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Andrea Berton, lo chef stellato che da 10 anni fa scuola a Milano: ecco i nuovi piatti

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina andrea berton 2023

Compie dieci anni il ristorante Berton, porto sicuro dei gourmand milanesi. Il grande chef li festeggia con un carico di novità, fuori e dentro il ristorante a Porta Nuova Varesine. Ma resta l’osmosi fra brodi quale concetto del pasto, contributo dello chef alla cucina contemporanea.

Ristorante Berton

Il ristorante


È la città che non dorme mai, Milano. E neppure Andrea Berton, alla testa di un ristorante ormai saldo nel paesaggio gastronomico cittadino, mostra segni di stanchezza. Ci sono i due ristoranti di Courmayeur e delle Maldive, per citare posti bruttissimi; e in prospettiva il ritorno sul lago. Soprattutto c’è un nuovo, grande progetto ancora top secret a Milano, che gli consentirà di rimettere piede dalle parti di Piazza alla Scala, dove entrò nella leggenda in una stagione del Trussardi tanto sfortunata negli esiti, quanto felice per gli ospiti.

@Marco Scarpa



Quest’anno ricorre il decennale a Porta Nuova Varesine, che sembra ancora un pezzo di futuro incistato in città, come se il tempo non passasse fra le intercapedini di cristallo e acciaio. Un decennio complicato per tutti, nel quale ha scritto alcune belle pagine della cucina italiana. Dici Berton e pensi “brodi”, tanto per cominciare: parola quotidiana e italiana, come il cibo che rappresenta, cui fin dal primo giorno è stato dedicato un menu degustazione, che ha via via scavato il segno. Altro che consommé o pompose estrazioni.


Li ho sempre adorati, fin da quando, mentre lavoravo da Marchesi nei primi anni ’90, la domenica prendevo il treno per Modena e mi sedevo da Fini per un piatto di tortellini e un pasticcio di pasta, come occasione di crescita professionale. Andavo anche da solo e non era usuale vedere un ragazzo di vent’anni in un due stelle. Anche da Marchesi, come nelle mie altre esperienze, erano fondamentali, secondo una ricettazione classica con chiarifica di albumi o di carne: ricordo in particolare il brodo di funghi porcini freschi e quello di agnello”.


Nel tempo la formula si è evoluta e definita sempre meglio. Le tecniche di base sono tre: con chiarificazione classica; con l’Ocoo, per via di concentrazione, diluizione a mo’ di jus e chiarificazione naturale; per chiarificazione spontanea in cottura. Diversissimi i tempi, le funzioni nel piatto, le modalità di fruizione, gli svolgimenti gustativi mai lasciati al caso. “Quello che è migliorato in questi dieci anni, è stata la ricerca di una pulizia sempre più chiara e trasparente, con qualche tecnica diversa, senza mai alterare il gusto”. Ma si sa, i solidi sono per la fisica impenetrabili, i liquidi no. Ed è stata un’innovazione dirompente, alla radice forse dei menu oggi dedicati a salse e affini: perché la liquidità non solo articola il piatto nelle sue componenti, ma lega le sequenze per un effetto di sfumato nel tempo. Spesso blanda a fronte di concentrazioni spinte, sempre nitide e pulite, ristabilisce in bocca la moderazione classicista in chiave dinamica e contemporanea.

@Marco Scarpa



Ed è un’operazione ancor più affascinante, visto che sono gli operai della stufa, preparazioni da sempre relegate nel buio dietro le quinte, a uscire alla ribalta in una sorta di metacucina. Il risultato è un pasto osmotico dove le liquidità affiorano e si riassorbono carsicamente, senza smettere di fluire a profondità diverse, più o meno dolci, più o meno sapide, come sorgenti e mari nel loro circolo ininterrotto eppure bilanciato, fra piogge scroscianti ed evaporazioni silenziose.


Pochi chef riflettono più di Berton, che ha intitolato la formula “Non solo brodo” per evitare il meccanicismo di una creatività standardizzata, interrotta da portate asciutte (9 corse a 160 euro). Poi ci sono il degustazione Porta Nuova (7 corse a 155 euro) e in stagione il percorso dedicato al tartufo bianco. Anche qui, tuttavia, si profila una bella novità. “Siamo sul punto di inserire un menu vegetale, per il quale stiamo ultimando le prove. Dovrebbe essere pronto a breve. Comprenderà un minestrone freddo con brodo di Grana Padano, il risotto al fieno e mascarpone, il cardoncello al peperone crusco e un dessert ai piselli. In tutto un brodo, per mantenere separati i percorsi”. Resta ai vini l’ottimo Luca Enzo Bertè, che amministra 750 referenze per il 40% estere, soprattutto Champagne. “La regola che seguo per abbinare il vino ai piatti con brodi è quella di contrastare la componente liquida con freschezza e sapidità; nel caso dei rossi, il tannino un po’ ruvido aiuta sempre”.

