A Giavera del Montello La Paterna è il regno di Giovanni Merlo che attraverso i suoi piatti esalta ogni singolo ingrediente valorizzando la cucina del suo territorio e regala gusti e sensazioni uniche anche ai palati più esigenti.
La Storia
Giavera del Montello, in provincia di Treviso, è un piccolo paese immerso nella natura del Montello, un rilievo percorso da tante intriganti stradine immerse nel verde di un paesaggio che è un mix tra collina e montagna. Un palato gourmet, trovandosi in questa zona non ha dubbi, sa benissimo quale strada percorrere per soddisfare i suoi desideri: quella che porta a La Paterna.Nata come agriturismo, in cui si assaporava la tipica cucina veneta-trevigiana, dal 2016 è diventata un ristorante dove la qualità della materia prima è il punto di partenza di ogni singola creazione dello chef Giovanni Merlo. Il nome, alquanto singolare, deriva dalla vecchia targa che si scorge all'entrata. “I miei genitori, che hanno acquistato questa casa circa 40 anni fa, pensavamo che quella targa fosse il nome della casa, in realtà abbiamo scoperto che era l’insegna di una delle prime assicurazione del passato, assicurazioni che in questi luoghi si stipulavano contro l’incendio, una rarità poterserla permettere, pertanto era sintomo di orgoglio appenderne all’esterno la targa ”, spiega lo chef Giovanni Merlo.
“Nel 2016 siamo diventati ristorante prima eravamo un agriturismo, un agriturismo un po’ sui generis perché proponevo una cucina più elaborata, per intenderci nella carta dei vini avevo anche lo champagne. Per queste scelte ero massacrato un po’ da tutti i miei colleghi della zona che mi dicevano: “Che razza di agriturismo è questo il tuo?”. Per questa particolarità, per la sua voglia di alzare l’asticella e di mettersi in gioco da anni Giovanni presentava alle istituzioni competenti la richiesta di trasformare La Paterna in ristorante, richiesta, che gli veniva sempre negata. “Penso di essere stato uno dei pochi pazzi del pianeta a voler passare da agriturismo a ristorante, date le agevolazioni e le sovvenzioni che si ricevono quando sei un agriturismo. Quella realtà che quando sono partito mi andava bene mi era diventata stretta, non mi sentivo libero di esprimermi come volevo. Finalmente nel 2016 ce l’ho fatta e La Paterna è diventata ristorante, giuro che mi sono praticamente messo a piangere quando è successo. Non è stato un semplice cambio di insegna, ma un vero turning point per me e per la mia cucina. Da quel momento ho cominciato a inserire in menu il pesce e tanti altre materie prime che prima non avevo”, confessa chef Merlo. “Non sono un’anima tranquilla, avevo bisogno di poter esprimere maggiormente la mia creatività e la mia voglia di fare. Sono un cultore, un ossessionato dalla qualità della materia prima, ho bisogno di costanza nella qualità. Dico sempre: criticatemi tutto, criticate la mia mano, criticate la mia cucina, ma non criticatemi la materia prima, perché su quella non sgarro mai”. Anche quando La Paterna era un agriturismo l'attenzione ai prodotti non era inferiore, infatti già allora Giovanni non si affidava alla grande distribuzione per gli acquisti enogastonomici con cui realizzare i suoi piatti. I polli, i fagiani, la selvaggina li reperiva tutta da suo fratello che allevava questi capi continuando l’attività di famiglia, pure le verdure erano selezionate da produttori locali, così come tutti gli altri ingredienti. Oggi quest’attenzione data ai prodotti è diventata, per Giovanni, davvero maniacale.
