A Fiumicino la “nouvelle vague” della pizza di mare: da Clementina la ricerca sugli impasti fa il paio con le stagionature del pesce, innescando una piccola rivoluzione ittica. Così Luca Pezzetta ripensa il concetto di pizzeria.
Clementina
Inizia tutto da un rito condiviso. Ore 15, l'odore del sale che impregna l'asta di Fiumicino e mani esperte con un guizzante tesoretto da smistare. Nei banchi colmi di pesci c'è il senso profondo di un lavoro a cui nessuno dedica mai l'interesse che merita. Luca Pezzetta fa eccezione: è lì sul posto per stringere la mano ai lupi di mare reduci da una nottata insonne e ascoltare vis-à-vis la loro cronaca acquatica mattutina.Tasta, soppesa e sceglie la merce giusta, mentre il pensiero corre già alla cella di maturazione dove riporre il tonno che adornerà i suoi dischi fragranti dopo 6 mesi di stagionatura. L'occhio è allenato, eppur curioso. Perché Luca sa che non bastano topping a prova di flash e alveoli "taglia forte": è il tempo investito nello studio a cambiare le carte in tavola.
Cinque impasti diversi e uno stock di salumi a tutto iodio fanno di Clementina -insegna aperta lo scorso anno con Jacopo Rocchi- una piccola fucina ittica: difficilmente troverete altrove un tale parterre di mazzancolle lardellate, affettati di pesce spada e polpi al bbq con tonde e tranci foggiati su misura.
Ed ecco che, spicchio dopo spicchio, vien da guardare gli abissi sotto un'altra luce. Rivalutando persino quella Capricciosa straripante di ingredienti che non ci è mai andata giù o confondendo una salsiccia di tonno allo spiedo con l'omonimo insaccato di maiale. Appurando che una base crock e una focaccia ultrasoft possono chiedere farciture opposte, ma ugualmente ispirate dalle profondità marine. Scoprendo, infine, che sulla pizza c'è ancora tanto da dire. E che qualcuno ha trovato un linguaggio diverso per farlo.
Nonno Ciro con crema di zucca, zucca arrosto, guanciale, alici marinate, prezzemolo riccio e mix di pepe
Il locale
Più che una "pizzeria" tout court, Clementina è un ambiente polimorfo dove i lieviti abbracciano ingredienti non comuni. Il Big Ben nasce dall'amicizia di vecchia data tra Luca Pezzetta e Jacopo Rocchi, l'uno chef pizzaiolo, l'altro erede di una dolce tradizione famigliare. E se all'anagrafe entrambi non superano i 35 anni, dietro le quinte hanno l'approccio tipico di chi è venuto su respirando la fragranza del forno perennemente acceso, nell'attesa di veder maturare i frutti del proprio impegno.
Per Luca è un back home a tutto tondo: cresciuto in queste zone, vi torna dopo aver collezionato numerosi premi della critica e corsi di docenza, con cui continua a instradare i beginners sulla via degli impasti. Jacopo ha invece raccolto il testimone di tre generazioni attive sin dal 1961 in quella che è considerata una sorta di pastryland autoctona: il Bar Rustichelli, a cinque minuti di passeggio da Clementina.
Tornando a quest'ultima, fa un certo effetto scoprire che, vicino al locale dagli arredi industrial chic (sul cui orizzonte campeggia un lungo bancone di marmo con cucina parzialmente a vista), un tempo svettava la Torre Clementina, baluardo settecentesco di Papa Clemente XIV. Poi vi fu costruito un cinema, ed oggi lo spettacolo continua osservando la ciurma destreggiarsi tra fiamme e crudi di pesce, mentre il direttore di sala e sommelier AIS Daniele Mari snocciola consigli sui drink da abbinare a un supplì di mare piuttosto che a un voluttuoso cornetto salato. Una carta delle bevande, la sua, che quanto a identità e assortimento va ben oltre la media del settore: sarà proprio il pairing a farci entrare a piedi pari nella degustazione.
Coccia di Morto-Patate locali, totani locali cotti al forno a legna, finocchio selvatico, crema di cavolfiore, polvere di broccoletti e olive
Le pizze
Il servizio svela subito i punti cardine del menu: se la pizza è il Nord, Luca non lesina sui fritti, di cui contiamo (per ora) ben 8 tipi diversi, pensati come piatti all round più che semplici antipasti; chiude il cerchio una valida lista di dolci, in parte lievitati (vedi le libidinose mini-bombe al triplo cioccolato) e in parte prodotti direttamente dai Rustichelli.
