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Diversificare la stella Michelin: Matias Perdomo non solo Contraste, tutti i concept rivoluzionari

di:
Alessandra Meldolesi
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simon press thomas piras e matias perdomo 768x512

Una vera e propria impresa gastronomica quella messa in piedi da Perdomo, Press, Piras e soci, che va ben oltre lo stellato Contraste. Tutti concept di successo che stanno rivoluzionando la città milanese.

I Concept

Chi non ricorda le dirette di Matias Perdomo durante il lockdown dello scorso anno? Fra le quattro mura bianche del suo appartamento, lanciava ironici messaggi nella bottiglia dei social. Ma la sua testa, fra una diretta e l’altra, non ha smesso di girare. Ora che si approssima la riapertura, lo showdown svela progetti avviati e in itinere, per i quali la pandemia ha svolto la funzione di acceleratore. Di certo non è mancato il tempo per sognare con i sodali Simon Press e Thomas Piras. “A muoverci è stato innanzitutto il desiderio di mantenere unita, motivata e attiva la nostra squadra, che altrimenti si sarebbe dispersa, come sta avvenendo in giro; poi ciascuno rientrerà al suo posto e assumeremo gente nuova. A questo scopo abbiamo messo a punto concept ben definiti e separati, che non potessero essere confusi con Contraste”, spiega Matias.


C’è innanzitutto Abere, distribuzione di vini del mondo in esclusiva, nata un anno e mezzo fa. Se ne occupa in prima persona Thomas Piras: “Io e il vigneron Marco Tinessa siamo amici di degustazione prima che soci e ogni domenica avevamo un appuntamento per degustare alla cieca: ci vediamo a bere? Da cui il nome. Non si tratta di un e-commerce, ma di un progetto di distribuzione e importazione rivolto a enoteche e ristoranti, quindi a professionisti che possano trasmettere il messaggio al cliente. Attualmente contiamo una ventina di aziende per un centinaio di etichette, tutte in esclusiva, e copriamo 6 regioni, ma intendiamo ampliarci. Il nostro obiettivo è capire quale sarà il mondo del vino fra 10-15 anni: stiamo lavorando tantissimo con produttori spagnoli, ormai distanti dal cliché di un tempo in direzione di una maggiore leggerezza. Poi il pinot nero di un produttore tedesco, forte di un terreno identico a quello della Borgogna, ‘favorito’ dal surriscaldamento climatico. Grandi degustatori e sommelier potrebbero confonderlo con un blasone francese, ma la fascia di prezzo è democratica. I nostri prodotti, tutti usciti da piccolissime aziende che lavorano in modo ‘naturale’, oscillano fra i 9 e i 20 euro”. 



Segue in ordine di tempo il secondo concept di Exit, Exit Pastificio Urbano, ristorante dedicato all’icona italiana pronto per l’apertura. “Amo così tanto la pasta, da dedicarle un ristorante tutto suo”, riprende Matias. “Da Contraste ha sempre rappresentato un problema gestionale, per la preparazione espressa che blocca la fluidità della cucina e per la porzionatura, nel senso che 60 grammi di carboidrati sbilanciano il menu. Questo è il contrappasso. Come sempre, abbiamo cercato un’identità ben definita: dopo il chiosco atipico, che ha ripopolato una piazza dimenticata con la grande cucina di Claudio Rovai, un ristorante con tutti i crismi, aperto in quelli che erano gli spazi di una latteria, con il bancone in stile londinese per i cocktail. Ci sono gli antipasti, in liaison con Exit, vedi acciughe, foie gras, grandi formaggi e salumi; ma mancano i secondi.


Il claim è proprio ‘Secondi a nessuno’. In carta figurano una quindicina di paste secche, fresche, ripiene, asciutte e non provenienti da tutte le regioni italiane, per un prezzo compreso fra 15 e 18 euro. Gli spaghetti alle vongole sono quelli che tutti conosciamo, con la grammatura e la soddisfazione del piatto pieno”.


È invece aperto dal 4 dicembre il locale di street food argentino Empanada del Flaco, arredato nei colori sgargianti del quartiere Boca. “Io e Simon avevamo un sogno nel cassetto: portare un po’ di America Latina, nella fattispecie Argentina, a Milano. Abbiamo puntato su un cibo di strada alternativo alla pizza, che le persone non conoscevano ancora. Perché al ristorante argentino magari ti danno un’empanada come antipasto, mentre noi ne prendiamo un assortimento e ci facciamo tutto il pasto. Abbiamo trovato un locale che si liberava nel centro di Milano e abbiamo colto la sfida di metterci in gioco senza il legame del rapporto umano. Nel senso che in un sacchetto, con un calzone da 80 grammi, dobbiamo infilare amore, know-how, filosofia. Noi non siamo presenti, né c’è un servizio di degustazione, anche se sono disponibili 15 sedute per un consumo mordi e fuggi, quando consentito, oltre ad asporto e delivery. Siamo partiti dai gusti classici sudamericani: manzo, verdura, formaggio, pesce, pollo, verdure. E vorremmo aprire altri punti vendita, prima a Milano, poi chissà”. Il prezzo delle empanadas, rigenerabili il giorno dopo, è di 3,5 euro al pezzo. 


C’è infine ROC, Rosticceria di Origine Contraste. “In questo caso volevamo resuscitare la rosticceria di quartiere anni ’80, che non esiste più. Un tempo era il luogo dove rifornirsi di piatti cucinati non da uno chef, ma da un cuoco. La nostra scelta è fra una ventina di possibilità: 4 pesci, 4 carni, 4 verdure, 4 dolci e una pasta, per non entrare in competizione col secondo Exit. Sono tutti venduti in vaschette monoporzione biodegradabili da riscaldare in casa, con la cottura fermata un attimo prima. La complicazione più grande è stata proprio ridimensionare l’ego dello chef, privilegiando la bontà sulla bellezza. Ma la sorpresa è che poi la gente impiatta, recuperando quel valore aggiunto che nel delivery si perde. Gli ordini vanno inoltrati il giorno prima, in modo da poter organizzare la cucina e non dipendere dal mercato dell’ultimo minuto. Ma la shelf-life è di 48 ore. In questi giorni stiamo lavorando al prossimo menu, che durerà altri tre mesi, con gli stessi produttori di Contraste e di Exit”. Il prezzo di una vaschetta oscilla fra 8 e 13 euro, secondo gli ingredienti. 

Contraste restaurant - foto © 2016 Guido De Bortoli - www.gdbstudio.com




“Tutti questi concept sono destinati a restare: il momento di fermo ci ha paradossalmente indotto ad accelerare, ma abbiamo sempre avuto voglia di creare a tutti i livelli. Non a caso il laboratorio di produzione da cui si dipartono è nato due anni fa, prima della pandemia. Roc è tutto nostro, a Empanada hanno contribuito amici soci, ma in generale questo è il momento meno duro per trovare dei fondi.


Il minimo comune denominatore con Contraste è una linea di cucina comprensibile alla gente, fatta di gioco, divertimento e memoria del gusto. Non è nei miei canoni estremizzare. Sono convinto che presto la ristorazione tornerà a brillare di luce propria: le persone non vedono l’ora di rimettere i piedi sotto il tavolo ed è nostro dovere fare in modo che vivano un momento indimenticabile. Ma anche Contraste farà tesoro di queste esperienze. Proprio l’evoluzione messa in moto dalla diversificazione mi ha fatto capire che posso diversificare anche Contraste, aumentando l’esperienza in un modo che non posso ancora anticipare. Perché tutto ciò che è cucina alimenta”.

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