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Come far nascere un ristorante gourmet attraverso un incontro su Linkedin: Ottocentodieci, la storia di Rigels Tepshi e Annalisa Magri

di:
Alessandra Meldolesi
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ristorante ottocentodieci

Anche qui può nascere un sogno: ed è quello in cui sono sprofondati Annalisa Magri e Rigels Tepshi, la giovane patronne e il giovane chef, imbattutisi l’uno nell’altro non su un sito di incontri, ma su Linkedin.

La Storia

Non è una location romantica, quella del ristorante 810: dentro un albergo nato dieci anni fa al servizio della raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi, fra gli stabilimenti più grandi e moderni d’Europa. Eppure la Lomellina è da sempre rinomata per le sue produzioni di eccellenza, dal riso della Riserva San Massimo, che dista pochi chilometri, ai salumi d’oca di Gioachino Palestro, tanto per fare un paio di esempi. Quando la nebbia lo consente, negli specchi delle risaie si riflettono le stelle. E dista una biciclettata anche l’Oltrepò Pavese, terra di vini traditi e da scoprire, un rebus stimolante per i connaisseur anticonformisti.


Anche qui può nascere un sogno: ed è quello in cui sono sprofondati Annalisa Magri e Rigels Tepshi, la giovane patronne e il giovane chef, imbattutisi l’uno nell’altro non su un sito di incontri, ma su Linkedin. L’albergo poteva già contare su un ristorante pizzeria alla mano per i suoi clienti. Ma la proprietà cercava qualcosa in più. “Eravamo verso la fine dell’estate 2018. Annalisa, che già amava e frequentava il fine dining, voleva far crescere il ristorante, puntando su un giovane chef. Così, dopo aver superato il colloquio, ho iniziato il primo ottobre. Abbiamo subito rimaneggiato la sala e la cucina, che era già separata dalla pizzeria, e ricreato l’orto all’interno della corte con dehors. Vi coltivo ortaggi come pomodori e zucchine, peperoncini habanero ed erbe aromatiche”.


Rigels, in albanese il nome di una stella, era già forte di un bel curriculum: nato a Durazzo trent’anni fa, cresciuto fra la Puglia e Alessandria, dopo l’alberghiero a Casale Monferrato aveva iniziato la sua ascesa da una pizzeria, seguita da una trattoria, un ristorante, una struttura ricettiva. “Finché a 22 anni non sono arrivato a Milano. Prima sono stato capopartita ai primi da Taglienti al Trussardi, dove con l’investitura di Roberto Conti sono assurto a sous-chef. In tutto vi ho trascorso 4 anni, dopo di che ho passato un anno e mezzo da capopartita al Mandarin di Antonio Guida, prima ai pesci, poi ai primi. Dovendo sintetizzare, direi che Taglienti mi ha trasmesso ordine e pulizia, Conti mi ha offerto l’opportunità di crescere, ma è stato Guida a completarmi come cuoco: è lui quello che mi ha plasmato di più, colmando le lacune”.


“La cucina era una cosa mia, che avevo dentro da sempre. Indipendentemente dal fatto che mio zio avesse un ristorante in Albania e mia mamma, dopo una delusione professionale, avesse iniziato a lavorare come cuoca in una casa di riposo. In casa mia si mangiava una cucina balcanica tendente al greco, che forse un giorno avrò voglia di rievocare, alleggerendola. Qualcosa di mediterraneo. Quando sono arrivato, non avevo idea di cosa mi attendesse, anche se conoscevo alcuni ingredienti di fama e Alessandria dista appena 45 km. Con Annalisa abbiamo passato il territorio ai raggi x, studiando cosa utilizzare e come trattarlo. Oltre al riso e ai salumi, vegetali come l’asparagi rosa di Cilavegna, la zucca bertagnina, la cipolla di Breme. Così come mi ha insegnato la cucina della Campania, da cui facciamo arrivare latticini e altri ortaggi. La nostra idea era proporre piatti tradizionali prima che d’autore, composti di ingredienti in larga parte locali”.

