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Cronoscalata Zappatori: il menu autunnale di Christian Milone

di:
Alessandra Meldolesi
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A Pinerolo l’ultima volata di Christian Milone, chef ciclista che ha tagliato il nastro di una nuova maturità. Riunificate in una sala la trattoria e la gastronavicella, legge sul cronometro il tempo della riflessività e di una cucina più affabile.

La Storia

La filosofia di Christian Milone


Fuori da qualsiasi scia: affronta così Christian Milone questa tappa della sua seconda vita, al posto delle tute tecniche la divisa immacolata dello chef. Cuoco per tradizione familiare, autore autodidatta, unico rivoluzionario pinerolese nella storia della “pinerolesità”, perennemente a un passo dalla stella Michelin nonostante 17/20 sull’Espresso, secondo Bob Noto ha una pettinatura da punk beneducato, un buon senso estetico nella costruzione del piatto e un ottimo istinto gustativo. “I primi mesi del 2015 sono stati determinanti. In primo luogo ho conosciuto un grande artista come Michelangelo Pistoletto, che mi ha fatto riflettere a 360 gradi su tutto, fino a sviluppare la consapevolezza di una svolta necessaria. Sento l’urgenza di un approccio più veritiero e più personale alla cucina, anche in virtù dell’esperienza accumulata negli anni. Voglio rispecchiare il mio passato nel piatto. In quanto ex sportivo, ho avuto una vita diversa da quella dei miei colleghi, che mi influenza profondamente sul lavoro. Per essere più magro dovevo concentrare i sapori, riducendo al minimo i condimenti. E questa ricerca della massima intensità e lunghezza, del soddisfarsi con poco è un tratto caratterizzante del mio stile.

Il Ristorante

 



Dopo 10 anni, inoltre, nello scorso febbraio ho finalmente trasformato quella che era una trattoria di paese, fatta crescere negli anni dai miei genitori, in un vero ristorante, con spazi su misura e una mia strumentazione. Quindi una sala unica dalla quale sono state bandite le opzioni più commerciali, perché voglio fare solo ciò che mi piace. Dopo il salottino d’ingresso si susseguono nove tavoli dalla mise-en-place completamente rinnovata; il menu è dedicato in parte ai classici piemontesi rivisti da me, in parte alla ‘gastronavicella’, lo spazio con due tavoli dove ho compiuto le mie sperimentazioni, che però non esiste più. Un passo dopo l’altro, è qui che sono arrivato.


Parallelamente la cucina si è fatta più rotonda e più golosa. Negli anni passati ho sempre tenuto in carta qualche piatto di rottura, che manifestava un’insofferenza verso la proposta della trattoria o verso la cucina francese. Perché sono uno che non ha mai amato i fondi, l’uso dei grassi o dei latticini per arrotondare; poi maturando ho capito che la messa al bando a prescindere è sbagliata e che in certi casi può essere benvenuta una rotondità lattica. Continuo a fare una cucina di concetto, che però rispecchia meglio le mie origini di figlio di osti”.

 

I Piatti

L’ultimo menu autunnale, in particolare, si compone di 8 piatti a 80 euro, con una sequenza ragionata di gusti, consistenze e difficoltà.


Barbabietola


Tartare di barbabietola, ricordo di cocktail di gamberetti anni ’80, vino cotto e grana padano



“Tanti anni fa quando andavo fuori con i miei genitori non mancava mai il cocktail di gamberi, che poi è stato rimosso dalla ristorazione. Ho voluto tornare a quei ricordi attraverso una salsa Aurora, abbinata a un prodotto povero come la barbabietola dell’orto coltivato da mio padre, cotta senza raggiungere il punto di ebollizione, intorno agli 80 °C, come fanno in Giappone, per salvaguardare il gusto, la consistenza e il colore; poi ridotta in tartare finissima. I gamberi però non ci sono; al loro posto ho inserito le uova di trota, che creano un effetto mari e monti sulla terrosità dell’ortaggio. E poi due ingredienti che riportano al concetto di osteria come il formaggio e il vino. In finitura foglie di finocchietto per l’aromaticità e di barbabietola, per enfatizzare la tartare”.

 

Uovo e uova


Tuorlo al tartufo, caviale, brodo di sedano e bottoni di prezzemolo… erbe ritrovate



“Questo piatto è un’evoluzione dell’uovo al padellino, perché ogni chef ha prodotti e ricette feticcio, che ogni anno si presentano in una veste rinnovata. Ma il tuorlo in questo caso è solo un involucro, che viene in parte svuotato con una siringa e riempito di crema al tartufo bianco. È adagiato su uno zoccolo di caviale, circondato da bottoni di succo di prezzemolo alla metilcellulosa, semisfere dalla consistenza simile a gnocchi alla romana, sormontate da lamelle di castagna cruda profumata al tartufo. Sopra ci sono un brodo di porri e sedano e le erbe ritrovate, ma nel frigo, quindi un bouquet aleatorio che può comprendere sedanino, levistico, senape, barbabietola, finocchietto, abrotano, komatzuna, senape rossa… Una decina di varietà in tutto, messe dolcemente in infusione. Se il brodo non apre il pasto, contrariamente al solito, è per una questione di temperature e di complessità crescente, con il tartufo che è una presenza assente, vero protagonista del piatto”.

