È la seconda parte della nostra rubrica di approfondimento dedicata ai i migliori giovani chef italiani all’estero che hanno scalato le cucine più importanti del mondo. Da Bangkok passando per Mentone fino a Berlino ecco la storia di 3 giovani cuochi italiani.
Davide Garavaglia
Eccoci giunti alla seconda parte della nostra rubrica di approfondimento dedicata ai migliori giovani chef italiani all’estero che hanno scalato le cucine più importanti del mondo. Si parte da Bangkok, al Côte by Mauro Colagreco all’interno del Capella Hôtel, passando per il migliore ristorante del mondo il Mirazur sempre di Colagreco a Mentone, fino al ristorante Enoteca Il Calice a Berlino.Davide Garavaglia
Chef del ristorante Côte by Mauro Colagreco all’interno del Capella Hôtel, Bangkok
Percorso
Dopo 5 anni al Mirazur, discutendo con Chef Mauro su nuovi progetti mi è stata proposta la meta Bangkok e non avendo mai lavorato in Asia, ho subito accettato.
Differenze con l’Italia
Rispetto all’Italia le differenze son parecchie, dal clima alla cultura, visto che il colonialismo non è mai arrivato. I thai sono riservatissimi e rispettosi gli uni degli altri. Difficilmente li vedi stressarsi per qualche problema o prendersela tra di loro, anche in cucina. Quindi la vita, seppur caotica e da grande metropoli, ha un carattere molto più rilassato.
Gestione della cucina
Amministro una brigata di cucina composta da 15 persone. Essendo tutti di nazionalità thai (e io non parlo thai), a volte la comunicazione è un po’ difficile, ma tutto sommato in inglese riusciamo a intenderci. A un mese e mezzo dall’apertura lavoriamo su una media di 35-40 coperti a servizio. Si tratta principalmente di clienti locali high-so (cioè benestanti), causa covid.
Rapporto con la città e la cucina locale
La cucina in Tailandia è basata soprattutto sullo street food, che si può mangiare a qualsiasi ora. Sono arrivato un anno prima dell’apertura del ristorante, quindi ho avuto modo di sperimentare i gusti locali. È fondamentale comprendere il palato thai, quello che amano e non. Per esempio il rapporto con il sale, che praticamente non usano. Sono molto sensibili alla sapidità e non manca mai una componente dolce.
Libertà di decisione
Avendo lavorato a lungo con Chef Mauro e conoscendone bene filosofia e approccio, qui in Tailandia ho libertà di decisione, pur mantenendo un filo diretto con Menton riguardo a nuovi piatti e/o creazioni.
Qualche aneddoto
Per quanto mangino in abbondanza noodles soup o pad thai, principalmente a base di farina di riso, i tailandesi amano follemente la pasta all’italiana ed è proprio un piatto di trofie fatte in casa con pesto e frutti di mare il nostro best seller.
Vuole rientrare?
Mi mancano molto l’Italia e l’Europa in generale. Soprattutto la Costa Azzurra, dove ho trascorso gli ultimi anni prima di arrivare qua. Questa è una tappa della mia carriera, vedremo il futuro cosa riserverà.
Luca Mattioli
Luca MattioliChef R&D e progetti Mirazur, Menton
Percorso
Sono arrivato a Menton quasi per caso. Dopo l'esperienza al Waterside Inn della famiglia Roux avevo bisogno di un cambiamento e di vedere una realtà nuova, lo chef Alain Roux si è proposto di contattare 3 ristoranti che mi interessassero per sponsorizzarmi e organizzare uno stage. Il Mirazur era tra questi e una volta arrivato me ne sono completamente innamorato. Ho lasciato Londra nel 2016 per iniziare una nuova avventura, la sentivo come una scelta naturale, ovvia, come se il mio destino fosse lì.
Differenze con l’Italia
Molte. Essendo un posto multietnico e senza frontiere, il Mirazur (ma anche la Francia in generale) aiuta ad aprire gli occhi, far cadere le barriere ed essere il più possibile a contatto con la natura, rispettando il ritmo e il lavoro di chi produce. Inoltre l'approccio è completamente diverso, qui non si lavora per essere i migliori o per le guide, ma per portare a tavola il prodotto più buono e più sano, in modo che il cliente possa vivere un’esperienza indimenticabile, seppur molto de-contratta, sempre a proprio agio.
Gestione della cucina
Negli ultimi 3 anni, prima di passare alla ricerca e sviluppo, mi sono occupato dei viaggi e degli eventi di Chef Mauro all'estero, ho viaggiato il mondo con lui e ho appreso tantissimo, lavorando nei migliori ristoranti del mondo per eventi o cene a 4 mani. Gestivo tutta l'organizzazione, dalla firma del contratto fino al giorno dopo l'evento. Devo dire che l'adrenalina e la voglia di vincere sono un aiuto importante. Io adoro le sfide, per me quindi era facile gestire la pressione.
Rapporto con la città e la cucina locale
Importantissimo... Conosco personalmente e mi rapporto "face à face" con tutti i produttori, non solo quelli della città, ma anche quelli della regione e della Liguria, con cui lavoriamo assiduamente. Il rapporto interpersonale è la base, senza i produttori e senza la città di Mentone che ci sostiene, non saremmo nulla.