Foto Alberto Blasetti

I Piatti

E di fatto la cucina di Ottocentodieci viaggia su due binari: il territorio con il suo ricco paniere e la Campania da cui arriva Annalisa. Lo stesso nome conta i chilometri intercorrenti fra le due realtà, che ispirano ciascuna un menu (ma Rigels ama fare la spola, se gli si lascia mano libera): l’810 è il campano, composto di 7 portate a 75 euro; Lomellina quello di prossimità, con le sue 5 corse a 55. La Michelin ha dedicato un articolo alle portate mediterranee, mentre noi abbiamo trovato più stimolanti e centrate, gustativamente complesse quelle di terra, radicate nella formazione a settentrione dello chef. In abbinamento c’è una carta dei vini a cura di Annalisa: conta oltre 300 etichette, con il focus sul vicino Oltrepò.


Nel girotondo degli appetizer figurano la cialda di riso con paprika dolce, creme di zucca, avocado e limone; il taco di pasta nacho con mousse al Parmigiano; la pâte à choux al nero di seppia con sfera di panna acida e caviale di aringa affumicato; la finta noce di crema di cannellini e cozze; il cracker di grano saraceno ripieno di salsa tonnata e il classico porcino fritto a chiudere.


Fra gli antipasti mediterranei c’è lo scampo crudo con verdure confit, nato in lockdown per azzerare lo scarto. Quindi la polpa del crostaceo appena passato in una riduzione acida, l’estrazione delle teste, le salse di pomodoro, sedano e cipolla, le falde di cipolla rossa sottaceto, il sedano confit e la pelle di pomodoro essiccata. Un concetto di busara a crudo.


Maialino nero alla birra di riso



Rigels si definisce un cuoco da cotture espresse e da padella; tuttavia non manca qualche eccezione. Vedi la trippa di baccalà cotta per 84 ore, fino a perdere la parte croccante, dopo avere rilasciato tutto il sale nell’ammollo; lo recupera grazie alla crema di cozze, mentre al crunch provvedono due cialde di tapioca, al pomodoro e al naturale, e alla freschezza la crema di basilico. Per una sensazione gelatinosa quasi di nervetti.

Sono ottime le lumache Moncucco (come la selvaggina e il piccione) spurgate, lessate, spadellate e glassate nel fondo dei loro scarti tagliato al jus di vitello; più crema di zucca bertagnina, limone nero in polvere e marasciuoli per la pulizia amara. Un piatto netto e di carattere.


Il bottone di caprese si compone di pâte à choux senza uova, ripiena di caciotta sorrentina e fior di latte; per condimento un’estrazione di quattro varietà di pomodoro (piennolo, ramato, datterino, ciliegino) e una crema di basilico. Gusto pizza.


Ma non può mancare il risotto: un carnaroli della Riserva San Massimo tirato con brodo vegetale e acqua di menta, mantecato con burro di Normandia, Parmigiano Reggiano e crema di triglia, più crema di finocchi e i filettini di pesce scottati in padella, appena traslucidi.


Sontuosamente comfort, a seguire, i ravioli di faraona con crema di funghi porcini, purea di spinaci, anche in foglie, fondo di faraona e un porcino a bassa temperatura, ben croccante, su uno specchio di acqua allo zafferano di Zavattarello.


Ottimo anche il piccione, piatto di grande pulizia che mette a frutto la lezione di Antonio Guida. La preparazione è lunga: parte dalla frollatura di 5-6 giorni, più altre 24 ore per il petto scalcato, mentre fegato e cuore vengono marinati nel whisky, che va a ripulire la ferrosità. Tagliati a brunoise, con la pasta di polmone vanno a farcire la carne sottopelle. La cottura è in padella, con riposo e nappage finale, come per la coscetta. In accompagnamento nessuna guarnizione, ma una crema di curcuma fresca, forse di troppo, e una classica salsa choron per la morbida acidità.


Al predessert di carpaccio di anguria arrosto, Andoni style, segue la mousse di pesca di Volpedo con inserto di bergamotto su crumble di pesca, creme di nocciole e di porcini, cetriolo al naturale, che rivisita un binomio vegetale sul passaggio di stagione già esplorato da Cesare Giaccone e Luigi Taglienti.

Foto Alberto Blasetti

Indirizzo

OTTOCENTODIECI RISTORANTE

Via San Bernardino 24 – Sannazzaro de’ B. 27039 (PV) – Lomellina

Tel: 342 31 66 339 – 0382 997447

Mail annalisamagri@ottocentodieciristorante.it

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