Fra i più grandi cuochi della sua generazione, Bernard Loiseau è per tutti il Perfezionista. La sua firma è d’acqua: memore della lezione recente della nouvelle cuisine, tende in ogni piatto alla massima leggerezza e purezza del sapore.
La Storia e Ricetta
Fra i più grandi cuochi della sua generazione, Bernard Loiseau è per tutti il Perfezionista, dal titolo della fortunata biografia a lui dedicata da Rudolph Chelminski. Un ragazzo di Chamalières, figlio di un rappresentante di maglieria e di una commessa di salumeria, arrivato con i pantaloni corti a Roanne, per fare l’apprendista dai fratelli Troisgros nel 1968, mentre si festeggiava la terza stella. Una chimera destinata a segnare variamente la sua vita. Agognata, inseguita, sognata, infine agguantata e trattenuta fra mille angosce. Perché il desiderio, si sa, è figlio del cielo.Nel 1977 Claude Verger lo fa chef del suo ristorante La Barrière de Clichy, poi, dopo un triennio, gli propone di installarsi a Saulieu, Côte d’Or. Appena ventiquattrenne, Loiseau non si tira indietro. Due anni dopo sarà patron e in occasione di un reportage conoscerà la sua inseparabile moglie, Dominique Brunet. La prima stella è datata 1977, la seconda 1981, la terza 1991. “È la gioia più grande di tutta la mia vita. Questa consacrazione giustifica tutto: il mio apprendistato, i miei anni di perseveranza, lavoro e difficoltà finanziarie, in breve tutte le mie galere”, commenta. “Per bagaglio avevo solo uno spazzolino da denti, ed ecco dove sono arrivato”.
La sua firma è d’acqua: memore della lezione recente della nouvelle cuisine, Loiseau tende in ogni piatto alla massima leggerezza e purezza del sapore. Deglassare diventa un atto di pulizia, che lava i sapori della cucina classica. E sono suoi allievi, forse inconsapevoli, tutti coloro che oggi proclamano tecniche innovative a base di H2O. “Rien ne vaut l’eau”, ripeteva. “Niente vale l’acqua. Resta il solo liquido che non snaturi un sugo. Dopo avere eliminato il grasso dal tegame, si aggiungono due cucchiai d’acqua, poi si rimette sul fuoco e si grattano i succhi con un mestolo”. In poche righe, una rivoluzione.
“Per me la cucina francese si è evoluta, ma non bisogna tradire il passato. Significa che la cucina francese di un tempo era troppo ricca, pesante, grassa e dolce, quindi troppa panna, troppo burro, troppi grassi. E io oggi, senza tradirla, l’ho fatta evolvere verso la leggerezza. Quindi mi servo sempre del burro in cottura, che è indispensabile per rendere croccante la pelle del pollo o dorare un pesce, ma poi butto tutto e deglasso. Cos’è la storia dei sughi all’acqua? Sono i sughi naturali. Quando si prendono le lische delle sogliole, si fanno arrostire, si uniscono verdure, cosa si mette? Dell’acqua, che con la riduzione prenderà il gusto del pesce. Essendo inodore e incolore, assume il gusto di quello che è nella casseruola. Quindi se è vitello, saprà di vitello; se è manzo, saprà di manzo. Ne è derivata tutta una filosofia culinaria, che mi ha condotto a una cucina molto gustosa, saporitissima ma leggerissima. Questo è lo stile Bernard Loiseau. E senza tradire il passato, non faccio nouvelle cuisine, non mi interessa. La triglia al kiwi, l’astice al cioccolato non fanno per me. Faccio un’autentica cucina francese, ma alleggerita. Significa che prendo prodotti dal valore eccezionale. Perché la vedette è il prodotto, non il cuoco. E li valorizzo, li rendo gustosi. Molto saporiti con tre ingredienti al massimo, perché se sono più numerosi, il palato e le papille hanno problemi a raccapezzarsi”.
“Tre o quattro sapori, gusti pieni, succhi di erbe o carne di concentrazione estrema”, riassumono i critici. Nonostante la fama anche mediatica, Loiseau non salta un servizio, sebbene pian piano apra un ristorante dopo l’altro a Parigi, fino a quotarsi in borsa. “Si era dimenticato di vivere”, avrebbe commentato l’amico e collega Olivier Roellinger, dopo il colpo di pistola esploso il 24 febbraio 2003 in camera, quando tutto sembrava normale. Loiseau aveva appena finito di dirigere il servizio del pranzo, scherzando con i clienti. Qualcuno dirà per lo stress eccessivo, altri per il timore di perdere la terza stella, fomentato dai gossip. Non certo il primo cuoco a eclissarsi: la lista è lunga, da François Vatel a Benoit Violier, passando per Franco Colombani e Homaro Cantu, Luciano Zazzeri e Anthony Bourdain.
COSCE DI RANA, PUREA D’AGLIO E SUCCO DI PREZZEMOLO
Ingredienti per 4 persone
1 kg di cosce di rana (48 pezzi)
400 g di aglio
200 g di prezzemolo sfogliato
½ bicchiere di latte
Farina
60 g di burro
5 cl di grasso di anatra
Sale fino, sale grosso, pepe di mulinello
Procedimento
Schiacciare con i palmi delle mani le teste di aglio e sbianchirle per 3 volte in acqua bollente. Pelare gli spicchi e privarli del germe. Sbianchire ancora, tutte le volte che sarà necessario per ingentilire il gusto e ottenere una testura fondente. A questo punto scolare, frullare e stemperare con il latte. Mettere da parte.
Lavare e asciugare il prezzemolo. Sbianchirlo in acqua bollente salata per 4-5 minuti. Poi raffreddarlo in acqua e ghiaccio. Scolarlo in un colino e frullarlo. Stemperare la purea con poca acqua fino a consistenza di coulis. Mettere da parte.
Preparare le cosce di rana, conservando solo i muscoli superiori. Condire con sale e pepe, infarinare e spadellare con il burro e il grasso di anatra, precedentemente portati a leggera colorazione nocciola. Cuocere 3 minuti su un lato e 1 minuto sull’altro. A cottura ultimata, riporre su carta assorbente.
Nel frattempo riscaldare e regolare di sale e di pepe la purea e il succo. Nappare il fondo dei piatti con il prezzemolo, disporre nel centro una cucchiaiata di purea di aglio e le cosce a raggiera.