“A me piace scovare e affidarmi a produttori che hanno la mia stessa passione per il prodotto, che gestiscono i loro allevamenti in un certo modo che trattano il prodotto con la massima attenzione e con amore. Quando la materia prima è di qualità la devi lavorare poco, devi averne il massimo rispetto per poterla esaltare e valorizzare. C’è stato un periodo in cui mi sono spinto molto sulla tecnica, ma in breve tempo ho capito che quella non era la mia strada, la mia indole mi diceva che il mio percorso era un altro: ovvero puntare di più sulla qualità della materia che sulla tecnica. Ovviamente la conoscenza delle tecniche è fondamentale, ma trovo che sia centrale concentrarsi sulla materia prima, studiarla, annusarla, gustarla, soffermarsi sulle sensazione e sulle emozioni che riesce a trasmetterti.”
La Paterna, in tempi normali, ospita dai 45-50 commensali che riescono ad assaporare le creazioni di Giovanni e del suo braccio destro Irina Stratan. In brigata sono fisse tre persone e altre due si turnano. Il personale di sala è di grande competenza e sa come accogliere con discrezione ogni avventore trasmettendo però quel calore e quel senso di famiglia che da subito si percepisce varcata la porta del locale.
La cantina è un’altra grande passione di chef Merlo. Lo si deduce dando solo una fugace occhiata alla carta dei vini. “Non ho ancora capito se mi piace di più il cibo o il vino. Certo sono due cose che vanno assieme. Sono innamorato del vino, ho fatto i tre corsi di somellier, ma al di là di quello è la passione per il vino che mi spinge a puntare così tanto sulla cantina e ad essere orgoglioso delle etichette che posso proporre a chi viene a trovarci. Avrò 350 etichette circa e molte altre non le ho neppure in carta: spaziano dall’ Italia, alla Francia, alla Spagna, alla Slovenia, al Libano... Ho visitato quasi tutte le cantine di cui propongo i vini, mi diverte girare scoprire nuove realtà; nel cibo come nel vino devo trovare la sostanza”.
Chef
Non appena si comincia a chiacchierare con Chef Giovanni Merlo, re indiscusso dei fornelli de La Paterna, si percepisce il profondo legame che lo unisce al territorio in cui è nato e cresciuto e di cui vuole far conoscere ed esaltare i prodotti con il suo talento e la sua passione. “Fin da piccolo mi sono sentito parte di questa terra e della natura in cui è immersa. Mia madre e mio padre erano degli allevatori, avevano allevamenti di fagiani, di selvaggina, di lepri, di polli...con tre sedi dislocate in zona. Lavoravano molto e non avevano tanto tempo per stare a casa, mia madre quindi spesso per pranzo e cena ci proponeva pasti già pronti, devo ammettere, quindi, che in casa non è che si mangiasse benissimo”, confessa sorridendo Merlo. “Il sabato, però, andavamo dalle nonne da quella che ci abitava di fianco o da quella che abitava a Maser. Erano due cuoche eccezionali, dedicavano ore e ore a preparare il cibo per noi nipoti. Quando andavo a mangiare da loro mi sembrava di essere in paradiso. Attorno ai 10 anni in maniera del tutto naturale ho iniziato a mettermi accanto a loro mentre si muovevano tra i fornelli. Osservavo come facevano gli gnocchi, il pollo, le tagliatelle e piano piano ho iniziato a cucinare con loro e ho imparato a fare le tagliatelle, il sugo, il baccalà mantecato e altro. Così sono arrivato a 15 anni che a casa facevo io da mangiare. Cucinavo al posto della mamma praticamente e spesso accompagnavo mio padre quando faceva le cene con i suoi amici di caccia e anche lì non potevo non osservare ammaliato come trattavano la selvaggina”.Nessuna scuola alberghiera quindi per chef Merlo, ma solo un amore innato, una curiosità per gli ingredienti, per i sapori e gli odori che l'hanno portato ad essere il re dei fornelli de La Paterna. “Ho frequentato il liceo scientifico e poi all’Università mi sono iscritto a Nutrizione e Dietetica. Avrei voluto frequentare l’istituto alberghiero, ma i miei genitori me l’hanno impedito perchè lo reputavano una scuola per sbandati e per chi non aveva voglia di studiare. Ho preso quindi la licenza liceale e poi mi sono iscritto all’università. Nei tre anni del corso di laurea di nascosto andavo a lavorare in una paninoteca-pizzeria e ristorante dove facevo un po’ di tutto. Nel frattempo continuavo a bussare alle porte di molte “cucine” ma non mi voleva nessuno. Mi chiedevano: “Hai esperienza, hai fatto l’alberghiero, hai mai lavorato in cucina?” la risposta perciò era sempre no. Mi offrivo anche di poter lavorare gratis nel week end, ma nulla da fare”. Durante l’università, però Chef Merlo ebbe la fortuna di fare un Erasmus in Spagna che è stato determinante per la realizzazione del suo sogno.
