro, basilico e olive per riprendere il massaggio delle forme con l’olio, dove la farcia si scioglie in cottura.

Oppure Odio il riso, con i bottoni farciti di mantecatura di un classico risotto al pomodoro, in stile Perdomo, gli stessi chicchi soffiati, pomodori e limone in quattro diverse consistenze.


Fra i secondi le animelle di agnello sono appaiate in un bis: impanate e fritte o glassate allo Sherry, con salsa di zucca, verdure in agrodolce, salsa di prezzemolo e mandorla tostata per riprendere gli aromi del vino, bilanciare acidità e dolcezza con evidenti rimandi classici. E ancora la coscia di anatra cotta a bassa temperatura e rosolata, caramellata in una riduzione di arancia amara, come tradizione comanda, poi servita con fondo di anatra, purea di finocchi e olio al rosmarino.


Il dessert è una Mousse al cioccolato con crema inglese alla vaniglia, crumble e gelato di parrozzo, olio e sale. Prima delle coccole finali: 10 friandises sottoposte a rotazione, fra cui macaron allo zafferano e cioccolato caramellato, panna cotta alla liquirizia, marshmallow all’alchermes, tartufini alla menta o gin e salvia.
Indirizzo
Ristorante BR1 Cultural SpaceLargo Belvedere - via Delfico 19 - 65015 Montesilvano Colle (PE)
Tel. +39 085 4688101
Mail: info@br1culturalspace.com
Il sito web del ristorante