Ricette degli chef

Sarde in saor, la ricetta infallibile di Mauro Lorenzon: come farle alla perfezione

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina sarde in saor lorenzon

Umile capolavoro dei pescatori veneziani, ideato per durare in cambusa durante le traversate, le sarde in saor hanno acquisito titoli di nobiltà nel ghetto ebraico, dove si sono vestite di spezie e di uvetta. Questa l’interpretazione a cicchetto di Mauro Lorenzon, estroso oste fra le gondole.

Le sarde in saor di Mauro Lorenzon

Il piatto


Poche cose sono più veneziane di un cicchetto con un’ombra di vino. Chi ne ha voglia, sa a chi domandare. L’oste fra le gondole si chiama Mauro Lorenzon ed è un animale gastronomico completo, mattatore in sala, ma anche navigato gastronomo e fine connaisseur di vino, senza sospetti di pedanteria. Faith Willinger lo definisce “spirito libero Veneto”. Già da piccolo correvo fra i tavoli del ristorante di famiglia a Jesolo Lido. Anziché partire in vacanza, come gli altri bambini, giocavo al piccolo oste. Ora sarebbe sfruttamento minorile, allora si chiamava sostegno alla famiglia”, ricorda.


"Così nel 1982 ho aperto la mia prima enoteca a Jesolo Paese, ma l’ho chiamata Enoiteca per distinguerla dalle bottiglierie, perché il concetto era ed è quello di una casa del vino, con la mescita periodica di decine di tipologie. Lì sono rimasto vent’anni, prima di trasferirmi alla Mascareta di Venezia, dove ho affiancato ai calici i piatti della tradizione veneta e veneziana, nonché alcune delikatessen internazionali come ostriche e foie gras”. Dopo la chiusura successiva al covid, per problemi di affitto, lo stesso concept riaprirà sotto il nome “Enoiteca da Oste Mauro” entro fine agosto, in tempo per la mostra del cinema.


Piatti tipici, dicevamo. Per esempio, le sarde in saor, cioè “sapore”, che Lorenzon è stato chiamato a eseguire a Masterchef da un altro veneto eccellente, Carlo Cracco. La specialità ha umili origini: risalirebbe addirittura al ‘300, quando i marinai veneziani dovevano riempire la cambusa con un alimento conservabile, usando quello che avevano, come sarde e cipolle. La marinatura permetteva appunto di mantenere il pesce azzurro, magari con una spolverata di spezie. “C’erano già nel locale dei miei genitori negli anni ’80. A Jesolo poi avevo trovato il modo di prepararle a portafoglio, aperte e spinate come un cicchetto, diversamente dalla tradizione che le vuole fritte intere, perché mancavano le posate. Da quell’esigenza, con il concorso di un cuoco amico, Giudo Fasan del ristorante Da Guido a Jesolo, era nata una nuova ricetta, simile nel procedimento, ma più ricca di saor e di dolcezza in bocca grazie alla diversa marinatura”.


“Personalmente preferisco utilizzare la farina di riso, per evitare problemi di intolleranza, e l’aceto di mele, che è più morbido. Seguo la versione del ghetto ebraico di Venezia, dove si aggiungevano pinoli e uvetta, perché le disponibilità economiche erano migliori ed era un ricettacolo di spezie.  Quindi chicchi di moscato e pinoli tostati. Le sarde poi devono essere freschissime e tenute sotto ghiaccio. Hanno due stagioni: la primavera e l’autunno, anche se adesso sono ancora piccoline perché ha fatto freddo. Mancando la spina, dopo un paio di giorni sono già perfette, mentre normalmente ne servirebbero tre, sempre in frigorifero per evitare fermentazioni sgradite. L’abbinamento sull’acidità va per similitudine. Sul piatto vedo un vino fresco e tannico che copra il sale, per esempio un Raboso vivace o un Tocai italico classico, perché il territorio si sposa sempre. Ma sull’abbinamento sono molto democratico: non si può stare a tavola come su un banco di scuola”.

La ricetta delle sarde in saor di Mauro Lorenzon


Ingredienti per 6 persone

36 sarde

7 cipolle bianche

½ etto di pinoli nazionali

½ etto di uva passa sultanina

1 bicchiere di latte

Farina 00 q.b.

2 litri di olio di arachidi

1 bicchiere di olio d’oliva

1 bicchiere di vino bianco aromatico

Aceto di vino bianco o di mele

Un po’ di zucchero

Sale marino fino

Procedimento

Squamare con le dita le sarde intere e ben fredde. Staccare la testa con le mani e con la forbice tagliare la pancia e la coda. Aprire a quaderno e rimuovere la lisca, anche sugli orli e sulla schiena. Passare nel latte per 5 secondi, scolare bene e passare nella farina.

Setacciare prima di friggere nell’olio di arachidi scaldato a 180 °C. Cuocere un minuto per parte, asciugare su carta paglia o carta da cucina e stendere in fila indiana.

Tagliare le cipolle a julienne e farle appassire dolcemente nell’olio d’oliva, verso la fine bagnare con il vino (in cui erano stati messi a bagno i chicchi di uva passa), un po’ di aceto e addolcire con poco zucchero. Procedere piano, assaggiando.

A questo punto distribuire su ogni sarda un mucchietto di cipolla stufata, tre pinoli precedentemente tostati e tre chicchi di uva passa scolati. Salare con discrezione. Lasciare in frigo su una placca per un paio di giorni. Questo è tutto: provare per credere.



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