Un piccolo distretto alimentare francese in pieno centro. La forza del locale è stata quella di dare ai romani proprio quello che desideravano della vera Francia gastronomica.
La Storia
Jildaz Mahé ha fondato il gruppo Le Carré Français e lanciato a Roma l’omonimo ristorante nel 2015. Il locale - sembrerà strano a dirsi - nasce da una passione trasformatasi in frustrazione. Mi spiego, essendo un amante della Capitale, durante le sue visite romane Mahé è rimasto spesso colpito e più ancora infastidito dal non trovare nulla di veramente francese in campo gastronomico. Un buon croissant fatto con del vero burro transalpino, una boeuf bourguignon, un vero dessert o anche solo una baguette fatta “à la facons de”.Mettendosi quindi nei panni della comunità francese di Roma o di quanti amano la Francia, per viaggi studi e cultura, ha deciso di superare quest’impasse e di aprire un luogo molto particolare nel quartiere di Prati, a due passi dal Palazzaccio e da Piazza Cavour. «Non era poi così difficile far trovare i veri prodotti della mia terra anche qui a Roma. Basta essere organizzati e accorciare le distanze tra la parte gestionale e la parte operativa. Ho immaginato di ricreare un angolo tipico popolare, accorpando in un unico luogo quelle che sono le realtà produttive e commerciali che si possono trovare in una strada parigina anche periferica o in un paesino di Provincia (Combrai, poniamo), dove fianco a fianco ci sono il bar, il bistrot, la gastronomie, la boulangerie, la patisserie, la fromagerie. Oggi, tutte queste realtà convivono all’interno di Le Carré Français», dice Mahé. È un concetto semplice ma nello stesso tempo originale.
Ancora più interessante è però sapere la storia imprenditoriale di Jildaz, per dieci anni alla guida di un giornale e di una televisione incentrati sulla ristorazione e l’arte del vivere. Editore di settore con un passato da marketer in una grande multinazionale, aveva deciso di distribuire il magazine solo nelle panetterie. Chiuso i battenti e ceduta la sua impresa, ha scommesso su se stesso seguendo il suo intuito e la passione per Roma, anche perché c’è un’importante presenza francese nella Capitale. «A Parigi le grandi scuole di economia consigliano tutto, ma non di fare il piccolo imprenditore perché è un incubo¸dicono. Da circa 15 anni chi esce da queste scuole sa solo che non vuole fare l’imprenditore. L’intuito invece mi ha portato ad andare contro corrente (à rebours, direi) e a portare la vera gastronomia francese, prima inesistente, nella Capitale». Certo la comunità dei suoi conterranei è piccola e conta meno dei turisti d’oltralpe che ogni anno arrivano in Italia, ma ci sono comunque molti cittadini romani innamorati della Francia, interessati alle manifestazioni e all’arte francese. E soprattutto al cibo francese. I suoi clienti sono anche i tanti clienti italiani che hanno le idee molto chiare su cosa sia il cibo francese. La forza del locale è stata quella di dare al romano quello che voleva della Francia gastronomica.
Da quando ha aperto, Mahé ha modificato per almeno il 70% il progetto gastronomico iniziale, andando incontro a quello che i clienti chiedevano. Basandosi sui commenti anche negativi degli avventori, magari per non aver trovato quello che cercavano, ha lentamente modificato l’offerta per incontrare la vera domanda del consumatore. Un modo di agire che visto a posteriori non fa una piega, ma che a viverlo tutti i giorni potrebbe sembrare una sconfessione del proprio operato quotidiano. In effetti è indice di grande duttilità mentale, non trasformando le intuizioni di partenza in pregiudizi. Per questo Le Carré Français offre una cucina popolare, curata nei dettagli e che impiega di base materie prime di qualità, provenienti dalla Francia, ma non aspira ad essere una cucina gourmet e a rincorrere i riconoscimenti delle grandi guide, anche se si è avvalso in fase di start-up di chef stellati come consulenti. «Sarebbe un orgoglio per noi finire sulla Michelin, ma non mi interessa. Sarebbe d’aiuto per la clientela internazionale, meno sui romani. Il cliente italiano che per curiosità vuole assaggiare la vera cucina francese a Roma ci trova in un attimo. La nostra resta una filosofia da bistrot (parola russa per dire “veloce”), dove si va per un pranzo o una cena veloce, ma comunque fatta bene», precisa Jildaz.
