Alle Olimpiadi di Tokyo 2020 i pasti stanno avanzando: troppo cibo e poco tempo per mangiare. Per fortuna, gli organizzatori hanno trovato una soluzione. Riusciranno a risolvere il problema?
La notizia
Che questi giochi siano diversi da tutti gli altri, è un’evidenza innegabile. Organizzati in piena pandemia, fra mille restrizioni, rappresentano un baluardo di festa nel new normal. Food & Wine evidenzia un’ulteriore anomalia, concernente questa volta l’alimentazione degli atleti. La ristorazione è il settore che con lo sport ha patito le maggiori restrizioni. Che cosa resta a disposizione dei 18mila atleti per sfamarsi dopo i loro titanici sforzi?Di fatto i ristoranti giapponesi per loro sono off limits a causa di restrizioni, che ne proibiscono l’accesso: agli atleti non resta che la mensa del villaggio. Anche se il suo debutto non è stato dei migliori: ben 4000 su 10mila bento, le schiscette giapponesi, sono finite ad alimentare bestiame o produrre biomassa, a causa degli errori di valutazione degli organizzatori, che hanno chiesto scusa per il gigantesco spreco.
Erano destinate ai volontari, in larga parte troppo impegnati per concedersi una pausa e comunque sovrastimati. I pasti serviti ogni giorno sono comunque 48mila, con 700 opzioni, per la prima volta anche gluten free, e fino a 2000 addetti.
Lo sforzo è quello di trasmettere il vero gusto del Giappone, ma gli stili di cucina sono tre, giapponese, occidentale e genericamente asiatico (che sta per Cina, India e Vietnam). Mentre gli ingredienti arrivano da tutte le prefetture del paese.
Largo quindi a ramen, udon, wagyu e tempura di pesce e verdura, mentre non c’è posto per il sushi se non con pesce cotto per ragioni di igiene. Gli atleti hanno mostrato comunque di gradire, postando sui social le loro recensioni entusiastiche di gyoza e affini.
Foto di copertina: Crediti Reuters
Fonte: foodandwine.com