Torna in America Latina lo chef Martin Milesi, che nel suo temporary a Punta del Este cucina nel bosco con la stessa formula del ristorante londinese: un unico tavolo conviviale da 24 coperti, venduti al prezzo di 245 dollari.
La notizia
Più che una cena, un’esperienza polisensoriale che si inserisce nel filone della cucina spettacolo. Immaginate di sedere a un lungo tavolo apparecchiato con eleganza, perlopiù senza conoscere i vostri vicini, non in una sala dalle luci soffuse e dai tendaggi di seta, ma nella quiete umbratile di un bosco di Punta del Este, Uruguay. È questa la formula che lo chef argentino Martin Milesi ha scelto per tornare nella sua America Latina da Londra, dove già esegue magie oltre il food.Il suo temporary restaurant Una by Luz, aperto il 26 dicembre e attivo per tutto il mese di gennaio, è ambientato nei giardini privati del boutique hotel Luz Culinary Wine Lodge. Dal mese di marzo a lavorarvi è un’équipe multidisciplinare composta di venti elementi fra cuochi, tecnici delle luci e del suono, scenografi e coreografi. Perché i piatti vengono serviti da otto “camerieri” che eseguono gesti coreografici, provati e riprovati, e comunque ogni dettaglio è stato misurato, per esempio dalla cucina al tavolo trascorrono 65 secondi di cronometro. “Vogliamo che il commensale prenda parte a un momento irripetibile e che alla fine della cena il ricordo resti impresso nel suo cuore per sempre, come qualcosa di mai provato prima”, dice con qualche enfasi Milesi. La bocca è cucita, si sa solo che gli ospiti ricevono un cocktail, attraversano una passerella di legno, ascoltano un bolero degli anni ’20 e passano per un cinema all’aperto. In tutto i momenti artistici, intercalati da sette portate, sono dodici.
Nato a Santa Fe, già docente presso l’Instituto Argentino de Gastronomia, Milesi, che è anche disegnatore, dopo avere guidato diversi locali, anche a Buenos Aires, ha iniziato a lavorare a format creativi trasferendosi a Londra nel 2012. Qui ha creato Una, locale con un unico tavolo da dodici coperti ubicato nella St. Pancras Clock Tower. Volta per volta, lo spazio è affittato, si vendono i biglietti in anticipo e si fanno acquisti su misura per un unico menu degustazione. “Quando ho aperto, avevo in mente una domanda che continua ad assillarmi ed è il fondamento di UNA: abbiamo davvero bisogno di aprire un ristorante fisso come lo conosciamo?
Sono un paladino dei modelli effimeri e sono persuaso che il futuro della gastronomia stia nella creazione di marchi che possano viaggiare e portare un concetto originale in qualsiasi parte del mondo. Nei primi anni zero, quando ho iniziato a concepire Una, mi davano del matto, pensavano che avrei perso tutto. L’ego regnava, chi apriva un ristorante pensava che la gente sarebbe andata a provare il suo stile di cucina. Dopo la pandemia, tutto questo è cambiato”. Contrariamente alle aspettative, la formula ha riscosso un grande successo e Milesi ha quindi deciso di replicarla altrove.
Al bosco di Punta del Este potrebbero infatti seguire altri spazi ancora più iconici, come la Torre degli Inglesi a Buenos Aires, per il cui utilizzo, nel rispetto dei luoghi, Milesi ha già ottenuto i permessi e sta cercando gli sponsor. Ma di fatto il format vuole essere replicabile ovunque, a condizione che sussista la domanda insieme all’indispensabile per cucinare. “Penso che il fine dining stia cambiando. Non mi attirano più i menu lunghi quattro ore con venti vini diversi. È angoscioso. Credo piuttosto nei menu equilibrati, snelli, che non durino più di due ore e che siano sempre sorprendenti, dove il commensale sia protagonista dell’esperienza”. Sarà davvero questo il futuro della ristorazione?
Fonte: Forbes Argentina
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Foto: @Una