Al Vèdel, a due passi da Colorno, compie 240 anni. Prima bottega alimentare, poi sosta ristoro per viandanti, infine ristorante tra tradizione e proposte gourmet. Un nuovo menù celebra questo racconto.
La Notizia
Un cammino il cui tempo rimane ancora oggi scandito dalla passione per la cucina, dalle tradizioni e da radici ben salde: questa è la storia del Ristorante Al Vèdel. Una storia lunga 240 anni che attraversa le generazioni trasformandosi con esse, adattandosi alle necessità rimanendo, al contempo, punto saldo di una piccola frazione alle porte di Colorno, immersa nell’atmosfera che caratterizza il grande fiume Po, ovvero quello che dagli abitanti della Bassa parmense è considerato come il loro “mare”. Inizialmente bottega di generi alimentari e produttori di salumi, poi osteria per viandanti, infine ristorante attento al dettaglio di preparazioni e materie prime.E oggi, il Ristorante Al Vèdel celebra questo compleanno con un nuovo menù che racconta la cultura di una famiglia, quella Bergonzi, di un paese e di una terra.
Si chiama “Al Vèdel 240” e non è solo un susseguirsi di portate, piuttosto un percorso di gusto, sorpresa e convinzione che lega la tradizione del passato con uno sguardo curioso e guizzante verso il futuro. Le tipicità del territorio si ritrovano in tutta la loro intoccabile purezza; il fiume con i suoi pesci sorprende con note delicate di sapore; gli animali da cortile riempiono il palato con l’intensità della loro carne dalla spiccata tonalità burrosa; i tesori che arrivano direttamente dalla storica cantina di stagionatura della famiglia sorprendono come inaspettato pre dessert.
L’inizio è con “Il nostro mare”, un calibrato incontro tra anguilla marinata, pesce gatto con cipolla, coscette di rane fritte, luccio alla Farnese
Poi arrivano le eccellenze in fette di “Grasso è buono”: un lussurioso piatto fieramente guarnito con pancetta di maiale nero stagionata 3 anni, lardo alle erbe aromatiche, salame di maiale nero stagionato 9 mesi, spalla cruda di Palasone stravecchia.
Il primo piatto è l’omaggio a una ricetta simbolo del territorio di Parma e Provincia, oggi piuttosto rara da ritrovare. Una di quelle portate che ogni famiglia era solita presentare con qualche tocco segreto caratterizzante: “Ti catturo il piccione”, ovvero la bomba di riso ricoperta con un sottile strato di pasta frolla dalla dolcezza calmierata, ripiena di ragù di piccione.
L’intensità e corposità non si placa nel secondo piatto “Oca a chi?”, dove la coscia d’anatra arrostita in confit viene presentata con verdure croccanti, patate e la sua divertente versione della scarpetta.
“È successo un 48” è il pre dessert che non ti aspetti, perché la dolcezza che anticipa il gran finale non viene dal solito boccone zuccherino o dall’acidità che pulisce il palato. Qui la scelta ricade in una ricca fetta di prezioso Culatello stagionato 48 mesi, da mangiare con le mani e far decantare in bocca per 10 secondi prima di masticare. Il resto è inebriante beatitudine olfattiva e gustativa.
Infine, un gioco di parole che diventa gioco di elementi: “Ritorno al futuro”, che raccoglie la grande classicità di ingredienti “garanzia di piacevolezza” come crema di gianduia, cioccolato, zabaione, caffè, accompagnato da frutta fresca e marinata.
Foto Antonio Pupa