Nel suo laboratorio fusion a Madrid, lo chef Yong Wu Nagahira applica lo schema del sushi a un database sterminato di ingredienti, che prevede un’unica eccezione.
L'opinione
Sulla vivace piazza di Madrid, lo chef Yo Wung Nagahira si è fatto notare per i sushi fusion del suo ristorante Ikigai Flor Baja, oggi affiancato da un locale più grande in calle Velazquez. Propongono accostamenti arditi, come quello fra anguilla e cioccolato fondente, e cambiano inesorabilmente ogni tre mesi per una serie di ragioni, fra cui non c’è solo la stagionalità.“Se fare qualcosa diventa facile, non può andare”, spiega lo chef. “Perché io ormai, per fortuna o per sfortuna, posso imparare solo da me stesso. È un limite. E se propongo sempre le stesse cose, smetto di progredire. La sfida di fare qualcosa che non hai mai fatto, mantiene viva la mente. Per questo cambio spesso la carta, così continuo a imparare”.
Il nigiri, che significa letteralmente “fatto con le mani”, resta uno schema privilegiato per dare forma alla creatività, che si applica allo sterminato database delle sensazioni. “Offre molto spazio al gioco e nello stesso tempo impone limiti. Le salse che usiamo devono restare sempre in cima, quindi vanno testurizzate. Deve essere anche molto equilibrato, visto che è un solo boccone”.
Ma l’attenzione è tutta sugli accostamenti. “Per esempio, com’è possibile che un’alga stia bene con il cioccolato bianco? In generale ogni varietà, prendiamo pure la salicornia, ha un punto salino e il salino sta bene con il cioccolato bianco in generale. Suona strano, ma funziona. Così come un’ostrica con il cioccolato bianco, è sicuro che funziona altrettanto bene”, spiega con qualche reminiscenza di Heston Blumenthal.
“Ikagai è un laboratorio. A volte i piatti vengono subito bene, alla prima prova. Altre volte non vanno e lasci perdere. Mi è successo con una mossa che volevo fare con le capesante. Ho tentato quindici o venti volte, ne ho sprecate una fortuna e non ci sono riuscito”. Ma c’è un ingrediente che nel database di Nagahira non entrerà mai: il salmone. “Perché non è più quello di una volta, ora lo allevano come i polli”.
Fonte: El Mundo
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