Da più di cinquant’anni una famiglia votata all’accoglienza e al gusto in un ambiente davvero bello, affacciato su un orizzonte stupendo, con il lago di Corbara come sfondo naturale.
La Storia
Già arrivare a Civitella del Lago, specie in un’assolata giornata d’autunno, mette di buon umore. Perché l’Umbria è una regione che affascina e travolge con il suo verde capace di accompagnare nel viaggio tra colline e pensieri, con i suoi mille angoli da scoprire. Un valore ancora più prezioso, tra spazi e silenzi, in un momento convulso e incerto come quello che le circostanze ci stanno costringendo a vivere. Qui ci si trova nel cuore della regione, tra Perugia e Terni, tra Todi e Orvieto. E quassù ci sono i Trippini, da più di cinquant’anni votati all’accoglienza e al gusto in un ambiente davvero bello, affacciato su un orizzonte stupendo, con il lago di Corbara come sfondo naturale, che consente di vedere il monte Amiata e l’Argentario, Orvieto e Civita di Bagnoregio e ancora Montefiascone, i Monti Cimini e l’Oasi di Alviano.La storia racconta di una famiglia che ha saputo interpretare lo scorrere del tempo e i suoi cambiamenti. Ricorda Paolo: “Tutto nasce nel 1964 grazie a nonno e nonna in un periodo di grande benessere per questa zona, perché si stavano costruendo sia la diga di Corbara sia l’autostrada ed erano state assunte tante persone di qui. In molti usavano trovarsi nella cantina del nonno a fine giornata per bere qualcosa e mangiare le alici al tacco, alici di barile, da consumare con un fiocco di burro sul pane casereccio che si chiamavano così perché allora si usava sbatterle sul tacco della scarpa per togliere il sale”. Così il sindaco del paese, dato che i nonni stavano anche rifacendo casa, suggerì loro di aprire un’osteria, una trattoria dove si potessero gustare le cose buone del posto, dalle tagliatelle con le rigaglie, all’arrosto, alle lasagne al forno.
“La chiamarono Da Peppe Se Pappa e a partire dal 1973 la prese in mano mio papà Adolfo, all’inizio mantenendo inalterata la linea da osteria. Poi invece, col passar del tempo, pur da autodidatta, iniziò ad affacciarsi al nuovo mondo della cucina all’inizio degli anni ’80. Questo accadde anche perché allora iniziavano a nascere vari punti di ristoro a valle con cose genuine come quelle che si facevano qui. A quel punto mio padre si chiese come fare per cercare di differenziarsi e fare in modo che la gente salisse a Civitella. Nacque così un’amicizia con Andrea Trinci, poi fu tra i primi a utilizzare carni come il bisonte e lo struzzo, era una specie di attività di marketing di allora insomma, che lui portò avanti insieme alla passione per la ricerca. Ricordo ancora quando lo accompagnai a Saperi e Sapori, avrò avuto dieci anni; rimasi sbalordito dalla folla che esplose in un boato all’arrivo di Vissani, sembrava un divo!”.
Ecco che arriva la necessità di cambiare un nome storico ma ormai non più adeguato: così, per non snaturarne comunque l’essenza, i Trippini decisero di usare semplicemente il nome della loro famiglia. Racconta ancora Paolo: “ho frequentato la scuola alberghiera e non pensavo di fare nessun altro lavoro al mondo, avevo solo in testa di proseguire l’attività. La fortuna è stata quella di avere un padre intelligente che mi disse ‘vai in giro che in questo mondo c’è tanto da vedere’.” E in questo modo il giovane Paolo entra in cucina con Vissani, da Arnolfo con Gaetano Trovato e poi nei primi anni di Enrico Bartolini e ancora con Riccardo Agostini ai tempi del primo Povero Diavolo a Torriana. “Nel 2006, a ventisette anni, torno a casa. I primi due anni sono stati belli ma difficili, di confronto e scontro: eravamo stati a San Sebastian ed eravamo pompatissimi. Mio padre però, pur essendo sempre stato avanti, voleva in qualche modo rispettare la tradizione e mi ha messo in riga. Col senno di poi è stato formativo. Quando arrivava qualche nuovo ragazzo con la voglia di strafare, oppure se io stesso andavo sopra le righe, ci preparava il suo piccione in salmì. E io ogni volta pensavo che il giorno in cui fossi stato capace di cucinare una cosa del genere mi sarei sentito davvero felice. Era il suo modo per farci capire che il gusto vero e preciso era quello: per due piccioni usava due teste d’aglio, ma l’equilibrio era perfetto. Ancora oggi glielo chiedo!”.
Paolo confessa poi di aver passato qualche anno a fare “tante, forse troppe cose, tra Eataly e i temporary in tutta Italia; bello ma abbiamo lasciato un po’ andare questo ristorante, così adesso ci siamo riconcentrati su casa madre.” E parla al plurale, perché in questo bel locale alla sua terza generazione di famiglia al suo fianco in sala (e a curare una carta dei vini di interessantissima profondità) c’è il fratello Luca. Insieme stanno cercando di riportare un po’ di giusta attenzione sull’Umbria: “è una regione piena di ogni ben di Dio, la nostra, con prodotti eccezionali a partire dall’olio, ma anche in ambito vitivinicolo abbiamo Orvieto e tutta la zona del Trasimeno. Sono nate anche grazie a noi nuove associazioni con l’idea di far conoscere quest’Umbria un po’ dimenticata: vorremmo essere tra i primi a farlo, cercando di andare avanti in modo coeso”.
I Piatti
Tornando a Paolo e ai suoi piatti, lui sostiene – a ragion veduta – di fare una cucina composta da ingredienti della tradizione e con almeno il settanta per cento di materie prime da filiere locali, solo “cercando di mettere tutto nel piatto in maniera diversa e divertente”.Ed è davvero appagante sedersi rivolti con lo sguardo a uno scenario incomparabile e godere dell’abilità gastronomica di Trippini.
A partire da un’idea famosa come quella del suo Bosco Umbro, piatto che varia di stagione in stagione ed è frutto della conoscenza di erbe, tuberi e radici della foresta, di grande intensità e da godere un boccone dopo l’altro, ognuno con una sfumatura differente.
Che dire delle squisite animelle di vitello con cicoria di campo e melette dell’orto?
Ancora, le irrinunciabili tagliatelle con le rigaglie di pollo oppure la delicata persistenza dello gnocco di patate farcito di ricotta e menta con olio ottobrino appena franto e scaglie di Parmigiano Reggiano.
Non è da meno la squisita forza dei tortelli di pecorino con pâté di fegatini, castagnaccio e tartufo.
Tra i secondi, è di meravigliosa consistenza il porco cinturello servito con mais, cavolo nero con salsa di aceto e miele di lavanda e per gli appassionati del nobile volatile non può mancare un assaggio del piccione rosato e in salmì con pancotto di olive e tartufo uncinato.
Per finire in bontà il gelato alle olive con biscotto al mandarino e mousse al cioccolato bianco è un perfetto esempio di dolcezza ben dosata.
Indirizzo
Ristorante Paolo TrippiniVia Italia, 14, 05023 Civitella del Lago TR
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