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I Frati Rossi: la “nuova cucina tipica” che attira i gourmand a Porto Cervo

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina frati rossi

Quasi trent’anni fa Gabriele Baldereschi e Graziella Traverso hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, aprendo un ristorante sulle colline di Porto Cervo da autodidatti totali. Oggi attirano i gourmet internazionali con le figlie Maura e Dialta, per esca i classici italiani eseguiti con grandi materie à la minute.

Frati Rossi

La storia


Ci siamo buttati un po’ così, all’arrembaggio”, scherza Gabriele Baldereschi in quello che ormai è considerato un ristorante storico. Le acque, del resto, erano quelle della Costa Smeralda: difficile resistere insieme alla moglie Graziella Traverso, tentata da tempo di cambiare vita.



Lui toscano e rappresentante di impianti per la falegnameria, lei ligure e casalinga, si erano trasferiti in Sardegna con le rispettive famiglie di origine e dopo il matrimonio era divampata la passione per la cucina, organizzando a Cagliari serate gourmet con un gruppo di amici, dove furoreggiavano i mitici gnocchi al pesto di Graziella. Fino a fantasticare di creare un giorno un posto tutto loro, in cui servire gli evergreen della cucina italiana. Qualcosa al limite fra l’azzardo e il sogno, che invece si è trasformato in realtà.



Capita a un certo punto che uno di quegli amici, il compianto Gianni, diventato immobiliarista a Porto Cervo, ci chiama e dice: ‘Ma voi non volevate aprire un ristorante? Guardate che qui c’è un locale carino, non è neppure eccessivamente costoso’”. Era il 1994 e la sua vista sul golfo di Pevero, giù giù fino all’isola di Tavolara, è stata subito una folgorazione.


Nato come clubhouse di un villaggio turistico sulla collina di Pantogia, fra le terrazze più belle della costa, era passato di gestione in gestione, senza troppa fortuna, forse per quel chilometro da salire tra massi di granito e macchia mediterranea, lontano dalla strada principale. L’affitto, effettivamente, non era folle. Quindi perché non provarci? Entrambi perfettamente autodidatti, i due si sono rimboccati le maniche, lei ai fornelli, lui in sala, con l’idea di proporre una cucina prettamente italiana, non scontata in zona.


Il ristorante


Il nome mancava, fin quando Graziella non ha ricordato a Gabriele che in sogno qualche anno prima aveva battezzato il suo ristorante “Frati Rossi”. Secondo i piani iniziali, doveva trattarsi di una semplice trattoria, poi col tempo e la voglia di fare cose nuove, fomentata da una clientela esperta e in larga parte internazionale, le cose sono un po’ cambiate.



Al nucleo raccolto dell’iniziale clubhouse si è aggiunta la veranda esterna, poi ulteriormente ampliata, climatizzata e chiusa da vetrate sul giardino rigoglioso e il blu del mare. Cosicché i coperti oggi sono una settantina in inverno, fino a 120 d’estate, quando è in uso lo spazio esterno con le scenografiche sculture boes, illuminate di sera, e la piscina; mentre l’apertura si prolunga dieci mesi l’anno, dalla befana a fine ottobre.



Il ricettario è sempre quello della casa, compreso il pesce crudo, che all’inizio non si usava, e portate come l’amato ossobuco. Nel tempo la Sardegna ha conquistato il suo posto in carta: ci sono l’agnello in umido con olive e finocchietto selvatico; i malloreddus campidanesi fatti in casa col ragù di salsiccia; le trenette alla Carlofortina, in onore dell’isola di San Pietro, con pomodoro, vongole e bottarga; i maccarones de busa, confezionati sul ferretto da un artigiano della Barbagia, conditi alla barbaricina con sugo di pomodoro, pecorino fresco e pancetta; fino a sa cannacca, una salsiccina tipica prodotta da Lorenzo a Monastir, dalle remote origini fenicie.



