Quelli della Molecolare: Davide Cassi racconta la grande rivoluzione in cucina Assomiglia al futuro anteriore della cucina, la molecolare. Una tendenza che sembrava fantascienza destinata a realizzarsi in un avvenire da cinema
La Storia
Assomiglia al futuro anteriore della cucina, la molecolare.
Una tendenza che sembrava fantascienza destinata a realizzarsi in un avvenire da cinema, invece ha subito brusche battute d’arresto e infine perso egemonia in favore di altri stili, principalmente il primitivismo che ne ha attuato la controreazione. In apparenza quanto meno. Se è vero che di molecolare si parla sempre meno, forse è perché quelle conoscenze e quel modus operandi sono diventati patrimonio di tutti i cuochi e potrebbero perfino intrufolarsi nelle riviste per casalinghe, fra un consiglio per gli acquisti e il prossimo trucco antimacchie.
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All’anagrafe della cucina la nascita è datata 1992: il primo convegno a Erice di Molecular and Physical Gastronomy, così battezzato da Harold McGee in polemica con Antonino Zichichi, che aveva criticato come frivolo il tema “Scienza e cucina”. L’iniziativa era partita dal fisico Nicholas Kurti, ungherese ma in cattedra ad Oxford, poi si era unito il francese Hervé This (ma già nel 1984 McGee aveva pubblicato il primo libro sul tema, chiamato On food and Cooking. The Science and Lore of the Kitchen). Molti pensarono che l’annuncio fosse uno scherzo, un po’ per l’argomento inconsueto, un po’ per le partecipazioni a inviti di scienziati e perfino qualche cuoco.
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Il nostro Davide Cassi si era nel frattempo avvicinato: già nei primi anni ’90 studiava fisica della materia soffice, comprese le strutture alimentari, ma andò a Erice solo a partire dalla seconda edizione. Da lì la collaborazione con Pierre Hermé per risolvere un problema di lievitazione del babà (il grande pasticciere fu però tra i primi a smarcarsi, sostenendo che i convegni “facevano la ruota ma si fermavano alla maionese”, cioè non innovavano). Poi qualche comparsata, Pierre Gagnaire con il suo piglio da artista ed Heston Blumenthal con i suoi primi esperimenti.
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Di Adrià e degli altri spagnoli neanche l’ombra. Gli appuntamenti furono 6 con cadenza irregolare, nel 1995, 1997, 1999 e 2001, fino al sipario nel 2004. Poi gli scienziati iniziarono a frequentare i congressi dei cuochi. Il “New York Times” con il suo famoso titolo sulla “Nueva Nouvelle Cuisine” aveva segnato l’inizio del siglo de oro spagnolo, suscitando le ire di Hervé This. Da lì i corsi all’Università di Murcia, che segnarono la fusione fra la linea scientifica di Erice e quella pratica degli chef spagnoli insieme alla popolarità di un termine ormai sulla bocca di tutti, sdoganato anche in ambito scientifico. Mentre si cementavano i sodalizi: Pierre Gagnaire ed Hervé This, Heston Blumenthal e Peter Barham, Andoni Luis Aduriz e Raimundo Garcia del Moral, Ferran Adrià e Pere Castells.
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L’espressione “cucina molecolare” risale invece al 2002, quando lo stesso Cassi organizzò con Ettore Bocchia una degustazione a Villa Serbelloni, così descritta da 3 quotidiani. Fra le tecniche di sua invenzione in oltre 20 anni di ricerca figurano la frittura negli zuccheri fusi, fondamentalmente glucosio; l’impastamento di farine senza glutine a base di legumi con precottura a bassa temperatura, studiato con Pierangelini; le salse e la pasta alla lecitina di soia; i primi gelati alcolici all’azoto; la criomacinazione previo congelamento in azoto liquido e la cagliata d’uovo. E ancora i libri e gli scritti, fra cui il Manifesto della Cucina Molecolare Italiana.
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Poi la duplice battuta d’arresto: la tavola rotonda a Madrid Fusion 2009 sull’esistenza o meno della cucina molecolare, dopo le polemiche sull’uso di additivi, e la chiusura di elBulli nel 2011; in generale la crisi economica spagnola con il taglio dei finanziamenti pubblici alle manifestazioni e il cambiamento di atmosfera. Restano tuttavia diversi centri dove si continua a sperimentare: 2 a Parigi, l’INRA (Institut National de la Recherche Agronomique) di Hervé This e il CREA (Centre de Recherche et d’Études pour l’Alimentation) di Bruno Goussault, specialista del sottovuoto e sodale di Alléno, con cui ha messo a punto la tecnica brevettata dell’Estrazione® attraverso crioconcentrazione; ma anche il Basque Culinary Center di San Sebastian e Bullipedia di Ferran Adrià a Barcellona. In Italia, ahimè, solo i laboratori di Cassi presso l’Università di Parma.
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Ma la molecolare ha davvero perso? Qualche chef come Daniel Facen continua a praticarla; altri la utilizzano senza necessariamente nominarla, come Andoni e Alajmo, Dacosta e Gagnaire, Marx e Alléno. Soprattutto è cambiato il modo di concepire la creatività. “Perché Adrià pensava che tutto partisse dal cuoco e dalle sue idee, per la cui realizzazione sarebbe stato interpellato lo scienziato. Ma io gli ho fatto notare che faceva esattamente il contrario, nel senso che se qualcuno non gli avesse mostrato l’azoto liquido, non avrebbe mai creato l’uovo di Gorgonzola. Quindi erano le tecniche, tradizionalmente utilizzate per semplificare il lavoro, a ispirare lo stile in una generale nobilitazione”, conclude Cassi. “Adesso stiamo cercando di portare la molecolare nelle osterie, dove per la prima volta l’esperienza solipsistica cede al rito festoso della convivialità, con le bolle di sapone commestibili che corrono per la sala. Si può comprare un sifone a 30 euro, una macchina da sottovuoto a 40 e gli additivi per il cake design al supermercato.
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Qualcosa alla portata di tutti. È stato calcolato che nell’ultimo secolo sono state create più ricette che in tutta la storia precedente e l’alta cucina ne è stata il motore: il luogo privilegiato delle sperimentazioni, dove plasmare la quotidianità futura, un po’ come la formula uno”.