Volendo trovare il pelo nell'uovo, potrebbe forse essere estesa la gamma di condimenti green, per consentire a chi segue un'alimentazione esclusivamente vegetale di approcciarsi senza difficoltà al percorso. D'altra parte, il level-up è palese, a iniziare dal blend personalizzato di tre farine di grani antichi macinati a pietra (in combo col Mulino Angelica), fino alla gestione di tre lievitazioni (biga, mista e lievito madre) da cui nasce una prole altrettanto varia di portate "monoassaggio".
A darne conferma, dopo un morso fulmineo di Teglia romana con fondo di riccio, la sua polpa e basilico, giunge la Focaccia agricola, vera "tasting queen" della cena: un vortice di aromi tostati a tutto cereale. Farine di avena, segale e frumento, più cinque semi (zucca, girasole germogliato, sesamo, miglio e lino) generano un impasto armonico, elastico, odoroso, che fa da giaciglio alla mazzancolla lardellata appena cotta sul barbecue, lasciando il cuore crudo per una spinta ultra-fresh.
Quadruccio di focaccia agricola con mazzancolle locali lardellate e scottate al BBQ, ricotta, zucca, nocciole e misticanza
Luca, poi, tesse un velo di morbidezza intermedia con una crema di ricotta fresca e carote spalmata fra il quadrotto e il crostaceo. L'iniziale timore che la base possa venir penalizzata da un topping "importante" svanisce all'improvviso quando affondiamo i denti in questo piccolo obelisco alveolato, ricoperto da una fitta pioggia di nocciole. Nel frattempo, Daniele ci concede un refil di Spumante Ru Maccone, metodo ancestrale Brut di Angiuli che affiancherà con tono deciso le prossime pizze.
È un cuscinetto di goduria la Teglia romana: idratata al 90%, fa spiccare al meglio il guanciale di spada ricavato dalla parte grassa del pesce e arrostito al bbq dopo una maturazione di 6 mesi; la canocchia smorza l'attrito, la bufala lava via il sale a fine bocca.
Non perde smalto l'Antifocaccia, un colossal con doppia cottura in padellino (prima al vapore e poi nel forno statico) che il pizzaiolo romano allestisce dal 2015, sviluppando una crosta fine e una mollica decisamente solubile. La ritroviamo ammantata di fontina fusa, porro bruciato, carotina baby intera, crema di patate e mandorle. Tante trame differenti per un unico spicchio dove l'ortaggio si prende ampiamente la sua rivincita.
Paragrafo fritti, fermi restando gli evergreen con nucleo di spaghettoni Mulino Angelica o riso della Valle del Po, il premio eleganza va al Filetto di baccalà, crema di carote e crumble al rosmarino: guscio finissimo e interno setoso, riassume almeno 5 texture complementari in poche cucchiaiate. Lo proviamo col Misunderstanding Pet Nat di Padroggi La Piotta (un superbo rosé rifermentato in bottoglia che al naso ricorda già i prodotti da forno), mentre Luca ci spiega come ogni singolo rivestimento dei supplì sia composto da un particolare tipo di pane studiato ad hoc per il ripieno.
Così, d'un tratto, tra un sorso e un Sfera crunch di pescato alla cacciatora compare quel che non ti saresti mai aspettato di trovare sul tavolo di una pizzeria like so many. È un Cornetto all'italiana con farina 0, dalla minuziosa sfogliatura manuale e i sentori di burro a dir poco volatili. Cede pian piano al ritmo di masticazione, fondendosi con la farcitura di roastbeef, salsa tonnata e capperi: quasi impossibile restare indifferenti.
Il passaggio dallo scioglievole al croccante ha il sapore di una Capricciosa di Mare con ventresca di tonno stagionata per due mesi, bottarga di muggine, stracotto di datterino rosso e giallo, stracci di bufala, terra di olive e petali di carciofo alla giudia.
È il Rinascimento della Capricciosa vecchia scuola, epurata dai suoi eccessi di protagonismo: il pomodoro reso gentile dalle lunghe cotture, il tonno saporito ma non salato e i toni amari delle olive riescono a sventare quell'abuso di iodio che tanto ha contribuito a screditare la versione originaria.
Steso al mattarello, il disco da 170 grammi sfida la gravità e sorregge a dovere la generosa farcitura; in bocca scrocchia sonoro, unendo carattere e leggerezza. Merito anche dell'alta percentuale di grano duro presente nell'impasto, realizzato a partire da una biga di lievito madre e cotto in forno a legna senza superare i 380 °C. Più audace la Diavola a Mare, con la 'nduja di tonno per l'affondo piccante e la ricotta a ciuffetti che ne mitiga l'impatto equilibrando gli opposti. Insieme a loro, foglie di senape lievemente spicy: un girotondo pungente che piacerà agli aficionados dei gusti decisi.
Non resta che tuffarsi a capofitto in un Tiramisù di Rustichelli e brindare con un bicchierino di Passito alla nouvelle vague della "pizza di mare".
Indirizzo
Clementina