Il Locale
Basandosi sul concetto del bistrot, da Le Carré Français alle tre di pomeriggio si possono trovare clienti che fanno colazione, accanto ad altri che fanno un pranzo veloce, ad altri ancora che sono interessati a qualche piatto più ricercato, accanto a qualche studente che con il laptop aperto studia. Il bar apre alle 7, la cucina alle 8 e già da quell’ora si possono ordinare piatti di formaggi, salumi, crepes, omelette fatte con tutti i tipi di uova, piatti golosi o altri più sfiziosi come ostriche e champagne. «Capita spesso con i russi, soprattutto per il Natale ortodosso, che alle 8 di mattina vogliano mangiare ostriche e champagne», sottolinea Mahé. La cucina in tempi normali resta aperta fino a mezzanotte e, su 80 piatti ordinati in media al giorno, una trentina sono richiesti prima delle 12. Il locale si distende su circa 1000 mq tra cucine, magazzini, ristoranti e bar. È aperto tutti i giorni. Durante il primo lockdown non è mai stata richiesta la cassa integrazione per il personale. Spiega l'imprenditore: «Abbiamo preferito organizzarci per mantenere l’attività aperta e non lasciare indietro nessuno. I pasticceri ad esempio si sono reinventati come autisti per le consegne a casa. Il lockdown ha creato un altro stile di spesa, ma la motivazione della squadra è stato il più bel regalo per un imprenditore come me».Attualmente, con la chiusura alle ore 18, resta il servizio di delivery organizzato internamente, senza l’ausilio di piattaforme online, che andrebbero ad erodere il profitto di ogni singola consegna e renderebbero inutili i dipendenti impiegati, dato che al momento la produttività generale del locale è scesa al 60%. Su 26 dipendenti, almeno 20 hanno più di 3 anni di esperienza, segno che Le Carré Français punta molto sulla fedeltà dei lavoratori. Al momento sono disponibili solo 45 dei 70 posti seduti del locale. C’è anche un piccolo dehors esterno con poche sedute, più che altro su strada. Il prezzo medio, bevande escluse, si aggira intorno ai 35/40 € a persona. Per gli ovvi motivi l’aperitivo delle 17,30 è di molto anticipato, diciamo che si può fare a qualunque ora, e comunque è sempre la domanda che modifica l’offerta (secondo l’assunto del suo creatore), e si continua però a presentare cocktail classici, ma riadattati secondo lo stile francese; ad esempio lo spritz è rigorosamente fatto con lo champagne (resta per fortuna il nostro italianissimo Aperol).
Il periodo natalizio è iniziato lo scorso 19 novembre con il Beaujolais nouveau, ossia la grande festa del vino novello, molto sentita in Francia. Anche per Le Carré Français è importante e infatti si è adeguato, presentando al banco bar varie barrique di Beaujolais, da dove i clienti potevano assaggiare gratuitamente e in modo illimitato il novello dell'omonima regione. Nuovi appuntamenti saranno per il 6 dicembre, giorno di San Nicola, e l'8 dicembre, la festa dell’Immacolata, celebrata con solennità come in Italia; mentre per Natale sarà presentato un menù di quattro portate a 60 €. La pasticceria lavorerà su dolci come la Pavlova, il Kuglof e la Bûche de Noël, un dolce tipico francese, che di fatto è un tronchetto semifreddo con crema pasticcera e gelato. «I francesi di Roma sono molto attaccati a questa tradizione», conferma Mahé. Il menù di Natale sarà anche take away e delivery (ma è necessario ordinare con anticipo) nei giorni 24, 25 e 26 dicembre, nonostante il ristorante resterà aperto come sempre dalle 7 a chiusura. Per il Capodanno ci sarà invece un menù molto curato e quasi gourmet a 90 €, che sarà possibile ordinare e portare via. Tra gli altri appuntamenti natalizi per la comunità francese c’è anche la prima domenica di gennaio che si festeggia con la Galette des rois, una torta di pasta sfoglia e frangipane decorata che contiene una insolita "fève" di ceramica. Chi la trova diventa re o regina per un giorno.
I Piatti
Letizia Tognelli è la chef del ristorante. Nata a Roma 27 anni fa, è da sempre appassionata della cucina francese. Un amore che va di pari passo con quello per la cucina italiana. Dal Liceo Scientifico ad uno stage nel reparto pasticceria di Le Carré Français, il passo non è proprio breve. Infatti, prima di arrivare nel locale di Jildaz Mahé, aveva lavorato al Marriott Hotel. Dopo lo stage, è passata in cucina, da dove non è più andata via grazie ai buoni auspici di due chef consulenti: Yorann Vandriessche, chef stellato della guida Michelin e Maître Cuisinier di Francia, e Jean Cristiansen, finalista del prestigioso concorso internazionale "Bocuse d'or". «Sono stata individuata come capo chef per la mia creatività e per come so gestire la cucina. Leggo e studio molto e mi piace confrontarmi con gli altri colleghi. Rimango sempre aggiornata sulle tecniche di cottura, sul sottovuoto, seguo e mi piace Cannavacciuolo, che parte da elementi semplici per trasformarli in modo incredibile. Mi piace anche Renaut, chef tre stelle e Anthony Genovese. La passione per la cucina nasce dalla famiglia. Mia nonna ha lavorato molti anni come cuoca in Vaticano, servendo persino Ratzinger, quando non era ancora Papa. Mi piaceva vederla cucinare. Dopo lo Scientifico sono tornata a fare cucina», confida Letizia Tognelli.