Libertà di decisione
Molta, Chef Mauro è apertissimo e adora ancora oggi imparare nuove cose, nonostante la sua esperienza. Questo lascia spazio alla creatività di ogni individuo: da soli non si arriva da nessuna parte, qui l’équipe è fondamentale.
Qualche aneddoto
Mi vengono in mente i viaggi che ho fatto con Chef Mauro in Tailandia o in Turchia nel 2017/2018. Allora ho capito veramente la sua filosofia e il suo modo di vedere le cose. A Bangkok siamo arrivati 48 ore prima di una cena a 4 mani con Gaggan, senza aver fatto né un ordine né un menu predefinito. Abbiamo mangiato al suo ristorante e creato un percorso di 9 piatti in 24 ore... In Turchia invece avevamo preparato tutto nei minimi dettagli, ma dopo un giro al Mercato di Istanbul abbiamo cambiato idea con piatti che non avevamo mai fatto prima. Lì ho capito che la cucina di Chef Mauro è una cucina "Carpe diem", bisogna seguire l’attimo.
Vuole rientrare?
Non credo di voler rientrare in Italia per il momento, ho tanti progetti qui al Mirazur e Mentone mi affascina. Se dovessi cambiare idea, sicuramente sceglierei il mio Abruzzo, per comprare un pezzo di terra in montagna e darmi all’allevamento o all’agricoltura, mettendo in pratica tutto quello che ho imparato qui tra biodinamica e permacultura.
Davide Mazzarella
Davide MazzarellaChef di cucina presso Enoteca Il Calice, Berlino
Percorso
Sono arrivato a Berlino un po’ per caso. Dopo la scuola volevo fare qualche esperienza e siccome avevo qualche familiare sono salito. Dopo un primo periodo, ho deciso di andar via, poi dal 2010 sono rientrato. Al Calice anche un po‘ per caso. Dopo una lunga esperienza lavorativa interrotta nell’agosto 2020, cercavo qualcosa di diverso. Poi, attraverso alcune amicizie, mi è stato proposto di subentrare come chef.
Differenze con l’Italia
Ce ne sono tante, alcune nette. In Germania è tutto più schematico, ogni cosa deve avere il suo perché e l‘istinto, come la fantasia e la bravura, segue sempre un filo logico, che a volta fa perdere naturalezza. In particolar modo a Berlino ci si relaziona quasi sempre con un pubblico che ha un’idea sbagliata della cucina e della cultura italiana. Questo perché i pionieri della ristorazione nostrana in Germania, pur di farsi apprezzare, hanno sempre adattato al gusto locale le nostre tradizioni. Purtroppo è qualcosa che è rimasto, limitando o quanto meno costringendo le nuove generazioni a ricominciare da zero. Fortunatamente negli ultimi anni qualcosa sta cambiando, grazie all‘arrivo di tantissimi ragazzi che, avendo maturato esperienze importanti in Italia e nel mondo, stanno provando a proporre qualcosa di interessante.
Gestione della cucina
La maggior parte delle strutture, escluse quelle alberghiere, si avvale di piccoli team di cucina, quindi la gestione è familiare. Senza un team affiatato, che ti segue nella filosofia, è comunque difficile fare qualità. Nelle esperienze lavorative passate, ho avuto sempre brigate miste, con persone provenienti da più parti del mondo, cui ho cercato di trasmettere la naturalezza della cucina italiana. È importante, prima di provare a costruire qualcosa, essere sicuri che il team ti segua e capisca cosa gli stai chiedendo. È anche importante portare ogni singolo componente allo stesso livello di conoscenza, in modo da avere collaboratori preparati e che capiscano al volo cosa vuoi trasmettergli.
La gestione dei numeri è anch’essa importante. Bisognerebbe non transigere mai sulla materia prima. Non modificare mai una ricetta tradizionale solo per accorciare i tempi di esecuzione. Non andare mai incontro al gusto locale, se la situazione non lo prevede. I numeri vanno sempre visti da più punti di vista. Io sono del parere che la cucina di alta qualità si può fare anche per grandi numeri, e non solo per pochi clienti attratti dal lusso. Bisogna solo avere le materie prime giuste e acquisire le migliori tecniche per renderlo possibile.
Rapporto con la città e la cucina locale
Il trend berlinese degli ultimi anni va sempre più in direzione fine dining, definizione che purtroppo è abusata e forse priva di senso nel contesto attuale. La gastronomia italiana però rimane molto stabile, a parte alcune realtà che stanno cercando di proporre un concept più moderno e all’avanguardia. La cucina locale è qualcosa che si cerca, anche in modo parziale, di integrare nella proposta. A volte grazie all’utilizzo di materie prime locali, come alcuni tipi di frutta o erbe tedesche e del Brandeburgo. Altre volte prendendo alcune tecniche o preparazioni della cucina tedesca e adattandole a quella italiana, sempre rispettando le teorie di base.
Libertà di decisione
Penso sia importante avere fiducia e lasciare libertà a uno chef. Purtroppo qui in Germania non è sempre così. I proprietari dei locali spesso impongono fornitori e prodotti da acquistare. Da questo punto di vista sicuramente un limite nella crescita.
Vuole rientrare?
Sicuramente c’è la voglia di tornare e riavvicinarsi a casa. Dopo tanti anni all’estero, quando rientro provo sempre di più l’emozione di riscoprire sapori un po’ persi. E lì che nasce la nostalgia.