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Il San Giorgio a Roma, tecnica ed estro con la cucina di Andrea Viola

di:
Massimiliano Bianconcini
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sangiorgioroma

Nel quartiere più nordeuropeo della Capitale si può incontrare la cucina ironica e giocosa dello Chef Andrea Viola. I suoi piatti scompongono ed esaltano i sapori allo stesso tempo

La Storia

Andrea Viola, il patron ed executive chef del ristorante Il San Giorgio a Roma, ci tiene a sottolineare il fatto di essere autodidatta. «Non ho fatto scuole sono autodidatta. Parto dal litorale e le mie prime esperienze sono sul litorale, negli stabilimenti, con tanta massa e una cucina di popolo. Un bagaglio importante per me sul piano organizzativo e sulla velocità». Essere autodidatti non è un difetto, né un pregio. Essere autodidatti nel senso che non si sono fatte scuole alberghiere o stage, in gioventù, da maestri stellati, non vuol dire niente. In questa continua cronaca delle eccellenze culinarie gastronomiche del Centro Italia, sempre più spesso capita di incontrare executive chef, che si definiscono tali e che comunque inseguono una cucina di altissima qualità, fatta di materie prime, di tecnica, di scelte ponderate per gli abbinamenti, di giochi sulla sperimentazione, di attenzione al lato estetico del piatto. Un po’ fa parte dello spirito del tempo che corre in Italia e che spinge i cuochi e chi si occupa di cucina, nei ristoranti, negli alberghi, nelle terrazze panoramiche, nei piccoli locali di periferia o nei bei locali del centro, a seguire il tracciante dell’alta ristorazione. Un po’ è la vocazione che ognuno si porta dentro come un destino.


Andrea Viola, di padre abruzzese e di madre veneta, ha iniziato da giovanissimo nei ristoranti del litorale di Maccarese, cittadina a nord del Lazio, dove la sabbia è ferrosa e scura e dove l’estate ci sono migliaia di bagnanti e di villeggianti. Zona popolare e popolosa d’Estate, quanto solitaria e un po’ malinconica d’Inverno. Nel suo entroterra si coltivano i campi: alcuni vitati, altri a ortofrutta. Lì in quel luogo marino e turistico, fuori dalla normalità di tutti i giorni, è cresciuto come cuoco, lavorando nei ristoranti degli stabilimenti balneari, aggiornandosi con i corsi del Gambero Rosso e finendo poi a lavorare da Giulio Terrinoni (L’acquolina) e Angelo Troiani (Il Convivio). Con loro e grazie a loro ha iniziato ad affinare le tecniche e il pensiero che sta dietro la cucina gourmet. E con loro spesso ancora si confronta. Il suo primo ristorante è stato Il San Giorgio a Maccarese, ceduto dopo circa 2 anni, per fare il grande passo e misurarsi con la metropoli. «Ho girato per vari ristoranti e poi ho deciso di fare la mia prima vera esperienza prendendo quel locale, perché mi piaceva fin da ragazzo. Era un locale importante, con bella gente, mi piaceva molto. Il mio vincolo sentimentale con Il San Giorgio è rimasto».


Nasce così a settembre 2018 Il San Giorgio a Roma, che si porta dietro il nome del ristorante primogenito; e non solo, perché Andrea Viola per la sua cucina di ricerca, che abbina carni e pesce, si serve solo dai produttori e dagli allevatori che nel tempo ha imparato ad apprezzare e conoscere a Maccarese. Come a dire che si porta dentro la terra della sua infanzia, dove è cresciuto come uomo e come cuoco, e le origini contadine della sua famiglia. Il dato saliente del suo modo di intendere la cucina è il divertimento. È stuzzicato dall’idea di sorprendere il cliente, giocare con le materie prime e i colori e presentare piatti che a prima vista siano stranianti, ma poi riconoscibili al palato. Lo muove la curiosità; e siccome a questo livello, anche i suoi clienti vogliono provare una cucina edonistica, fare un’esperienza diversa, qualcosa che colga nel segno e resti nella memoria, ecco che il gioco nel piatto ha una sua chiara ragione d’essere.

