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Pastry chef nei ristoranti: “Se la paga è di 7€ l’ora, non ne vale la pena”

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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copertina pastry chef

Passione versus paga: troppi sacrifici e gli “stipendi da incubo” hanno condotto un giovane pastry chef scozzese a lasciare l’incarico in un ristorante stellato.

La notizia

Una drastica svolta nella vita lavorativa, in particolare dopo i due anni di pandemia che hanno modificato le abitudini ma, soprattutto, le esigenze di molti, non è altro che il più fedele specchio dei tempi che stiamo vivendo. Il fenomeno interessa molti settori, a iniziare dall’ospitalità, afflitta negli ultimi anni dal problema della carenza di personale.


Emblematico, in tal senso, è il caso di Andrew, un ragazzo scozzese che qualche tempo fa, all’età di 25 anni, lavorava come pastry chef in un noto ristorante stellato. Le sue dichiarazioni sono state riportate dalla BBC, ma per autotutelarsi il giovane ha chiesto di non divulgare il cognome. Andrew inizia la carriera nel mondo della cucina a 19 anni in un hotel nella sua città natale e rapidamente viene promosso junior chef, mentre continua a studiare con molta determinazione: è pronto a impegnarsi per crescere, realizzando quel che crede essere il suo sogno.


"La pasticceria era tutto ciò che mi interessava”, racconta oggi. “Dai 19 ai 25 anni mi sono semplicemente sacrificato. Tutti i miei amici erano fuori a divertirsi e io ero praticamente uno schiavo in cucina. Facevo tra le 65 e le 70 ore a settimana e venivo pagato 20.000£ all'anno. Gestivo la pasticceria creando la maggior parte dei dessert... per 5,95£ l'ora. Ad un certo punto mi sono chiesto: cosa sto facendo della mia vita? Perché ritengo che la narrativa ‘fai quello che ami’ abbia dei seri svantaggi. Molte persone trovano che il lavoro dei loro sogni richieda più sacrifici del dovuto. A quel punto, dunque, la vita lavorativa di Andrew era arrivata a un bivio: passione versus paga.

@istockphotos



"In questi giorni, più che mai, l'idea che la felicità e il successo siano legati a un impiego ‘cool’, a un ruolo che ti appassiona in un posto di lavoro interessante e che fa invidia, è onnipresente. Mi sono fermato, perciò, a riflettere e ho capito che quella non era la strada giusta. Essere sottopagato e rinunciare a una vita ‘normale’ per perseguire il lavoro dei propri sogni non è una cosa sana, confida Andrew. Così, da giovane e talentuoso pasticcere, ha deciso di prendere una laurea in informatica e diventare sviluppatore di software. Quella di Andrew è solo una delle numerose storie di questo genere e a confermarlo è Eleanor Tweddell, career coach e autrice di Why Losing Your Job Could be the Best Thing That Ever Happened to You.


Queste situazioni sono ormai una realtà consolidata da anni, ma sono diventate molto più evidenti durante la pandemia", afferma Eleanor. L’iniziale noncuranza per la sicurezza finanziaria a favore del perseguimento della propria passione è qualcosa che la Tweddell vede spesso tra i suoi clienti alla ricerca di una carriera più appagante. "In realtà tutti noi lavoriamo per soldi. Non c'è vergogna in questo. La maggior parte di noi lavora perché ha bisogno di soldi. Quindi, invece di consigliare ai miei clienti di diventare, come nel caso di Andrew, il pasticcere dei pasticceri a costo di perdere il sorriso, preferisco chiedere loro cosa vogliono veramente; non dalla loro professione, ma dalla vita”.

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Fonte: BBC

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