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Joselito: il miglior prosciutto del mondo ispira i piatti di Azurmendi

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina joselito

La sostenibilità come gusto d’avanguardia: l’ultima edizione del Joselito Lab si è svolta da Azurmendi, dove Eneko Atxa ha interpretato l’intensità animale in un sottile gioco di equilibri.

L'evento- Joselito Lab

Ha iniziato Ferran Adrià nel 2013; poi, un anno dopo l’altro, è toccato ai cuochi preferiti di José Gomez, Mister Joselito, interpretare il migliore prosciutto del mondo: il nostro Massimiliano Alajmo, l’olandese Jonnie Boer, il giapponese Seiji Yamamoto, il tedesco Joachim Wissler, il francese Yannick Alléno, en passant Victor Arguinzoniz. Un laboratorio di fatto itinerante, che nei giorni scorsi ha fatto nuovamente tappa in Spagna, questa volta da Eneko Atxa, fra i più giovani tristellati di sempre con il suo Azurmendi (nel 2012 aveva 35 anni), che rilegge il gusto basco in chiave di sostenibilità.


Josè ed Eneko Atxa
La visuale sembra essersi via via allargata in uno zoom invertito, che dalle sacre cosce, paragonate da qualcuno a ulivi con le gambe per la ricchezza di grassi monoinsaturi e acido oleico, ha pian piano abbracciato le carni fresche dei maiali, commercializzate dal brand. Fino a ricomprendere l’intero paesaggio della dehesa, sterminata distesa verde dove gli happy pigs crescono liberi, disponendo di tre ettari ciascuno, nelle regioni meridionali della Spagna. Più estensivo di così, sulla luna.


La Serra
Qui Eneko, che già utilizzava animelle e prosciutto, si è recato in visita quando è stato contattato dai Gomez. “Mi hanno chiesto cose volessi, miele, erbe, qualsiasi cosa senza limiti. E io ho scoperto un modo unico di lavorare. Ho visto gli alberi che continuano a recuperare e a piantare, investendo sul territorio”.


Di fatto nessuno chef prima di lui aveva puntato sui profumi dell’habitat, per spezzare con la freschezza l’umami intenso e complesso delle carni. “Il mondo dei fiori è molto presente nella mia cucina”, ha spiegato. “Quando li ho visti nella dehesa, ho subito domandato a quali varietà appartenessero e ho chiesto di riceverne una gamma per le mie prove, che si sono spinte molto oltre il maiale”.


Ed è stata proprio questa la sfida: dimostrare come una grande cucina sostenibile non debba per forza fare a meno della carne (in caso contrario, che ne sarebbe dei piccoli allevatori che lavorano bene? Si chiede Eneko). La sintonia fra i due è totale. Se Joselito si adopera da sempre per la riduzione dell’impatto ambientale e la valorizzazione della biodiversità (basti pensare che dal 2003 ha piantato nelle sue tenute oltre mezzo milione di alberi), Eneko ha fatto della sostenibilità oltre che un’ossessione, un metodo creativo, tanto che Azurmendi ha incassato per ben due volte, nel 2014 e nel 2018, il titolo di ristorante più sostenibile del mondo secondo i 50 Best.

La Tavola del maiale
Ma può fregiarsi anche della certificazione LEED (Leadership in Energy & Environmental Design) per l’efficienza energetica della struttura, costruita con materiali riciclati, il riciclo dell’acqua piovana immagazzinata, la banca del germoplasma volta alla salvaguardia della biodiversità. L’impronta di carbonio è compensata grazie alle energie rinnovabili dei pannelli solari e della centrale geotermica, mentre le forniture sono a chilometro zero, con gli scarti che tornano al campo in forma di compost.

Parpatana con brodo di sanguinaccio
Ma la sostenibilità, qui elevata a potenza, è anche gusto immediato. Ne risulta una mitragliata di sapori ficcanti, iniziata dai finger pescati nella serra, che ricrea plasticamente l’ambiente circostante, e in cucina. Lo stile di Eneko è del tutto peculiare nel panorama basco: se è vero che lo chef quarantacinquenne si è formato nei ristoranti tipici e con Martin Barasategui, esperienze di cui reca l’impronta nell’adesione spassionata al gusto basco e nella padronanza di tecniche e motivi francesi, l’avanguardia degli scorsi decenni non poteva che contagiarlo nelle tecniche, nelle presentazioni, nelle formule epurate.


Quasi che ogni piatto diventasse un virtuosistico esercizio di tiro al bersaglio. Non è l’unico, certo, che nel panorama internazionale lavori all’intensificazione e alla centratura del gusto tradizionale, tendenza che va crescendo anche in Italia; i suoi mezzi, tuttavia, in controtendenza rispetto alla mitigazione classicista, generano un effetto mulinello, non meno poderoso in bocca delle rinnovabili che azionano i macchinari di cucina.

Picnik
La purezza è giapponese (“me lo dicono da prima che ci mettessi piede; a unirci sono il senso della tavola, attorno alla quale si trascorrono i momenti fondamentali della vita, la connessione con la natura e il senso della tradizione”). C’è un protagonista, di solito esaltato nella sua virginale integrità, e ci sono salse che gli contendono la scena, ottenute per via di concentrazione estrema, sorta di ragnatele di melassa dalla persistenza infinita e dall’affondo verticale. Ma il virtuosismo sta nell’equilibrio fra delicatezza e potenza, freschezza e riduzioni. Dei 50 litri di fondo di ceci, ne arrivano in tavola 4.La mia cucina è come noi baschi”, scherza Eneko. “Forte fuori e tenera dentro”.

Vermouth Joselito- Merengue Ibérico
TXIPI PELAYO
Inutile dire che l’esercizio della concentrazione si applica innanzitutto alle carni Joselito, che esaltano un ultimo raccolto commovente di piselli lacrima, caviale vegetale dei baschi per il chicco minuto, che solletica il palato, e l’ineffabile dolcezza, dovuta alla cernita precoce, prima che il sole trasformi gli zuccheri in amidi; ma anche un astice succoso con fondo di peperoni al chorizo e una matassa di capelli di calamaro stupendamente vischiosi.

Piselli lacrima e gel di iberico
Astice succoso con fondo di peperoni al chorizo
A folgorare Eneko è stata però “l’essenza di grasso di prosciutto”, che precisa tecnicamente il vecchio battuto delle nonne mediterranee, prima che Ancel Keys inventasse la sua dieta. “Qualcosa di magico”. Già Adrià a elBulli aveva sempre in carta qualche piatto preparato con questo grasso, ottenuto sciogliendone i tocchetti in padella pian piano. I Gomez hanno trovato il modo di produrlo e commercializzarlo, dopo averlo brevettato, senza nulla svelare del procedimento top secret. Ed è una seta liquida del tutto priva di sentori rancidi, come un rovescio felpato dei salumi, che Eneko usa anche per friggere le ostriche in tempura con zabaione di prosciutto.

Ostriche in tempura con zabaione di prosciutto
Uovo tartufato, essenza di grasso e guanciale
In futuro, però, vorrebbe adoperarla per le kokotxas al pil-pil, oltre a ricavare dai veli di grasso un equivalente della pasta, con cui giocare. Perché Eneko guarda avanti, anche quando definisce la sostenibilità. Che per lui è sempre più formazione all’acquisto e alla cucina consapevole, valutazione dell’ingrediente in termini di valore rigenerativo, oltre l’impronta di carbonio. E quello di Joselito è al top, così come il gusto.




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