Dove mangiare in Italia Tradizione e ricercatezza

Mangiare a Foggia: al Primo Piano di Nicola Russo e le Antiche Sere di Nazario Biscotti

di:
Alessandra Meldolesi
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novita ristorazione foggia 1

Sono i prodotti del territorio la fonte di ispirazione dei cuochi del Foggiano, provincia cenerentola della ristorazione pugliese. La strepitosa anguilla del lago di Lesina come funghi ed erbe spontanee della Daunia.

La Notizia

Un po’ decadente, un po’ indolente, Foggia appare immobile con i suoi palazzi scrostati, fuori dal tourbillon mediatico e gastronomico dell’apulian dream. Eppure, il territorio non è avaro di risorse: ne avanza anzi di generose e perfino di uniche. Ed è per loro tramite che i più ambiziosi cuochi locali hanno deciso di agganciarsi alla locomotiva barese e salentina.


È il caso di Nicola Russo, titolare di un paio di esercizi cittadini: Carboni ardenti, grill house nei pressi della stazione, che mira a riprodurre l’esperienza del barbecue in giardino, e soprattutto Al primo piano, gastronomico ubicato sopra il negozio di cose buone con bistrot, colazioni e taglieri, vicino al B&B. Il padre di Nicola, Sabatino, batte del resto il coltello in una storica macelleria cittadina, dove confeziona Muschiska, tipica carne secca con alloro, finocchio e peperoncino, e altre squisitezze quali salsicce pret-à-porter, cacciatorini e pancetta, in vendita sui banchi.


È stato lui a insegnare Materia ai figli dalla cattedra della sua bottega, che tuttavia non arriverà alla sesta generazione. Nicola infatti ha avuto una formazione tecnica da programmatore, ma ha lavorato da ristoratore fino al 2000, quando ha aperto il suo Primo piano, dove è passato in cucina improvvisandosi cuoco. Contemporaneamente ha iniziato gli studi presso la scuola di cucina di Michele d’Agostino, integrati da corsi di aggiornamento e full immersion all’Etoile. Anche la passione per il vino, coltivata all’AIS, ci ha messo del suo. Ne è nata una cucina originale nel suo modus operandi: una vera cuisine du marché in salsa foggiana, che privilegia l’espressione stagionale della terra sulla tecnica e la codificazione.


Ogni ingrediente qui ha un nome e un cognome: oltre alle carni di Sabatino (vacca podolica, agnello, maialino nero dei Monti Dauni), ci sono le erbe spontanee e i funghi, per una volta non esteuropei, raccolti da Vittorio o Alessandro nella Foresta Umbra o nel Subappennino Dauno, i vegetali e i pesci dell’adiacente mercato Rosati. Tanto che il servizio è uno show, con i fornitori e i banconisti che a sorpresa si presentano carichi di casse sfidando lo chef, il quale non si tira indietro improvvisando jam session a sorpresa. “Lavorando in questo modo sono stato costretto a eliminare la carta”, dice Nicola. “Cucino ciò che arriva: ogni volta racconto quello che mi è venuto in mente quel giorno, nel tentativo di ritrasmettere le emozioni ricevute dal produttori”. La spesa media è di 40 euro, con l’atout di una cantina da 1800 etichette, in gran parte di nicchia e naturali.


Esempi probabilmente irripetibili sono la dadolata di delicatissimo vitellino podolico con carciofi crudi marinati, brodo di carciofi e scorza di limone femminello del Gargano, reverse crudista di uno spezzatino; i troccoli alle erbe miste amare (ma tutte le paste al momento dell’ordinazione sono presentate su una spianatoia, in parte fatte in casa, in parte commissionate al vicino pastificio artigianale); i funghi (pleurotus, lepista nuda, lattario delizioso) flambati al whisky torbato Octomore, che produce una sensazione di griglia. Sempre presente il dessert firma dello chef: la ricotta asciugata in sale e zucchero, servita con olio, sale nero di Cipro e la solita scorzetta, ma candita. Deliziosamente sucré/salé.



La location è decisamente più romantica nel caso di Nazario Biscotti, all’opera sulle sponde del lago di Lesina, terroir lagunare unico, paragonabile solo a Comacchio. Anche Nazario è autodidatta: lesinese doc, discende da due stirpi di pescatori. “E in barca salivo già da piccolo, poi ne ho fatto anche un lavoro. Era bellissimo quando si andava fuori dalla parte dell’istmo a tinteggiare le reti nel calderone sul fuoco di legna, mentre altri preparavano la merenda con quel che si era pescato. Da lì nascono i piatti tradizionali di Lesina, soprattutto a base di anguilla. Non per campanilismo, ma per esperienza, la reputo fra le migliori al mondo grazie alla pastura del fondale. Prediligo il pesce locale, che secondo la stagione può essere più o meno sapido di quello di mare, secondo l’apporto degli affluenti. Ma io conosco il momento per ogni tipologia e avendo 5 varietà di cefalo, ne lavoro una per stagione. Compreso il muggine per la bottarga, che preparo come ho imparato da mio padre, che pescava in un lago a Bastia. Poi ci sono i gamberetti delle foci degli affluenti dolci, che altrove si chiamerebbero schie. Li servo fritti su una crema di pomodoro verde”.



Materie prime cui Nazario sa dare del tu, tanto intima è la confidenza. Né si interpone alcuna scuola, visto che le sue prime esperienze in cucina si sono svolte presso il ristorante della zia in Germania, finché 20 anni fa non ha aperto le Antiche Sere con l’ex moglie Lucia, che 3 anni fa gli ha ceduto i fornelli. L’anguilla è presente quasi tutto l’anno, tranne a fine estate, ed è protagonista dei piatti migliori: il carpaccio, roulé a bassa temperatura con zafferano, arancia e crema di gazpacho; soprattutto, connubio grasso/amaro tutto pugliese, la minestra di cicoria selvatica, colta personalmente sull’istmo, con il pesce in brodo di verdura e la tipica ricetta con i lampascioni, senz’ombra di rivisitazione, con la cottura contestuale nel forno insieme a patate e alloro. Il menu degustazione costa 35 euro e si appoggia a una carta dei vini da 230 etichette, pugliesi e non solo: una mangiata identitaria di gran pregio.

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