La zona ha una tradizione gastronomica forse meno forte di altre parti dell’isola, ma alle sue influenze liguri e toscane è stato agevole agganciarsi. E pian piano la cucina si è evoluta, perdendo la sua impronta casalinga in favore di una proposta piuttosto classica, che Gabriele etichetta come “comfort restaurant”. A dar manforte ai fondatori, sempre più padroni di casa, sono arrivate le figlie Dialta e Maura, entrambe in sala per un approccio friendly, la prima anche in pasticceria grazie alla passione per i dolci, seguite dal genero Michele, che organizza la cantina, e dai due chef, Vito Pipitone e Samuele Pilia.



La carta dei vini è corposa: elenca 500 etichette, con la Sardegna in evidenza, ma anche tanta Toscana, un bel po’ di Piemonte e prestigiose referenze internazionali. Sono ospitate in una cantina climatizzata. Richiestissima, poi, la selezione di Champagne, con blasoni quali Cristal, Dom Pérignon, Ruinart.



Sempre Gabriele si occupa delle materie prime, giostrando fornitori che ha saputo selezionare nell’arco di trent’anni. E i suoi occhi si illuminano, quando parla delle aragoste di Isola Rossa, della bottarga sarda autentica in grosse baffe, dell’olio molito per la casa da olive rigorosamente sarde o dei carciofi spinosi di Valledoria.



I piatti


Si mangia alla carta, con una quarantina di proposte per uno scontrino medio sugli 80 euro; poi c’è il menu degli extra del giorno, secondo gli arrivi speciali. Né manca il tartufo dell’Appennino, che a febbraio è protagonista di un “festival” e di una carta tutta sua. Il vanto della casa è la cucina praticamente sempre espressa. “Da noi non ci sono sughi già fatti e le fragranze dei piatti cambiano, non c’è niente da fare!”


I crudi, allora. Ci sono gli scampi e i gamberi di prima qualità marinati all’acqua di mare, la tartara di pesce - ricetta della casa - con micro capperi, pepe verde, cipolla finissima e una punta di spezia e l’Imperialino, degustazione di carpaccio, tartara e tonno marinato. Ma c’è anche la tartare di carne di bisonte o manzo con capperi e senape, servita con nastri di radice di soncino.



In alternativa il bouquet di mare, antipasto tradizionale, composto da insalatina di bottarga, gamberi alla catalana con pomodorini, cipolla e cicorini e polpo con patate. Oppure l’irresistibile fritturina con le acciughe ripiene per una reminiscenza di Liguria.



Il vegetale di stagione ha il suo posto in carta, che si tratti di carciofi in diverse ricettazioni, dei mitici gnocchi al pesto di Graziella, di una vellutata di topinambur con crostini o degli gnudi, una nostalgia toscana fatta di ricotta e spinaci al burro e salvia.


Fra i primi figurano paste secche, fresche e ripiene fatte in casa. Per esempio, la carbonara di bottarga senz’uovo, con l’emulsione cremosa della baffa grattugiata in extravergine.



Oppure i neri, tagliatelle al nero di seppia con la seppia stessa, gamberi e pomodorini, dal sapore deciso e piccante. E i ravioli farciti di cernia e carciofo al profumo di tartufo.



È un cavallo di battaglia il filetto di pesce selvaggio alla mediterranea, ricavato da esemplari giganti, del peso di 3-4 chili, che arrivano da Cabras, spesso carichi di uova. Dove il pesce è servito in guazzetto con cucunci, patate, olive e pomodorini semi dry.


Fra i dolci il signature sono le Delizie, mele caramellate con gelato alla vaniglia Bourbon, proposte in chaud-froid; ma vanno fortissimo anche le crêpes Suzette al Grand Marnier e la sinfonia ai 3 cioccolati, il gelato di ricotta con miele di corbezzolo e croccantino e le ghiacciate di frutta fresca, su tutte la pera williams affogata nella sua grappa.



Indirizzo


I Frati Rossi

Via Paolino Azara, 07021 Pantogia SS

Tel: 0789 94395

Sito web

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