Marco Pierre White, Alain Senderens, Gualtiero Marchesi, Sébastien Bras, Marc Veyrat e tanti altri: ecco chi ha detto no alla Rossa e perché, fino ai giorni nostri.
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È sempre più egemone nel panorama mondiale la guida Michelin, in espansione geografica nei cinque continenti in virtù di un business diversificato che la mantiene in pole position, dove è sempre stata. Veloce come i suoi pneumatici sul circuito. Ed è forse a causa di questa supremazia indiscutibile che la benzina non smette di finire sul fuoco e si moltiplicano i gesti clamorosi volti a metterne in discussione il modus operandi. Non solo Gualtiero Marchesi, che nel 2008, come ricordato recentemente da Vissani, restituì le due stelle e in cambio sparì fino alla fine dalla guida. La sua petizione è entrata nella storia: “Critici, da oggi vi critico io”.I precedenti sono numerosi e internazionali. Fu Marco Pierre White a restituire per primo le tre stelle nel 1999, in polemica con il sistema Michelin e il suo peso sui cuochi, chiedendo pubblicamente perché dovesse essere giudicato da ispettori meno competenti di lui. “Quando avevo tre stelle non ero libero”, dichiarò. “Se non le avessi restituite, sarei morto dietro le stufe”.
Poi Alain Senderens, che nel 2005 affermò di voler fare “una bella cucina senza tra-la-la e chichi”. E Sébastien Bras, che nel 2018 rivendicò la primazia dei suoi clienti. Fino alla recente polemica di Marc Veyrat sul declassamento della sua Maison des Bois.
Molti chef hanno rimproverato a Michelin di rappresentare un ostacolo alla loro libertà creativa o di accrescere a dismisura le aspettative dei loro ospiti. Una gabbia da cui il portoghese Henrique Leis, per esempio, ha cercato di liberarsi in ogni modo. Nel 2014 Julio Biosca di casa Julio, nei pressi di Valencia, ha restituito la stella, che per lui rappresentava “un fardello”; mentre Skye Gyngell del Petersham Nurseries Café di Londra l’aveva definita una maledizione, prima di abbassare definitivamente le serrande. Ma ci sono anche Frederick Dhooge di Huis Van Lede nelle Fiandre, che ha rifiutato il macaron rivendicando il suo diritto a servire pollo fritto in futuro, e il caso di La Lisita a Nîmes, che ha preferito conservare uno stile da brasserie.
Nel 2017 è stata la volta di Karen Keygnaert di A’Qi: la chef belga ha dichiarato di voler restituire la stella perché “porta con sé tutto un circo che è superato. Per quanto possa verificarsi un aumento dei coperti e dei prezzi, la gente conclude le sue frasi così ‘Non credo sia appropriato per un ristorante stellato’… Perdi la libertà di fare ciò che vuoi come cuoco”.
Resta tecnicamente impossibile, tuttavia, rimandare il punteggio al mittente, dato il diritto di critica. “Puoi essere d’accordo o meno con il giudizio, ma non puoi restituire una stella. Neanche a parlarne… è una leggenda metropolitana”, ha sentenziato qualche tempo fa Michael Ellis, ex direttore internazionale delle guide Michelin. La stessa Karen ha comunicato per iscritto alla Rossa il suo auspicio, senza ricevere alcuna risposta. Al punto da concludere: “È un’istituzione molto chiusa, assolutamente non trasparente. Non puoi nemmeno chiedere una spiegazione. Non hai diritto a una risposta, sono intoccabili”.