Autodidatta barlume di genio, Marc Meneau (1943–2020) ha trasformato il café-épicerie materno in un tempio culinario, L’Espérance, conquistando tre stelle Michelin (1983) e un punteggio di 19/20 su Gault & Millau, plasmando la cucina francese con profondità, rigore e poesia.
Nato ad Avallon (Yonne) il 16 marzo 1943, Marc Meneau è cresciuto a Saint‑Père‑sous‑Vézelay, figlio di un artigiano del cuoio e di una madre che gestiva un bistrot-epicerie. Sebbene abbia frequentato la scuola alberghiera di Strasburgo nel 1961, il suo apprendistato fu soprattutto autodidatta, alimentato dalla lettura dei classici dell’alta cucina francese come Apicius, Taillevent, Brillat‑Savarin e Carême.
Con la moglie Françoise, figlia di una famiglia di ristoratori, trasformò nel 1966 quel piccolo locale nel ristorante L’Espérance. Qui iniziò un’intensa attività creativa: primi riconoscimenti arrivarono già nel 1972 con la prima stella Michelin, seguita da una seconda nel 1975. Il 1983 fu un anno di apice: Meneau venne eletto Meilleur Cuisinier Français de l’Année, ottenne la terza stella Michelin e il punteggio di 19/20 su Gault Millau.
Appassionato della sua terra, piantò 16 ettari di vigna per valorizzare l’appellation Bourgogne‑Vézelay e sviluppò un orto biologico certificato all’interno della proprietà. Nel 1999 perse la terza stella, ma la riconquistò nel 2004.
Nel 2003 inaugurò “l’EntreVignes”, un bistrot di viticoltori di fronte a L’Espérance, su suggerimento di Serge Gainsbourg, fervente frequentatore e amico. Fondo poi un complesso gastronomico e ricreativo con François Schneider, ma finì in grave crisi finanziaria: nel 2007 l’azienda venne liquidata e L’Espérance cancellato dalla guida Michelin, per riapparire l’anno dopo con due stelle. Nel 2015, debiti per circa 7 milioni lo portarono nuovamente alla liquidazione; l’anno seguente, Alain Ducasse e Guillaume Multrier acquistarono l’istituzione.
Uomo riflessivo, a tratti fragile, rifuggiva le impalcature del palcoscenico culinario, ma amava “nutrire la mente” attraverso la cucina e sentirsi parte di un racconto storico e culturale. Fondamentali furono anche i suoi contributi al cinema: ideò i sontuosi banchetti del film Vatel (2000) e il balletto dei buffet in Marie Antoinette (2006), firmato da Sofia Coppola.
Morì l’9 dicembre 2020 ad Auxerre, colpito da un cancro, lasciando un’eredità che celebra la cucina come memoria, territorio e parola narrativa.