I protagonisti dell'enogastronomia Chef

Per 30 anni al fianco di Santi Santamaria: Xavier Pellicer, come un sous-chef é diventato chef

di:
Alessandra Meldolesi
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Vegetale e scarto zero, sinergia con gli agricoltori, tecniche avanzate e cultura ayurvedica: così lo storico secondo di Santi Santamaria ha aperto la sua strada in cucina.

La Notizia

“Una mattina mi sono alzato, mi sono guardato allo specchio e mi sono reso conto che non avrei potuto sostituire Santi, che non era la mia intenzione, che volevo continuare a essere me stesso”. È così che Xavier Pellicer, per oltre trent’anni spalla di qualcun altro, racconta il momento della svolta, quando ha deciso che sì, avrebbe avuto un posto proprio, che portasse il suo nome, premiato nel 2018 quale miglior ristorante vegetariano del mondo dalla guida We’re Smart.


In tavola però non arrivano banali piatti di verdure: Pellicer è un fautore della circolarità e dello scarto zero. Del porro, per esempio, non butta via un grammo: nei suoi piatti c’è tutto, bianco, foglie verdi e perfino radici, perché crede nel tema dell’amputazione del vegetale, il quale non reagisce al taglio del coltello tanto diversamente dal nostro dito quando sanguiniamo e proviamo dolore. Altrettanto cruciale è la digeribilità dei piatti, importante quanto la qualità di ciò che si ingerisce. Concetti che ha fissato in un libro uscito di recente, Healthy Kitchen.

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A scatenare il cambiamento è stata la morte del grande chef Santi Santamaria: un periodo maledetto, segnato dalla perdita di una stella Michelin e dall’acquisizione di “abitudini poco sane”. Da quel momento la decisione di voltare pagina. Pellicer ha iniziato a seguire corsi di agricoltura biodinamica, durante i quali ha conosciuto Angela Sanz della Scuola Internazionale di Cultura Ayurvedica. “Mi ha detto che non stavo bene e che mi poteva aiutare e da quel momento ho scoperto cosa fossero il mondo e la cultura ayurvedica”. Ne è nato uno studio appassionato, che trova applicazione nei piatti odierni. “Cerco l’energia, il rispetto assoluto del prodotto vegetale; voglio che sia sostenibile, non per moda, ma perché credo che faccia la differenza”.

Nel 2005 è la volta di Celeri, con la sua triplice proposta vegana, vegetariana e con proteine (entro la soglia del 10%), uno spazio che definisce “esclusivo ma non escludente”, dove lo sforzo è quello di adeguarsi a intolleranze, idiosincrasie, preferenze dell’ospite. La logica conseguenza è il Ristorante Xavier Pellicer, aperto tre anni fa a Barcellona senza il concorso di soci, in piena libertà e con la facoltà di esprimersi senza vincoli.


Prendiamo l’avocado: trasportato nella paglia dalla Finca San Antón a Malaga, non tocca frigorifero; viene offerto al punto di maturazione ottimale, semplicemente passato sulla brace, tal quale. “In questo modo è lui a parlare. La cosa bella è che quando la gente lo prova, dice che non ha mai mangiato un avocado del genere. Ed è logico perché ogni avocado è unico e ha una ricetta unica, individuale; se viene trattato come si deve e come merita, ovvero come un essere vivente, tutto il resto viene di conseguenza”.

Un altro hit è il cavolfiore, cotto nel forno a pressione, che fissa colori, testure, nutrienti, e ridotto in purea, una semplice emulsione all’extravergine. “Il mondo vegetale ti regala le sfumature che vuoi, più che mai oggi con le tecniche di cui disponiamo, affumicatura, fermentazione, essiccatura, macerazione, infusione…” Mentre la proteina animale continua a non superare il 30% del piatto, chiave della digeribilità secondo la dottrina ayurvedica.


La sinergia con i produttori è serrata: ci sono ortaggi, come la scorzobianca, che vengono coltivati in biologico esclusivamente per Pellicer; ma in generale a ogni cambio di stagione vengono analizzati insieme i prodotti su cui lavorare. Gli agricoltori stessi hanno sviluppato l’interesse a sviluppare novità e lavorarle nel punto della loro massima espressione.

Nemmeno in Spagna, lamenta lo chef, gli aiuti per fronteggiare la pandemia sono stati sufficienti: si è trattato in larga parte di prestiti, mentre la chiusura è durata oltre 10 mesi. Attualmente il ristorante è aperto a pranzo per quattro servizi a settimana, senza doppio turno che inficerebbe la qualità e l’immagine conquistate finora. A spopolare, racconta Pellicer, è il menu di 5 piatti a 50 euro, ma l’attesa è tutta per la riapertura a cena.

Fonte: 7canibales.com

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