Per la ristorazione, si dice, niente sarà più come prima. Impossibile prevedere il futuro, eppure i primi tasselli cominciano a incastrarsi in un quadro complesso. I dati sono americani, ma descrivono dinamiche comuni alla vecchia Europa e all’Italia.
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Per la ristorazione, si dice, niente sarà più come prima. Impossibile prevedere il futuro, eppure i primi tasselli cominciano a incastrarsi in un quadro complesso. I dati sono americani, ma descrivono dinamiche comuni alla vecchia Europa e all’Italia.Il primo è l’esistenza di una domanda “repressa” sempre più consistente: secondo i dati della National Restaurant Association l’83% degli americani lamenta di non poter mangiare al ristorante quanto spesso vorrebbe, contro il 45% del passato. E fra i baby boomers la percentuale sale al 90%. Certo non potranno rianimare il 17% dei locali americani che ha ormai abbassato le saracinesche, cifra peraltro destinata a salire, via via che la temperatura cala e la curva epidemiologica alza la cresta. Ma su quelle spoglie si stanno avventando come avvoltoi le grandi catene, che si apprestano al banchetto. Le dichiarazioni dei CEO di gruppi come Wingstop, Domino, Restaurant Brands International, Shake Shack parlano chiaro. “Vedi un numero di marchi che sono in bancarotta o in difficolta, presto ci saranno molti siti disponibili. Penso che questo sia un ottimo momento per essere sul mercato ed essere un acquirente”, assicurano all’unisono. Nei mercati metropolitani i costi dell’immobiliare sono destinati a calare ancora, favorendo la scalata di imprenditori ambiziosi e corrazzati.
Nuove opportunità potrebbero arrivare anche dai “format virtuali”, che si ripromettono di sfruttare cucine chiuse o sottoutilizzate, risparmiando sulla manodopera e sui costi fissi, procedendo nel caso all’automazione del processo produttivo e del servizio. È il caso, per esempio, di Kitchen Wings, che in un anno dovrebbe superare il valore di 150 milioni di dollari, o di Nextbite, rimpolpato da nuovi investimenti. Ed è già un successo MrBeast Burger, catena di 300 punti di delivery, la cui App si è piazzata al primo posto per download su tutte le piattaforme. Il numero di ristoranti che utilizza qualche forma di dark kitchen è cresciuto dal 13% pre covid al 51% attuale ed è destinato a salire ulteriormente. Parallelamente le società che si occupano delle consegne hanno registrato crescite a tre cifre, che sono destinate invece a calare con la riapertura dei ristoranti, mentre i primi droni si profilano all’orizzonte.
L’utilizzo in generale delle App ha registrato un + 88% e sarà probabilmente la fondazione di nuovi concept misti l’eredità più pesante della pandemia: sono già allo studio di colossi come Burger King, Taco Bell, Wendy’s, KFC e El Pollo Loco, che si tratti di sradicare del tutto la sala da pranzo o di adibire corsie preferenziali all’asporto e alla consegna. A farne uso sono stati il 40% degli americani, due terzi dei quali affermano che continueranno a servirsene. Questo ha attirato un volume di investimenti in tecnologia, che si tratti di geolocalizzazione o intelligenza artificiale al drive-thru. Sempre più gettonati anche i programmi di fidelizzazione, che consentono ai colossi di conoscere la propria clientela.
Sotto il profilo gastronomico, sono le ali di pollo il prodotto del momento, che meglio si presta a questo stile di ristorazione; ma la crescita è imponente anche nel segmento veg, grazie alla sensibilità ambientalista risvegliata dalla pandemia. Si prevede in particolare una crescita imponente della carne a base di vegetali, che su una retta di + 15,8 annuale, dovrebbe raggiungere il valore di mercato di 35,4 miliardi di dollari entro il 2027.
Con il graduale ritorno alla normalità, anche la colazione tornerà in auge, probabilmente afferrata da un finestrino drive-thru. Volendo riassumere, secondo Alicia Kelso, ai consumatori manca la cena al ristorante e non vedono l’ora di farvi ritorno, ma i loro comportamenti sono cambiati e non torneranno più come prima: una sfida non da poco per la ristorazione.
Fonte: forbes.com