Il Ristorante

Il San Giorgio a Roma è nel quadrante forse più metropolitano della Capitale, in senso che si tratta di un’area dal tono più europeo e meno da città d’arte. Non è lontano dal Maxxi e dal Parco della Musica, ma anche dal quartiere Olimpico con il suo bel teatro e dal quartiere massonico di Prati. Posti un po’ fuori dalle rotte turistiche della Capitale e con una movida più selezionata e dispersa in locali di culto. Un luogo insomma di studi notarili e di avvocati, di professionisti, di medici specialisti, di appartamenti di lusso; non una zona dalle cento vetrine. Questo si riflette anche nella clientela del San Giorgio a Roma disposta a spendere in media 70 €, bevande escluse, per lasciarsi andare ad un viaggio esperienziale che abbina sapori di mare e sapori di terra.


È possibile scegliere alla carta, che cambia circa ogni mese mezzo, ma anche dedicarsi ai menù degustazione dello chef: che sono due. Uno di otto portate a 85€ e uno da cinque a 65€. Ma la scelta è libera nel senso che i clienti, pur optando per un menù degustazione, possono affidarsi allo chef oppure scegliere le portate in carta. Infine, è possibile prenotare il “Maremoto” un evento che consiste in una degustazione di 20 portate a persona di crudi di pesce, che si basa sul pescato del giorno e dove il prezzo può variare. Sono piatti intensamente strutturati che arrivano a tavola tutti assieme, da qui la definizione di “maremoto”, e dove lo chef mette in mostra tutto il suo estro pirotecnico.


Il locale, messo su da Andrea Viola con il socio Valerio Zaccarelli, è una piccola boutique dalle pareti color crema, dai tavoli comodi e dalle sedie confortevoli. Ben arredato, né troppo minimal, né stucchevolmente ridondante, fa della moderazione il dato saliente nel design. Le grandi finestre disposte per la lunghezza della sala arredano già da sole e durante il giorno illuminano l’ambiente. Sulla parete di fondo si affaccia la cucina che è anche questa moderatamente a vista. Consente senza invadenza di guardare al suo interno, mentre la brigata composta da circa sei ragazzi lavora. Un ulteriore esempio della discrezione che è propria di Andrea Viola, la cui personalità forte e decisa emerge invece nei tratti della sua cucina, come si vedrà.


La mise en place a sua volta è minimal. Senza tovaglia e con i piatti direttamente appoggiati sulla superficie del tavolo. Un tratto che ritroviamo spesso nei ristoranti e nei locali dall’allure stellata. E alla stella senz’altro punta Andrea Viola. La sala è gestita dalla moglie Noemi Apollonio, che è anche sommelier e cura una cantina di circa 200 etichette, fra cui un posto particolare occupano i vini naturali e gli Orange Wines, liquidi dalle lunghe macerazioni sulle bucce, che regalano al vino intensi colori ambrati. Spiccano in carta anche alcuni champagne, ma per il resto si prediligono le piccole realtà italiane che puntano alla qualità.

I Piatti

«Qui al San Giorgio facciamo una cucina gourmet giocando sugli ingredienti e gli abbinamenti. Non sono legato alla cucina romana e nemmeno amo rivisitarla. Sono stuzzicato dalla voglia di giocare e di offrire scelte diverse. La mia idea di cucina è quella di mantenere integra la materia prima e poi di lavorare sul contorno del piatto, fare abbinamenti che, credo, siano ben assemblati. Terra e mare, perché io mi porto dentro Maccarese, ma spesso emergono anche i ricordi di infanzia: le ricette di mia madre e di mia nonna».


