Il mostro sacro ha parlato. “Non si può essere chef a 25 anni”. Così Jacques Maximin, fra i fondatori della cucina contemporanea, mette in guardia dalle degenerazioni e dal giovanilismo della cucina in tv.
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Fra le figure più influenti della cucina moderna, gigante in una generazione di giganti, a 71 anni compiuti Jacques Maximin non smette di sollecitare l’intelligenza del settore col suo anticonformismo navigato. Fu lui, del resto, a svegliare bruscamente Ferran Adrià con il trillo di un suo motto epocale: “Creatività è non copiare”, precipitandolo nell’insonnia avanguardista. Neppure la cucina spettacolo, tuttavia, gli va a genio. E non si perita di dichiararlo nelle interviste che rilascia, da battitore libero quale è. Alain Ducasse, del resto, lo aveva a suo tempo definito un “genio creativo, insolente, provocatorio”.Passato alla storia per signature come i fiori di zucca al tartufo, datati 1974, oggi si dedica alla formazione e alla consulenza, per esempio presso la Ferme Saint-Siméon, nel Calvados. Senza disdegnare i piatti delle feste, quelli che crogiolano lungamente su un lato della stufa. “Rappresentano il lascito di una cucina borghese, che ricorderà a qualcuno i sapori dell’infanzia. È molto importante continuare a proporre queste ricette, perché sono il fil rouge fra generazioni di chef e cuochi dilettanti”, ha dichiarato a Rémi Dechambre di Le Parisien.
“Al giorno d’oggi la televisione ha fatto credere alla gente che si possa essere un vero chef a 25 anni… Ma è una mera illusione. Per riuscirci è indispensabile padroneggiare le basi e i classici, io conosco Escoffier a memoria, il Repertorio della cucina di Gringoire e Saulnier è una bibbia. La cucina è una ruota che gira, il sapere e i gesti si trasmettono instancabilmente. Anche se i giovani chef sono molto più liberi di quanto io non lo fossi alla loro età, affinché la loro ispirazione non evapori in qualche moda effimera, è indispensabile che abbiano la pazienza di acquisire conoscenze autentiche, validate da lunghi anni di pratica”.