Lo chef col cappello dice la sua sull’emergenza covid e chiama le banche a sostenere gli sforzi della ristorazione in pericolo di morte.
La Notizia
Sono passati pochi giorni dall’appello dei 17 (promosso da Alain Ducasse e firmato da Yannick Alléno, Frédéric Anton, Michel Guérard, Regis Marcon e Anne-Sophie Pic fra gli altri), uscito su Le Figaro il 20 aprile. Reclamava la riapertura in tempi rapidi dei ristoranti in pericolo di morte attraverso un “decreto di deconfinamento parziale della ristorazione cittadina responsabile”.Adesso è il turno dello chef savoiardo Marc Veyrat, già noto per le sue intemperanze, che intervistato da CNews ha sfoderato la consueta schiettezza a proposito del tema del momento: il futuro della ristorazione nell’era del covid. Anche in Francia, come in Italia, il governo ha messo a disposizione fondi da prendere in prestito. “Ma ho molti amici cui questi prestiti sono stati negati, perché si passa attraverso le banche. È molto grave. Non si passa attraverso un sistema federale di governo, che ci darebbe un potenziale per lavorare. No, si passa attraverso le banche, ma le banche discutono e una volta su due è no. Ma se le banche dicono di no, per noi è semplice: si chiude, si portano i libri in tribunale. Sono molto preoccupato per il futuro. Non si tratta solo di grande ristorazione, ma della ristorazione in generale. Sapete che ho ristoranti a Parigi, conosco bene l’ambiente parigino, la quarantena non ha niente a che vedere con la nostra, per loro è molto più difficile. Domandiamo solo che ci diano soluzioni e date: è tutto ciò che chiediamo”.
Poi il siparietto comico di una ricetta dell’imitatore Jean-Michel Mattei: il “confiné de connard” (confinato di stupido, anziché confit de canard), per non perdere il sorriso: quello che pensa che non gli succederà nulla, al posto di restare a casa e pazientare, finché in qualche modo le cose si risolveranno.