Come rinnovare un sancta sanctorum della venezianità: ci è riuscito Daniele Turco, che in un paio d’anni ha operato un restyling totale del Club del Doge
La Storia
La Storia di Daniele Turco
La missione non era scontata: restituire uno smalto nuovo alla ristorazione del Gritti, hotel ospitato in un palazzo storico, già residenza del Doge, fra soffitti in legno appena riportati alla luce e pavimenti originali lucidati di fresco. È facile, in laguna, abbandonarsi pigramente alla routine del lusso, lasciandosi cullare alla deriva. Ma che una location simile meritasse una ristorazione all’altezza è stato presto evidente alla nuova proprietà, che ha deciso di puntare sulle risorse interne. E la cucina le sta dando ragione.


È rimasto in sella lo chef Daniele Turco, veneto di nascita eppure mediterraneo nell’anima, cresciuto anche professionalmente con un piede in laguna e l’altro sotto il sole delle Due Sicilie. “Della cucina ho cominciato a interessarmi in casa, perché papà era un bravo pescatore. Una passione che c’è sempre stata, anche se è maturata nel tempo, anzi ultimamente la sto alimentando più che mai. Ho iniziato al Tinello, che aveva la stella, poi ho girato tanti alberghi, in zona, a Londra, a Malta, in Sicilia e a Istanbul, perché non volevo fossilizzarmi. Al Gritti sono arrivato nel 2007 e sono rimasto anche dopo la vendita e la ristrutturazione integrale. Ho anzi approfittato della chiusura per aprire un albergo a Marrakech; poi negli ultimi due anni ho compiuto una serie di esperienze formative, per restare sul pezzo: brevi stage con Carlo Cracco, Eugenio Boer, Chicco Cerea, Matteo Baronetto, Rino Duca, Luca Marchini e all’Assiette Champenoise, tre stelle francese. Tutto questo mentre continuavo a viaggiare per la compagnia. Nel frattempo la cucina era stata rifatta, in modo da renderla più funzionale oltre che impermeabile all’acqua, e verrà nuovamente rivista; ne stiamo allestendo una anche al quinto piano, per gli eventi in terrazza”.


La proposta in tutto questo ha cambiato pelle: continua a radicarsi nell’hôtellerie, che significa progettazione per un target internazionale, generosità comfort e un territorio misurato su scala italiana; ma mostra un appeal più contemporaneo, nella pulizia, nell’impiattato e nella tecnica. Le materie prime arrivano se possibile dal circondario, che si tratti del mercato di Rialto, frequentato anche per le lezioni di cucina, o dei fornitori, che all’occasione inviano un whatsapp. Vedi granseole e gamberetti, canoce e sogliole, branzini e bivalvi, in stagione le moeche, ma pure i vegetali. È anzi in allestimento un orto al servizio del ristorante, consacrato al momento ai carciofi.
I Piatti

A pranzo c’è un menu veloce, che presto potrebbe prevedere anche la pizza; a cena la cucina d’autore, con 6 proposte per comparto, equamente suddivise fra carne e pesce. Per esempio la tartare di scampi, appena condita con scorza di lime e una grattata di pepe, nella gelatina di melagrana con zabaione ai ricci, equilibrata in una tendenza dolce che trova conferma anche altrove. O la granseola servita con un cremoso di cavolfiore al caviale, che cita Robuchon, su una passatina di alghe verdi e rosse per un tripudio iodato.

I ravioli di suolo sono pastiglie di topinambur, rapa rossa e tartufo bianco ricoperte di pasta e saltate al burro, servite con formaggio Monte Veronese, altro tartufo bianco e una salsa di rapa rossa, per un concentrato di terra. Ma risalta la mano dello chef nei piatti più vicini alla schietta tradizione italiana. I tubetti risottati in un brodo blando di granchio serviti con patata viola, broccolo, cubetti di scorfano e pane piastrato, elegante interpretazione di una zuppa di pesce, come la pasta e fagioli classica con le tagliatelle spezzate, aromatizzata con l’olio alle erbe e rinfrescata dal radicchio crudo.

A riprendere il filo del caviale è lo storione, cotto a bassa temperatura al bergamotto, servito con salsa di carota e zucca e fondi di carciofi al mandarino. Ma c’è anche la carne, per esempio la guancetta brasata con puntarelle, castagne e spuma di polenta bianca al sifone.


La pasticceria è cofirmata da Salvatore Gattullo. Il soufflé è un must, ma risalta anche il tiramisù con crema al mascarpone, cremoso di cioccolato e ristretto di caffè sotto una cuspide di zucchero soffiato che cita l’arte vetraria di Murano, piacevole alla vista e in bocca. In accompagnamento ci sono quasi 400 etichette, con un assortimento prestigioso di Champagne, Dom Pérignon su tutti.
Indirizzo
Ristorante Club del DogeCampo Santa Maria del Giglio - 2467 Venezia
Tel. +39041794611
Mail restaurantclubdeldoge@luxurycollection.com
Il sito web