“A Saragozza diciamo che ho fatto tutto tranne che frequentare i corsi; durante tutto il periodo ho dato un solo esame, ma ero al settimo cielo perchè ero riuscito ad essere assunto in un ristorantino in cui ho lavorato per tutti quei mesi. Rientrato in Italia mi sono laureato e lì mi sono trovato ad un bivio: faccio quello per cui ho studiato o mi dedico alla mia passione per la cucina? Fatalità i miei genitori che avevano questo stabile, una casa colonica di circa 120 anni, mi sono venuti in aiuto. Dal momento che mi piaceva cucinare e mi hanno proposto di aprire un agriturismo. Io semplicemente non vedevo l’ora”. Il 12 Ottobre del 2008, quindi La Paterna ha inaugurato la sua cucina. “Ho aperto un po’ allo sbaraglio. Preparavo i piatti che avevo imparato dalle mie nonne e nelle mie esperienze: le tagliatelle, gli gnocchi, il pollo “in tecia”, fegatini in saor...ma anche altri che avevo imparato in Spagna come le piedritas... Davvero è stato come un buttarsi in mare aperto pur di seguire la mia passione, sembrerà assurdo, ma all’inizio non sapevo nemmeno dell’esistenza della guida Michelin ero proprio allo sbaraglio”, dice sorridendo.
La vera svolta per chef Merlo è arrivata, però quando un amico cuoco l’ha portato a mangiare a Puos d’Alpago, alla celebre Locanda San Lorenzo, ristorante una stella Michelin. “Lì sono rimasto allibito, quella degustazione mi ha illuminato. Quella sera ho parlato con il sous chef Paolo Speranzon, ora mio grande amico. Come un bambino che chiede caramelle gli ho detto: “Senti ma se io mi prendo ferie e vengo a lavorare qui posso darvi una mano?” La risposta è stata ci pensiamo. Nel Gennaio 2009 mi sono preso le ferie per tre settimane e sono andato a lavorare nella loro cucina. Da quelle tre settimane ho portato a casa tanti e tanti appunti . Di giorno cucinavo e di notte scrivevo. Li è nata la mia passione per una cucina più evoluta e sofisticata”. Oggi, infatti, la cucina di Giovanni è sì, una cucina legata alla tradizione, ma rivisitata, raffinata. Dall’esperienza alla Locanda San Lorenzo, infatti, chef Merlo ha cominciato a girare ristoranti stellati a conoscere chef e confrontarsi con loro continuando ad apprendere e affinare le tecniche. “Le amicizie sono state fondamentali. Grazie al confronto un po’ impari, un po’ rubi, ti consigli, ti evolvi. Così sono riuscito a scoprire e rafforzare la mia identità dietro ai fornelli”. Altra conoscenza ed esperienza fondamentale per chef Giovanni è stata l’impegno al ristorante Omar di Jesolo. Da quel momento confessa di aver iniziato a cucinare il pesce e a introdurlo nel menu de La Paterna.
