Lo chef Martin Ruffley è riuscito a superare la sua dipendenza dall’alcol grazie alla passione per la cucina. Oggi sensibilizza i giovani, insegna psicologia e scrive libri di ricette: ecco come ha fatto a voltare pagina.
La notizia
Ricette e tecniche di cucina apprese durante i suoi viaggi in giro per il mondo occupano solo alcune delle pagine del nuovo libro dello chef Martin Rufley. Rekindling the Fire: Food and the Journey of Life- questo il titolo della sua ultima pubblicazione- racconta infatti la vita e il difficile percorso dello chef nella lotta contro l’alcolismo grazie al suo amore per la cucina. “Vorrei dire a chiunque soffra di dipendenza -e, di solito, queste persone sono anche estremamente creative- che bisogna trovare qualcosa a cui dedicare la propria energia; per gli chef, ovviamente, è cucinare e imparare tutto ciò che si può sul cibo. Vi aiuterà", assicura.Quello di chef Rufley è un viaggio nel mondo della cucina iniziato presto, passando per ristoranti come Maaemo, tre stelle Michelin, Hibiscus e Ora, due stelle a Helsinki, ma altrettanto presto è iniziata anche la sua dipendenza dall’alcool. “Ho iniziato a bere presto, verso i 13 anni. Intorno ai 20 la situazione è precipitata: fra ricoveri ospedalieri, problemi con la giustizia e di ogni altro genere, avevo intrapreso una strada terribile. La dipendenza aveva rovinato la mia salute mentale, ero paranoico perché non sapevo cosa stesse succedendo, non ero padrone di me stesso. Diverse volte mia moglie mi ha cacciato di casa, portato in tribunale e così via... molti della mia famiglia non volevano più vedermi".
Rufley ha lavorato per anni come cuoco nell'esercito irlandese. La sua passione per il cibo e la sua abilità in cucina hanno mascherato a lungo la sua dipendenza, così una volta in pensione ha deciso di andare in Australia per un nuovo inizio, ma quel periodo lo ha portato nuovamente lungo un sentiero oscuro.
“Gli ultimi anni sono stati i peggiori. Prima cercavo di limitarmi per non perdere mia moglie, ma al punto a cui ero arrivato nulla contava più nulla. Il bere peggiorava sempre di più, quindi sono tornato a casa: ero solo, pieno di solitudine e senso di colpa. Mi sono reso conto di essere a un bivio, davvero. Non potevo vedere la mia vita con l'alcol e non potevo vedere la mia vita senza alcol. Poi una mattina mi sono alzato e ho pensato: ‘Non ce la faccio più’”.
Pian piano, grazie alle cure e alla sua passione per la cucina -coltivata fuori dall’ambiente di lavoro- chef Rufley è guarito. Non è stato facile, ma ha cambiato la sua vita. Oggi si offre volontario per aiutare i giovani e alla fine ha completato un dottorato di ricerca in psicologia. Il suo obiettivo? Sensibilizzare il mondo della ristorazione -in particolare i giovani chef- verso la dipendenza da alcol e droghe.
Fonte: finedininglovers.com