Appena incoronato per la sesta volta miglior cuoco del mondo da La Liste, Guy Savoy rivendica il suo anticonformismo goloso, contro le mode del momento. Il suo è un successo costruito ogni mattina in mezzo ai dipendenti.
L'intervista
A ciascuno la sua classifica, è quasi il caso di dirlo. Più i ranking pretendono di essere perentori, nella loro grossolana semplificazione metodologica, più si moltiplicano e si diversificano in una deriva inarrestabile. Secondo la Liste, per dire, il primo cuoco del mondo è da sei anni Guy Savoy, che di certo non primeggia né ai 50 Best né su Top Chef. A decretarlo non è un capriccio estemporaneo, ma la sintesi ponderata di critiche e guide internazionali.
Savoy è lusingato, ci mancherebbe. Ma rivendica la sua intransigenza. “Piacere a tutti? Non è il mio fine. Non sono disposto a fare concessioni, voglio essere unico”, puntualizza. “La gola resta prioritaria per me, non ho voglia di intellettualismi. Si gode oppure no”. Nei suoi ultimi piatti resta protagonista il vegetale (la sua icona è da sempre un carciofo), dal cavolino di Bruxelles in tempura agli spinaci appena saltati, la sua verdura preferita, fino al Wellington vegetariano al tartufo. Niente mode, tuttavia: per le grandi carni c’è una lièvre à la royale abbinata contro ogni consuetudine al Sauternes. Nessuna apertura, invece, agli abbinamenti analcolici e di succhi che stanno invalendo anche oltralpe, in percolazione dalla Scandinavia.
“Esportiamo 14 miliardi di euro fra vini e alcolici. È qualcosa di strettamente legato al turismo. Chi ha bevuto e mangiato prodotti francesi da noi, vuole riprovare ciò che ha destato sensazioni. Un Airbus può essere fabbricato ovunque. I vini sono paesaggi, posti di lavoro che non saranno mai delocalizzati, savoir-faire unici. Il DNA della cucina francese è l’abbinamento fra cucina e vini, siamo una vetrina dell’art-de-vivre francese”.
Il settore si sta riprendendo dal trauma pandemico, cui Savoy ha dedicato un libro, Le geste et la manière. Vive la gastronomie, in cui critica alcuni aspetti delle politiche sanitarie che hanno colpito duro. Ora il ristorante è di nuovo pieno a pranzo e a cena, sono tornati gli asiatici, insieme agli americani e ai canadesi. E le vecchie brigate si sono ricomposte all’istante, come per miracolo, dai collaboratori storici agli ultimi stagisti. “Ci sono persone che sono con me da trent’anni. Le amo e le pago. Se le amate solo, penseranno che le prendiate per stupide. Se vi limiterete a pagarle, si sentiranno una cifra su una busta paga. Ma io sono in mezzo a loro dalle 8 e mezzo di mattina”. E sul caro energia modera i toni: “Non posso svegliarmi chiedendomi quanto sarà alta la mia bolletta dell’elettricità. Sono abituato ai capricci del destino, in caso di tempesta il pesce costa il 50% in più”.
Fonte: konbini.com
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