In cucina la chef ama prendere materie prime di eccellenza e trasformale al meglio, strizzando per quanto è possibile l’occhio all’innovazione francese. A Le Carré Français però si pratica una cucina di tradizione, che ricerca i prodotti di base per offrire ricette classiche. Nel menù non ci sono influenze italiane. Le materie prime arrivano per la maggior parte dalla Francia; è chiaro che avendo in menù anche il Tournedos Rossini, che si realizza con il filetto, questo pezzo di carne viene preso qui in Italia. Il Petto d’anatra al Pinot nero invece viene dal Sudovest della Francia. Arriva ibernato, ossia portato ad una temperatura di -30 gradi in appena un’ora, in modo da non far subire alterazioni alla carne. «La nostra è una cucina che rispetta la tradizione francese parigina e devo dire che ci sono anche molte influenze bretoni con il sidro e le ostriche, che provengono da quella regione. Ci muoviamo anche a seconda della stagionalità dei piatti. D’inverno si va verso il Nord della Francia, d’estate verso il Sud», continua Letizia Tognelli.
Ma è possibile rimanere concentrati sulla tradizione transalpina, per una cuoca che in fondo ha nel dna i sapori, gli odori e la tradizione della cucina romana? «Il segreto è tenere la mente aperta, non confondere una cucina con l’altra. Quella francese richiede la presenza delle salse, più che della panna», risponde Letizia, a cui piace sperimentare i composti a base di burro. La sua è una cucina popolare con una buona cura negli impiattamenti. Le porzioni variano dal tipo di piatto. Non sono certamente porzioni romane, ma nemmeno da alta gastronomia.
Come antipasto spiega l’Oeuf parfait, da uova biologiche italiane. La base viene fatta con dei funghi cardoncelli, saltati con del burro chiarificato e la parte verde del cipollotto. Vengono scottati, salati e serviti con un uovo cotto a 64 gradi per un’ora. Il tutto è accompagnato da tartufo nero e da una salsa composta in precedenza con brodo vegetale e panna e, al momento del servizio, montata per creare una spuma.
Per realizzare la Boeuf Bourguignon, invece, la chef parte dalle guance di manzo, scottate a fuoco molto forte per sigillare la carne. Nella stessa padella vengono poi fatte saltare le cipolle bianche, che danno la base della salsa, aggiunto del vino rosso di Borgogna e del fondo bruno di carne. Con questa salsa le guance vengono cotte sottovuoto per 72 ore. La salsa viene poi fatta ridurre e insieme vengono cotte le carote, che serviranno da contorno per questo piatto principale. Il fondo bruno è ricavato facendo tostare le ossa a 220 gradi per mezz'ora e poi messe in una pentola con sedano, cipolla e pomodoro, il tutto sfumato con del vino bianco, coperto con ghiaccio e fatte andare per tre giorni, senza mai bollire.
La Coda di rospo è un piatto molto pregiato in Francia. Il pesce viene cotto sottovuoto a bassa temperatura a 56 gradi, condito solo con olio, sale, scorza d’arancia, scorza di limone e timo per 15 minuti e servito con una purea di broccolo e burro. La purea si ottiene sbollentando il broccolo in acqua e sale insieme alle sue foglie, che danno una spinta di gusto e di colore. Viene poi freddato in acqua e ghiaccio e frullato. Mentre si frulla, si aggiunge una punta di burro, di sale e di olio aromatizzato all’aglio. La coda viene impiattata con purea di broccolo, del broccolo sbollentato e saltato con olio e sale. Infine, si aggiungono delle zeist d’arancia, tagliate molto fine e sfumate in precedenza con burro e Grand Marnier.
L’Eclair è un dolce tradizionale francese a base di pasta choux fatta in casa, riempita all’interno con crema pasticcera aromatizzata al cioccolato, al caffè o al burro salato. Sopra viene fatta una glassa di cacao o di caramello o di caffè.
Indirizzo
Le Carré FrançaisVia Vittoria Colonna 30 – Roma
Tel. +39 06 64760625
E-mail: resa@cfr-international.fr
Il sito web