Ha conquistato la piazza di Buenos Aires con un format “casual fine dining” e una cucina “indie”, fondata sulle contaminazioni. Ecco chi è Julio Báez, catapultato dai 50 Best nell’empireo latinoamericano.
La notizia
La scena gastronomica argentina continua a crescere grazie a una nidiata di giovani talenti. L’ultimo è Julio Báez, che dopo essersi fatto notare da Julia, il suo primo, raccolto “casual fine dining”, ha appena aperto un secondo locale da settanta coperti, Franca. Un esempio di imprenditorialità, oltre che di cucina, visto che tutto si regge sulle sue forze.
@Fernando de la Orden
Sono stati i risparmi a consentirgli di aprire Julia. “Avevo trentatré anni e potevo perdere tutto. Avevo messo insieme una piccola somma lasciando l’hotel Sofitel, nutrivo fiducia nelle mie capacità professionali. Ho iniziato da solo in cucina con una persona in sala. Grazie a questa struttura minima, non avevo bisogno di fatturare molto: il break even per poter sopravvivere era di 5 coperti al giorno”.
Oggi la squadra conta sei persone, ma la cucina mantiene il suo stile “indie”, che significa innanzitutto sentimento di libertà nel combinare influenze asiatiche, americane ed europee. Né sono aumentati i coperti, fermi a quota 22 per servizio, 440 al mese, cosicché sedersi è diventata un’impresa. “Nel 2022 siamo entrati nei 50 Best Latin America e nel sito abbiamo totalizzato 11.400 prenotazioni in un’ora. Significa essere pieni per due anni interi”.
Un piatto di Julia Buenos Aires
Da qui la decisione di aprire un secondo locale in società con Martin Feler, Franca, dove officiano la sommelier Delvis Huck e la resident chef Mercedes Ferraro. “Con Julia ero felice, ma sono in affitto da quando ho diciott’anni e sarebbe bellissimo un giorno avere una casa di proprietà. Per riuscirci dovevo trasformarmi in ristoratore. Nel contempo ogni cuoco ha sempre idee che non sa dove applicare. Franca è la risposta”. L’offerta oggi affianca al vino (15 calici e 90 bottiglie scelte da Delvis) una proposta gastronomica ispirata alla brace, servita al bancone. “Per me tutti i ristoranti in Argentina dovrebbero prevedere il fuoco di legna, parte del nostro DNA. Facciamo tanto vegetale, con un po’ di carne e un po’ di pesce e il fuoco come fattore di trasformazione”.
Sebbene i piatti, in versioni diverse, possano circolare osmoticamente da una parte all’altra, i concept restano ben distinti. “Da Julia siamo ossessionati dal dettaglio. Ne parlo sempre con i cuochi: in Argentina usiamo tutti più o meno gli stessi prodotti, secondo la stagione, dagli asparagi di San Juan ai carciofi di La Plata; la differenza viene da quel che crei con ciascuno di essi. Da Julia ci adoperiamo affinché il piatto sia bello, preciso, creativo e la tecnica ben lavorata. Soprattutto deve risultare gustoso”.
@Fernando de la Orden
A trentasette anni Báez guida una generazione che si trova ad affrontare cambiamenti tumultuosi, cominciando dalle relazioni di lavoro. “Cerco di essere giusto: sono patron da quattro anni, ma ho passato molto più tempo dall’altra parte, quella dei dipendenti. E so che chi viene a lavorare, dopo vuole avere una vita. È la normalità, ciò che auspichiamo tutti quanti. Guadagnare abbastanza denaro per vivere e avere tempo per gli amici o la famiglia, io personalmente non chiedo di più”. E di fatto le giornate di lavoro da Julia non oltrepassano mai le nove ore, ma anche da Franca l’obiettivo non cambia. “So cosa significhi lavorare quindici ore di fila, l’ho fatto per molti anni ed è quello che mi ha portato fin qui, non mi lamento. Credo che da giovani non manchi la corda. So che si cresce lavorando, soprattutto in cucina, dove conta la ripetizione. Ma capisco anche che dopo la pandemia il paradigma stia cambiando. Per questo in tanti hanno problemi di personale”.
Fonte: Siete Canibales
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Foto di copertina: @Fernando de la Orden
