Un piatto cult preparato con 7 tipi di aromi diversi e ultimato sulla brace per conferire allo spaghetto una croccantezza fuori dal comune: la ricetta originale della celebre cacio e pepe stellata di Errico Recanati.
La ricetta della Cacio e 7 pepi di Errico Recanati
Il piatto
Era il 2011 quando Errico Recanati, erede della leggendaria Andreina, mise piede per la prima volta da Etxebarri, scoprendo che un’altra brace era possibile. “Victor Arguinzoniz ha il merito di avere introdotto e sviluppato la tecnica nell’alta ristorazione e in questo senso mi ha aperto la mente”, racconta. “Avrei voluto fermarmi in stage, ma è risultato impossibile”. Forse è stato meglio così, perché l’idea si è cucinata da lontano come le sue faraone. E se il basco aveva accomodato sopra astruse ferraglie di tutto, perfino ostriche e caviale, c’era un ambito del commestibile cui la camminata sui carboni poteva ancora essere estesa: i primi piatti italiani.
È così che oggi l’icona di Recanati sono gli spaghetti alla brace, che alcuni giudicano i migliori in circolazione. La ricetta è nata 5 anni fa da una montagna di prove: tutte le marche, tutti i formati, tutte le cotture e le loro combinazione. Fino alla soluzione definitiva, lo spaghettone Benedetto Cavalieri, unico idoneo per tenuta e grano alla triplice, anzi quadruplice cottura.
Prima la lessatura lunga 5 minuti, poi il passaggio in un bagno di acqua a 55-60 °C per qualche minuto, volto a evitare lo choc del raffreddamento e scaricare gli amidi, quindi la stesura su placche e il passaggio sulla brace per 5-7 minuti alla distanza di 18 centimetri, con l’ausilio di una griglia fine e di un cappello, sorta di cloche che concentra e dosa i fumi di 7 legni aromatici dell’Appennino.
Per finire la mantecatura in padella. Il condimento è una classica cacio e pepe, con il Pecorino di fossa marchigiano di Emilio Spada, il Parmigiano 24 mesi da vacche bianche e una cuvée di 7 spezie (nero di Sichuan e Sarawak, Timut nepalese, lungo dell’Himalaya, selvatico del Madagascar, bianco indonesiano, verde vietnamita) più aromatica che piccante, che allunga e previene la stanchezza. Rôtisseur per DNA e per vocazione, Recanati conosce bene il mondo del pepe dall’uso consolidato sulle carni.
Il risultato è una ricetta ardente, che chiama un bicchiere altrettanto focoso. Per esempio, un Cesanese Cirsium di Damiano Ciolli, dotato di alcol, frutto e tanta struttura.
Ma lo studio ferve anche su altri primi: è entrata e uscita dalla carta la amatriciana; poi c’è la carbonara, quasi pronta in versione dolce, con i paccheri cotti in uno sciroppo di agrumi speziato, affumicati, essiccati e fritti, sulla falsariga di tradizioni dimenticate del centro Italia. E ancora lo gnocco di patate cotte sotto la cenere, farcito con lepre in salmì, cotto alla brace e servito con cicoria amara e kefir.
La ricetta della Cacio e 7 pepi di Errico Recanati
Ingredienti
100 g a persona di spaghetti Benedetto Cavalieri
70 g di Pecorino di fossa
60 g di Parmigiano 30 mesi
Miscela di pepi (nero di Sichuan, nero di Sarawak, Timut nepalese, lungo dell’Himalaya, selvatico del Madagascar, bianco indonesiano, verde vietnamita)
Procedimento
Cuocere gli spaghetti in acqua bollente per circa 8 minuti. Metterli in acqua a 60 °C per 5 minuti e poi in acqua fredda per fermare la cottura. Ripassarli alla brace per 6 minuti con la tecnica del cappello per intensificare calore e profumi.
Fare la crema di formaggi con il Pecorino di fossa, il parmigiano e un po’ di acqua di cottura della pasta. Mantecare il tutto: pasta, crema e miscela di pepi a piacimento. Infine, servire con Pecorino di fossa grattugiato fresco e pepe.
Indirizzo
Ristorante Andreina
Via Buffolareccia, n 14 – Loreto (AN)
Tel.+39 071.970.124
Mail info@ristoranteandreina.it
Il sito web