Iyo Aalto, la nuova avventura milanese di Claudio Liu, che dopo aver inaugurato qualche mese fa il nuovo ambizioso ristorante in zona Porta Nuova, ha già rivoluzionato il suo concept partendo addirittura dal nome.
La Storia
In tempi difficili come quelli del Coronavirus, e in attesa di capire meglio quali saranno i destini della ristorazione nei prossimi mesi (già si pronosticano grandi difficoltà soprattutto a causa dello smart working, per quei locali che sono abituati a lavorare con la pausa pranzo degli uffici), c’è chi ne ha approfittato per aggiustare il tiro e riposizionarsi o riproporsi in una nuova veste.È il caso di Iyo Aalto, la nuova avventura milanese di Claudio Liu, che dopo aver inaugurato qualche mese fa il nuovo ambizioso ristorante in zona Porta Nuova, ha già rivoluzionato il suo concept partendo addirittura dal nome.
Oggi il ristorante si chiama Aalto part of Iyo e vede alla guida della cucina non più Domenico Zizzi, cuoco trentenne di origine pugliese e dall’esperienza internazionale maturata tra Parigi, alla corte di Robuchon nell’Atelier dell’Etoile, le metropoli asiatiche di Bangkok e Tokyo e la Spagna di Carmen Ruscalleda, bensì Takeshi Iwai, asiatico di stanza a Milano ormai da parecchi anni, con alle spalle l’esperienza nell’originale fattoria agricola urbana con ristorante di Ada e Augusto, nella periferia milanese.
Una scelta, quella del cambio repentino, forse dettata dall’idea di mantenere un fil rouge prettamente orientale nella cucina, pensando che il ristorante offre, in ogni caso, due soluzioni ben distinte all’ospite. Quella della sala fine dining, dove si è sistemato Takeshi, e quella dell’omakase (il termine significa che si mangia quello che decidono i cuochi, solo il meglio che hanno a disposizione per i loro ospiti) per soli otto coperti e due sushi master in kimono a riempire la scena in un tripudio di un ventina di assaggi tra cotto e crudo.
Il nuovo Aalto invece sembra dar spazio con maggior forza alle idee creative di Takeshi Iwai più che alla solidità interpretativa del precedente cuoco formatosi secondo criteri più rigorosi e scuole di pensiero ben definite da un punto di vista gastronomico. Una scelta che, se vogliamo, si evidenzia già nella massima di Theodor Adorno che inaugura la prima pagina del menù: “La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta”.
Foto di Benedetta Bassanelli
I Piatti
Una dichiarazione di intenti in grado di esprimersi perfettamente nelle scelte non banali di Takeshi, che partono da suggestioni “fermentate” capaci di inondare il palato già con gli snack d’apertura (Crema di patate; formaggio con erbe e acqua di pomodoro) e proseguono nell’equilibrato e piacevole piatto di Scampi e semi, nell’avvolgente Ostrica con latticello che inebria con il suadente e perfetto olio al caffè o nei Cannolicchi al vapore con asparagi bianchi e camomilla.A Takeshi piace muoversi tra equilibri e giochi di gusto capaci di spezzare il ritmo, con le delicate incursioni degli olii o del dashi a rendere più “sciolta” la degustazione. È il caso dell’aceto allo champagne che accompagna l’anguilla inserita in un piatto dove spingono sull’acceleratore la liquirizia e il wasabi vicine al tataki di manzo, oppure negli Spaghetti Cavalieri con vongole (e anche qui compare un olio di fichi) alla tsukemen. Il menu degustazione in otto portate rappresenta il percorso più idoneo per entrare in contatto con le perfezione stilistica di Takeshi e la sua capacità di alternare sprint e relax al palato.
Rimane in lui la concretezza di chi era abituato, nel precedente ristorante a muoversi nell’orto di casa a rivestire i panni di forager che, nel tempo libero gira nei boschi o per le campagne a raccogliere la materia prima che punteggia molti piatti. Come nel caso del Risotto aspro con gemme di pino, la cui balsamicità è spezzata dal gelato di ostriche.
Ma piace molto anche il delizioso quanto semplice Filetto di manzo alla brace, con fiori di sakura, melanzane e riduzione di dashi, ad anticipare il gelato al dragoncello con passion fruit e fiori di verbena e il dolce principale, la Sfoglia di cioccolato e gelato al latte affumicato. Nel primo menù che Takeshi porta in dote da Aalto non mancano riferimenti chiari della sua cucina già percepiti da Ada e Augusto, come l’utilizzo di erbe, del latte e dei suoi derivati, ma anche il sottile piacere dell’accostamento tra mondi apparentemente distanti, tra mare e monti, per intenderci.
La scelta di Claudio Liu, imprenditore della ristorazione milanese illuminato e punta di diamante di una famiglia che vede la sorella Giulia occuparsi di Gong e il fratello Marco del Ba Asian Mood, rinnovato lo scorso novembre, lascia aperte tutte le possibilità già messe in campo con la prima apertura di Aaalto, di una evoluzione dello stellato Iyo.
Un cosiddetto upgrade qualitativo che passa attraverso il servizio in sala e la carta dei vini (con diverse scelte anche per gli amanti delle etichette naturali), per arrivare a una cucina dove la concretezza incontra, a seconda dell’estro del cuoco, suggestioni orientali, piatti della tradizione (in carta ci sono perfino i Pisarei con verdure estive!), o ribaltamenti interpretativi di grande fascino come nel caso del primo piatto di Ravioli di pollo al curry o della Cotoletta, ma di ricciola e ostrica.
Foto di Benedetta Bassanelli
Indirizzo
Aalto part of IyoPiazza Alvar Aalto - Milano
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