@Marco Scarpa


I piatti


Gli appetizer girano veloci (oggi panino al vapore alla barbabietola, tartelletta di zucchine alla scapece, tacos di spinaci, senape e insalata, cono di alga nori con panna acida e salmone). Poi subito un’anticipazione del nuovo spirito green: il Brodo di asparagi con asparagi di terra e di mare. “Ed è un vegetale che adoro. Ci sono i bianchi e i verdi, cotti sulla griglia, ma anche la salicornia, in forma di punte e di olio, e una salsa bernese preparata con olio extravergine e camomilla, per ancora più freschezza vegetale. Il protagonista però è il brodo di asparagi, che completa il piatto: viene ricavato all’Ocoo, dove il liquido si decanta e diventa trasparente, senza sviluppare il gusto amaro, che rischia sempre un brodo di asparagi, soprattutto bianchi”. E invece è delicatissimo, dolce, soave. Nel calice un Riesling di Kerpen, per concordanza sulle note erbacee e floreali.


Alcuni brodi restano come perni del pasto, per esempio il Cioccolato e il prosciutto crudo. Perché mi piace molto. E lo realizzo solo con tre ingredienti: prosciutto a julienne fine arrostito, scalogno a fette precise e acqua; cottura quaranta minuti”. In questo caso la sapidità vibrante non puntella la dolcezza nutty della fagiolina del Trasimeno, ma ingaggia un testa a testa con il temperamento delle scarpette sporche, seppioline di stagione complete di nero, cotte sulla griglia e servite con pane croccante e piselli sgranati. Per un tripudio di italianità. Dove il brodo non è nel bicchiere, ma nel piatto, che complementa senza porsi in contrasto.


Il piatto di riferimento del percorso resta il magnifico Brodo di cicala con intensi ravioli aglio olio peperoncino e polpa di crostaceo sul crostino, per l’esaltazione di un gusto marinaro popolare, dove il brodo nel bicchiere è chiamato a rintuzzare il sentore ittico, preparando il palato ad altre dominanti. Qui si mesce il Cason Bianco di Alois Lageder, per bilanciare il piccante ed esaltare lo iodato. Ottimo poi il Merluzzo skrei in due servizi. “Nasce dall’idea di cucinare il pesce direttamente davanti al cliente. Per questo abbiamo fatto preparare un contenitore da un artigiano, con la pietra dentro, dove cuoce il pesce, che sviluppa un leggero affumicato. Nell’attesa serviamo ravioli di pasta di patate tipo cialzons, ma arrostiti come gyoza, ripieni di merluzzo mantecato e serviti con brodo di merluzzo alla soia. E sul pesce disponiamo un croccante di patate e schie fritte, per un concetto di zuppa”. Piatto complesso eppure “semplice”, intrigante per il raro richiamo alle origini friulane e per il gioco di consistenza con la polpa e il guazzetto.


Altro avant-coup del menu vegetariano (ma neppure questo entrerà per ragioni stagionali) è il Sedano rapa in trompe-le-goût di anatra all’arancia, dove l’ortaggio cotto nell’Ocoo (in uso da otto anni) libera umori che vengono ridotti fino a formare una glassa dai sentori terziari evoluti; completano il piatto l’emulsione di arance candite e la maionese di arancia, brodo vegetale e soia. Sulla lingua e sotto i denti, Francia.


Ma è solo una cadenza d’inganno prima del secondo vero e proprio: un sontuoso Agnello in diverse cotture. Ci sono la nocetta farcita degli scarti al lardo, passata sulla griglia; l’“involtino” di verza ripieno di cosce e spalle sfilacciate, per un omaggio a Milano; la copertina del carré brasata e glassata, servita a parte, da mangiare con le mani. Più il brodo di agnello, spruzzato di grappa Nonino per alleviare lo stallatico. Un piatto importante, magnificato dal Barolo Cascina Fontana 2018: elegante, persistente, teso.


A preparare al dolce è un Mojito di granita di menta e limone, caramello alla base per lo zucchero, gelato al rhum con una parte di sale di Maldon.


Classici i dessert. L’intramontabile Brodo di cioccolato, che mitigando colore e gusto, scrimina speziato e profumo, in compagnia di un cono al caffè e cioccolato; il goloso Soufflé al cioccolato e gelato di fior di latte, altro signature dello chef, messo a punto sulla scorta delle esperienze francesi e personalizzato in base a un’idea di leggerezza, dove il gelato è ottenuto da latte fresco ridotto molto lentamente, per evitare caramellizzazioni, con appena un decimo di zucchero.



Indirizzo


Ristorante Berton Milano

Via Mike Bongiorno, 13, 20124 Milano MI

Tel: 0267075801

Sito Web

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