Il bagnasciuga, è un benvenuto dello chef che nasce dalla sua avversione verso i piatti della tradizione, in questo caso del souté di cozze e vongole. «La sua è una cucina estrema, per cui il lavoro che c’è dietro è importante», ci confida la moglie Noemi. Per questo antipasto si usa un piatto fatto a mano, progettato e voluto dallo chef, in leggera pendenza, in modo da raccogliere l’acqua di cozze e vongole colorata con la spirulina e con la malva. Ai bordi c’è della terra nera che richiama un po’ la sabbia ferrosa di Maccarese; e poi ci sono la cozza, la vongola e il cannolicchio scottati appena in padella e poggiati sopra dei gratinati di pane: uno al pomodoro, uno al prezzemolo e uno al limone. Insomma ci sono tutti gli ingredienti che vanno nel classico souté di cozze. Ma scomposti e riorganizzati in un piatto molto colorato. In bocca i sapori si fondono in una sinfonia di mare.


Il Risotto ai pomodori è un must per Andrea Viola. È in carta solo per tre mesi, perché è a base di sanmarzano, che viene frullato e lasciato scolare per una notte in frigo a tre gradi, privandolo di tutta l’acqua di vegetazione, che servirà per cuocere il riso. Con la polpa viene realizzata una cialda finissima che richiama la buccia del pomodoro su cui viene servito il riso, condito con un olio arricchito della clorofilla di basilico, che dà un sapore intenso e balsamico al piatto. Sopra vengono posti cinque tipi di pomodoro: un datterino rosso, un camone, un pomodoro a grappolo, un cuore di bue e un datterino giallo, cotti in cinque modi differenti. In osmosi, infornato, alla brace, arrostito e confit. Il riso carnaroli selvaggio alla fine viene guarnito con una cipolla liofilizzata.


Per la Tartare di cervo Andrea sceglie lo scamone e lo condisce in maniera classica con olio, sale, pepe e un po’ di polvere di capperi. Viene deposta su di una cialda di acqua di yogurt ai cereali, che resta croccante, una sorta di tacos, e condita con una maionese di acqua di ostriche. Sopra viene messa una salsa ghiacciata di topinambur, che resta croccante, e le ostriche. Infine viene aggiunta la polvere di ortica e una speciale bottarga di cervo, marinata sotto sale per due giorni e poi essiccata. Le bucce bruciate a bassa temperatura del topinambur sono trasformate in caramello che viene colato sopra, come fosse aceto balsamico. Il piatto ha un sapore intenso di terra.


La quaglia mare e monti è un gioco che abbina prodotti e sapori diversi. L’animale viene cotto a bassa temperatura e diviso tra petto e coscia. Il tutto viene laccato con una demi glasse aromatizzata al cioccolato e steso su un carpaccio di gambero rosso, condito con un pane insaporito con il fegato del gambero. Lo chef ha scelto questo crostaceo perché ha un sapore forte, terroso, che si avvicina anch’esso al sapore della carne. La demi glasse viene fatta con tutti gli scarti della quaglia fatti cuocere per tre giorni, in modo da estrarre tutta la proteina e gli zuccheri della carne. Ne risulta una sorta di gelificazione, una salsa molto densa. In abbinamento ci va un fungo galletto arrostito e una sfera di insalata di crauti viola, per sgrassare la bocca con una parte acida.


Andrea Viola non ama appesantire il percorso sensoriale con un finale di zuccheri, per questo come dolce ci propone Frutta e verdura, atipico nel panorama dei dessert. È una zupetta molto speziata di arance e zenzero che viene abbinata a una serie di verdure di stagione, cotte in vari modi: in osmosi, confit e liofilizzate, e a frutta di stagione, marinata con l’estrazione della buccia della stessa frutta. L’estrazione è una tecnica ideata dallo stesso chef e dalla sua brigata, realizzata con l’estrattore. Il succo che se ne ricava viene ghiacciato, spaccato e poi lasciato sciogliere per una notte a 4 gradi, per raccogliere gli zuccheri che si sciolgono per primi. Il piatto è in carta tutto l’anno.

Indirizzo

Viale del Vignola 18/20 – Roma

Tel. +3906 64520871

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