Va precisando il suo stile Stefano Sforza, chef che interpreta inquietudini e contraddizioni della città sabauda nella cornice dell’hotel Turin Palace.
Il Ristorante
Les Petites Madeleines: La Creatività in Fieri di Stefano Sforza
Sono tre anni abbondanti che Stefano Sforza sviluppa la sua cucina a Les Petites Madeleines, ristorante dell’Hotel Turin Palace, a due passi dalla stazione di Torino. Vi tira le lunghe somme di una formazione instancabile, composta di addendi strategici: la Locanda Mongreno di Pier Bussetti, cattivo maestro dell’avanguardia torinese; il Louis XV di Alain Ducasse, per un tuffo nel classico; l’Hotel Bellevue di Cogne e Del Cambio con Riccardo Ferrero, dove ha approfondito la tradizione torinese; per finire con Luigi Taglienti e Roberto Conti al Trussardi alla Scala, tempio dell’eleganza contemporanea. Il cuoco è completo.


Il segno uguale prelude a uno stile sempre più preciso e ficcante, in attesa di nuove addizioni. Fa i conti con le evoluzioni della cucina recente, dove lo shock of the new degli anni 0 ha lasciato il passo a una semplicità francescana. “È vero, la cucina è molto cambiata. In ciò che servo si può leggere l’evoluzione delle mie esperienze e del mio pensiero: stiamo tornando a piatti solidi e sapori riconoscibili, senza per questo dover rinunciare a un patrimonio di tecniche e concetti che sono ancora utilissimi”.

Pier Bussetti utilizzava tre categorie per suddividere i piatti e selezionare la giusta clientela: medium, hard, extreme. E anche i degustazione di Sforza sono tre: è medium il piemontese a 50 euro (dal vitel tonné rivisto ai plin, dalla costata frollata con jus al caffè e crema di funghi o salsa barbecue di barbabietola alla torta al cioccolato); decisamente extreme il Mano libera di 10 portate a 75 euro, articolato in quattro atti (il divertimento, la convivialità in stile Lopriore, le pietanze sostanziose a base di carboidrati, carne o pesce e il dessert); in mezzo il menu Les Petites Madeleines a 65 euro, nel cui svolgimento si legge una creatività in fieri.
I Piatti


Esordisce sotto il segno dello stupore. Prima chips dai bagliori tropicali (radice di loto, platano alla liquirizia, arachidi e latte di cocco, cialda di manioca, airbag alla barbabietola), poi appetizer dai dettagli preziosi, che forse si perdono un po’ nel rumore delle sensazioni e degli stili. Il tonno è marinato nella salsa teriyaki con zucchero di canna e zenzero, spinto dal pepe di Sichuan, poi cosparso di sesamo e servito come un ghiacciolo. La carbonara è composta di pasta reidratata alla Scabin, modellata come spaghetti, per una crasi fra fresca e secca, poi fritta e condita con crema di tuorlo, crema di guanciale e pecorino, in cerca di un diverso crunch. La capasanta è marinata brevemente nel succo di semi di soia, come una salsa espressa, e servita con erbe spontanee. Ci sono poi la tartelletta di crema di patata alla curcuma con crudo di capasanta e aglio nero e il cuore, cotto a 72 °C, affettato a carpaccio e servito con cavolo viola fermentato e bruciato in padella, salsa al rafano e lamponi congelati. Diventerà presto un piatto in carta. Nel cestino del pane grissini del carcere di Torino e una pagnottella al lievito madre da farina Antiqua, con la crosta ben tostata.
Insalata Russa
Cavolfiore e riso soffiato
Si comincia con la trilogia della seppia: in forma di tagliolino da polpa frullata, stesa, cotta al vapore e tagliata, per il rimando alla tradizione piemontese, su base di tapioca adesiva al nero di seppia e yuzu; quale gustoso bottone di verza ripieno di tartare vischiosa, battuta al coltello con finocchio e aneto, per il rimando ai pes coi, in brodo di sedano rapa bruciato; a julienne ma solo incisa, per una testura inedita e il rimando infantile a forbici e fogli, con riso nero soffiato, cocco e spuma di lime.


La semplicità ritrovata è il tema dello strepitoso risotto con limone, bottarga e polvere di prezzemolo: l’estremizzazione acida di associazioni gustative familiari (bottarga e prezzemolo, bottarga e scorza di limone sugli spaghetti). Dove il riso Carnaroli della tenuta Cimena di Giuseppe Pochettino è cotto classicamente all’acqua e l’agrume siciliano viene utilizzato in diverse forme: il succo per sfumare, l’olio essenziale delle scorze stile Camanini e la marmellata in mantecatura con poco burro e Parmigiano. Ma è geniale in superficie, confusa anche cromaticamente alla bottarga, la scorzetta candita, il cui zucchero scrocchia sotto i denti punteggiando la cremosità. Un’acidità puntuta, in stile Taglienti, che finisce per idratare la cremosità e rende ancor più turgido il chicco in cottura.


Staccano stilisticamente gli ottimi plin, effetto sorpresa: appena tre sul cucchiaio, per un intermezzo a rovescio, basico dopo il picco acido. Sono preparati classicamente, con la sfoglia tutta tuorli e il ripieno di quattro arrosti (maiale, vitello, coniglio, salsiccia, più la verza quale ammorbidente). Il condimento è un jus di vitello con crema di nocciola su granella di nocciola, per riprendere gli aromi della tostatura. La dimostrazione che Sforza fa sul serio anche nel classico, grazie agli insegnamenti di Riccardo Ferrero.

Raviolo di ricotta fave e pera
Rimarchevole anche la Bouillabaisse alleggerita, il cui brodo, ridotto e stemperato nella rouille, la maionese provenzale con aglio e zafferano, diventa una salsa, mentre i pesci sfilettati sono cotti separatamente, al vapore, grigliati, scottati, in modo da ottenere diverse consistenze.


Al predessert di Sechuan button servito con succo di limone, per un doppio aumento della salivazione e un reset del palato chimicamente smorzato, very extreme sulla scala di Bussetti, segue l’ottimo dessert di cioccolato e kiwi, giocato su diverse tipologie, dal 62% di cacao alla massa pura, e consistenze (ganache, soffiato, tapioca, mousse, meringa) attorno a un cuore acido di kiwi, al posto del solito lampone.

Spada, melanzane e lenticchie
Fuori dal menu degustazione si segnalano i maccheroncelli con cozze ripiene di ‘nduja, che sveglia le papille, trippa per la similitudine delle testure spugnose e semi di pomodoro. Oppure il pollo piemontese in variazione: il petto cotto nell’olio al chorizo, le cosce in raviolo della pelle con chutney di mango e fave, le rigaglie in finanziera.
Indirizzo
Ristorante Les Petites Madelines (presso Turin Palace Hotel)Via Paolo Sacchi n 8 - 10128 Torino
Tel. +39 011 0825321
Mail info@turinpalacehotel.com
Il sito web