 

Risotto


Lattuga, lumache, salsa al vino rosso e wasabi



“Non amo le lumache, ma da quando ho vinto il concorso Birra Moretti sono diventate il mio portafortuna. Quelle selvatiche, raccolte da mio padre, sono la guarnizione di un risotto cotto in bianco e mantecato classicamente, senza soffritto, cui aggiungo in mantecatura una crema di lattuga che ha il gusto dell’insalata alle uova sode. Vengono cotte fondenti e legate con un fondo di carne al vino rosso, simile a un brasato; per alleggerire e dare freschezza unisco la polvere di wasabi liofilizzato, che trasmette un senso di autunno pungente”.

 

Peperoni rossi


Gnocchi colati ai peperoni, bietole e pompelmo… colatura di alici



“È la mia interpretazione dei peperoni in bagna cauda, con il vegetale in primo piano. Il punto di partenza è l’estratto di peperoni di Capriglio del nostro orto, che faccio ridurre a un terzo e utilizzo con farina e uova per preparare gnocchi colati, sul modello degli Spaetzle, che poi vengono saltati nello stesso sugo con una noce di burro e il gambo della bieta, battuto come un ragù, per la consistenza e il gusto terroso. Sono il contrario di quello che dovrebbe essere uno gnocco, fondente e quasi privo di farina, più simili in questo a una preparazione casalinga. Li impiatto a strati con gocce di colatura, coste, spicchi di pompelmo giallo pelati e vivo e bruciacchiati in padella, foglie di bieta in chiusura. A uscire fuori sono la tannicità dell’ortaggio e l’eleganza della colatura, con la spinta acida dell’agrume che si carica della sensazione affumicata di un peperone alla brace”.

 

Zotoli


Zotoli FIAMMEGGIATI, SALSA ALLA MUGNAIA, CETRIOLI, INCHIOSTRO, DETTAGLI DI COLORI E DI FOGLIE



“Della cucina cinese mi ha colpito il gusto ubiquo di metallo e idrocarburi, per via delle fiamme nel wok. Un effetto che ho deciso di sfruttare su queste piccole seppioline, che pur restando quasi crude, croccanti fuori e cremose all’interno, acquistano un gusto di bruciato fiammeggiando il burro di cacao, un grasso neutro, dal punto di fumo altissimo, che trasmette lo stesso sentore oltre il barbecue. La salsa alla mugnaia è composta di burro, farina e vino bianco; dentro tuffo i cetrioli barattieri osmotizzati nell’acqua, per variare l’aspetto ma non il gusto, simili a meloni bianchi, che rinfrescano con la loro acquosità. Più i dettagli per un effetto di dripping marchesiano: l’inchiostro degli zotoli, il rosso del concentrato di pomodoro, il verde del succo di prezzemolo; e le foglie: lippia e assenzio, quindi dolce e amaro per un effetto flipper, il coriandolo fresco per la nota di limone e la farina tostata per quell’errore che nella mugnaia è la scarsa cottura”.

 

Coniglio leprino


Coniglio cotto intero, consistenze di tapinabò… timo e olive taggiasche



“Un piatto nato dal ricordo del coniglio alla ligure di papà, che per primo mi ha fatto apprezzare l’amaro per via delle olive taggiasche. Si tratta di conigli di razza grigia allevati liberamente, disossati e cotti a bassa temperatura, poi rosolati in padella. I topinambur sono presenti in forma di crema sul fondo del piatto, interi, cotti secondo la tecnica giapponese della barbabietola, e come chips osmotizzate a crudo nell’acqua, per un effetto vetroso. Più il fondo di coniglio al timo, la mizuna rossa e la senape rossa”.

 

Gamberi e funghi


Gamberi rossi e blu, olio di canapa, brodo di scarti di porcini



“L’ultimo piatto salato del menu si ricollega a quello iniziale per la nota mare e monti. Nella fattispecie i gamberi rossi e blu, dalla consistenza cremosa o asciutta, appena massaggiati nell’olio di canapa, simile a quello di nocciola ma meno invasivo, con un sospetto di carciofo, e il brodo fatto con gli scarti terrosi dei porcini. L’esaltazione del nocciolato nei crostacei, rinfrescato dalla pimpinella”.

 

Croissant


Semifreddo al croissant, whisky e pistacchio



“Quenelle di semifreddo al croissant, granella di croissant, spugna e cremoso di pistacchio, soprattutto qualche goccia di caramello al whisky per la parte torbata e terrosa, che riprende il filo conduttore del menu e sgrassa con l’amaro, lasciando un finale di bocca pulita: sono questi gli elementi sul piatto. Seguono le gelatine di Moscato ai frutti di bosco, alcuni dei quali ripieni di canditi per un allungo verso il panettone”.

 

Le fotografie dei piatti sono di Bob Noto

Indirizzo

Ristorante Trattoria Zappatori

Corso Torino 34 - 10064 Pinerolo (TO)

Tel. +39 0121 374158

Mail: christian.miloneehcn@alice.it

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