I Piatti
La cucina di Chef Merlo, ora, è una cucina molto personale, di sostanza e di qualità. Giovanni non è interessato all’effetto “show”, il suo obiettivo, infatti è che il commensale si stupisca quando assaggia le sue creazioni vere, originali, fresche.Se gli si chiede qual è il piatto più rappresentativo de La Paterna non riesce a citarne solo uno, ma almeno tre: “Nel menu attuale sicuramente il fegato, rappresenta la mia filosofia di pensiero, infatti, è talmente sobrio che quando lo assaggi non è possibile non carpire la qualità e la mia attenzione verso la materia prima. Semplicità, gusto, materia prima di massima qualità sono elementi che mi danno soddisfazione e mi rendono orgoglioso del mio lavoro. Non posso scordarmi del sandwich di tartare, essenzialmente per due motivi: primo perché la carne si scioglie in bocca, non perde una goccia di sangue, ha una consistenza semplicemente perfetta, poi perchè è un po’ un omaggio alla Locanda San Lorenzo, dove per la prima volta ho mangiato un sandwich di cervo, foies gras avvolto nella bieta… Era, ovviamente, un piatto diverso. Personalmente ho voluto farlo alla mia maniera, molto più semplice e ha avuto un grande successo da subito. Infine, l’altro piatto che non può mancare nel nostro menù è il baccalà mantecato di nonna Elvira. In questi 12 anni, ho sperimentato tantissime ricette di baccalà mantecato, ma negli ultimi due, tre anni mi sono bloccato. Ho capito infatti che mi riesce meglio quello che realizzo seguendo la ricetta di mia nonna. Ho dovuto, però sperimentare prima di capire che quello era il procedimento giusto. La difficoltà è stata capire che il risultato finale dipende tutto dalla qualità del baccalà. Non capivo perchè non avevo costanza nel risultato, la risposta poi è venuta da sè: non avevo costanza sul prodotto. Ancora una volta la mia fissa nel pretendere la massima qualità del prodotto si è rivelata la carta vincente”.
Il menu alla carta de La paterna propone: 5 antipasti ad un prezzo che va dai 12 ai 15 euro, 5 primi dai 15 ai 17 euro, 6 secondi tutti al prezzo di 23 euro e 6 dolci dai 5 agli 8 euro.
É possibile, inoltre, scegliere un menu degustazione di 6 portate al costo di 60 euro.
Pane lievito madre nostro tostato con brace e baccalà mantecato: un piatto che sa di famiglia, il baccalà mantecato ha una consistenza perfetta grazie alla ricetta di nonna Elvira
Pan Bao con cotechino, chiodini, spuma di patate e rafano: una rivisitazione del pan bao che però rievoca la tradizione e il territorio data la presenza del cotechino e del rafano
Sopa coada: più tradizione di così non si può, il tipico piatto trevigiano rispetta la tradizione, ma con una leggerezza inaspettata
Sandwich di tartare di fassona: piatto iconico de La Paterna, il sandwich di fassona ha una consistenza semplicemente perfetta accompagnato da un’insalatina di rosa di Trieste che bilancia perfettamente il protagonista della portata
L’ovetto golosa: cotto a bassa temperatura con il guscio e poi fritto è diverso da tutti gli altri ovetti pochè mai assaggiati sia nella forma che nella consistenza
Cappelletti con cime di rapa, acciuga del Cantabrico, crema di topinambur e bottarga: piccolissimi cappelletti realizzati magistralmente e conditi con ingredienti combinati in un mix dal perfetto equilibrio
Risotto alla beccaccia e tartufo bianco: un risotto a dir poco sorprendente che è una vera goduria per il palato riuscendo ad esaltare sia la selvaggina che il tartufo bianco
Fondente di lingua e coda di vitello con tartufo, purè e salsa alla vaccinara: lingua cotta in modo impeccabile che letteralmente si scioglie in bocca
Assaggio di fegato sanato con cipolla in agrodolce: la “semplicità” di questo piatto riesce ad esaltare ai massimi livelli la materia prima che ne è la protagonista indiscussa
Dolce montebianco: un dessert non dolce i cui ingredienti sono una frolla fermentata, castagne in “tecia”, spuma di Gorgonzola e tartufo bianco
Indirizzo
Ristorante La PaternaVia A.Carretta, 34 - Giavera del Montello 31040 (TV)
Email: info@ristorantelapaterna.com
Tel. +39 347 7118124
Il sito web