“La creatività è oggi un concetto feticcio, abusato e banalizzato, che finisce per conformare e confondere le nostre vite”. La pensa così Toni Segarra, uno dei giornalisti spagnoli più influenti della nazione. Che oggi rinfocola il dibattito sul futuro della cucina d’avanguardia dopo la chiusura di elBulli.
La Notizia
Stimolato dal documentario Detras di Jorge Martinez, dedicato ai sous-chef dei grandi ristoranti spagnoli, Toni Segarra su La Vanguardia se la prende con alcuni cliché del dibattito gastronomico (non solo spagnolo). In primo luogo, che l’alta cucina sia creatività, avanguardia, originalità o non sia; in secondo luogo, come conseguenza diretta, che dopo la chiusura di elBulli non ci sia più stato niente di tutto questo, che valga davvero la pena, solo una terra desolata popolata di orfani. La conclusione obbligata sarebbe che gli chef spagnoli si sono imborghesiti e non danno più un gran contributo.Attenzione, sostiene, perché la creatività è in ogni campo uno strumento per qualcos’altro, non certo un fine in sé. Perfino i pubblicitari, che si definiscono “creativi”, la usano come strumento per vendere. “La creatività è oggi un concetto feticcio, abusato e banalizzato, che finisce per conformare e confondere le nostre vite… Creatività, d’accordo. Ma a che scopo? Parliamo di questo”.
È pur vero, prosegue Segarra, che i cuochi iberici sono stati protagonisti di un’impresa storica: va loro riconosciuto di aver cambiato la cucina mondiale, facendo del paese il punto di riferimento in un settore di enorme rilevanza. Lo hanno fatto usando la creatività, per cucinare. Ma il mezzo non va confuso con il fine, l’impulso con il risultato. “Bisogna capirlo prima che questa ossessione si trasformi in una malattia pericolosa”.
Come tutte le rivoluzioni, anche quella di elBulli ha avuto il senso di aprire una nuova epoca, non di perpetuarsi. “La rivoluzione della libertà (rivoluzione generosa, che aprì cammini e regalò fiducia) ha trasformato in autori tutti gli chef desiderosi di esprimersi attraverso il linguaggio della cucina. Hanno messo in pratica la loro creatività e hanno cucinato come non era mai stato fatto in tempi recenti”. Da qui lo storico titolo del New York Times, dedicato alla Nueva Nouvelle Cuisine, che ormai quasi vent’anni fa certificava agli occhi del mondo una primazia indiscutibile. Supremazia che la Spagna, secondo Segarra, sta mettendo a repentaglio attraverso condotte autolesioniste, da correggere immediatamente, nonostante l’abbondanza di talenti.
Queste le conclusioni: “L’accumulazione di talenti causata dalla rivoluzione bulliana è incommensurabile. Generazione dopo generazione, il paese si è riempito di tavole di straordinaria brillantezza. Tuttavia, non ci sono novità, è vero. O ben poche. Adesso ci sono principalmente perfezione e profondità, che è il passo successivo di qualsiasi rivoluzione che voglia avere successo. La perfezione puntella e rende duratura la rivoluzione iniziale. E anche questa è creatività, forse nella sua massima espressione. Quello che c’è sono stili. Smettiamo di parlare di creatività, di innovazione intesa come invenzione o come assurda originalità. Questa ossessione blocca, castra, angustia e deprime. Oggi ci sono autori che si esprimono con libertà e perfezione. Questo è il grande contributo spagnolo. In nessun luogo ce ne sono così tanti e in nessun luogo sono migliori".
"Di fronte alla Venere allo specchio di Velazquez, alla Maja desnuda di Goya, alla Venere di Urbino di Tiziano o a un nudo di Modigliani non ha molto senso parlare di originalità: hanno dipinto tutti la stessa cosa. Ma nessuno mette in dubbio la caratura straordinaria di ogni opera. C’è uno sguardo distinto, un’approssimazione personale, uno stile. E creare uno stile è forse il massimo esercizio di creatività. Trovare un modo unico di esprimere i contenuti di sempre”. Un allarme centrato e calzante, oltre qualche sciovinismo di troppo, che potrebbe essere esteso a una generazione di talenti, che rischiano anche in Italia di essere oscurati da un paradigma critico farlocco.
Fonte: 7canibales.com