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Bhujia: i mitici spaghetti fritti indiani con una ricetta di 150 anni

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina bhujia

Il prodotto

Lo sciovinismo non è una nostra specialità. Tuttavia, non c’è italiano che non senta gli spaghetti come un suo copyright e che non abbia idee granitiche sul modo giusto di prepararli, cuocerli, servirli. La storia tuttavia, allargando gli orizzonti, è un tantino più complessa. Se ne è accorta la CNN, che è andata a indagare su una tipicità indiana chiamata “bhujia”, spaghetti fritti che in un paese sterminato, possono essere assaggiati nella loro autenticità in un posto solo. E spesso come cibo di strada.


Si tratta di Bikaner, città del Rajasthan, nel nord est del paese, dove secondo il poeta Ashok Vajpeyi metà della popolazione è occupata a prepararli e l’altra metà a mangiarli. Ed effettivamente quel coacervo dorato e croccante è presente un po’ ovunque, dalle bancarelle sul ciglio della strada ai locali alla moda, e da esso si attinge ininterrottamente, dalla colazione fino al curry della sera.

Bikaner-Crediti Stefano Barzellotti
Crediti Mithai express
Succede dal 1877, quando il re di Bikaner Maharaja Shri Dungar Singh chiese ai suoi cuochi di mettere a punto una nuova specialità per gli ospiti in visita, destinata a diventare famosa per tutta l’India, prima nelle case, poi grazie al lancio di attività commerciali. Per esempio, quella di Ganga Bishan Agarwal, imprenditore della città che iniziò la vendita in una piccola bottega nel 1946. Poi è arrivato il marchio da parte del governo indiano, che riconosce e tutela la specificità dei “bikaneri bhujia”.


Ma di cosa di tratta esattamente? Tecnicamente è un “namkeen”, nome che designa la famiglia degli snack salati. La pasta può essere preparata usando diversi ingredienti, un legume locale (vigna aconitifolia), farina di ceci speziata o perfino patate (aloo bhujia), ed è servita fritta. Ma gli indiani sono persuasi che lontano da questo terroir desertico, vicino al confine col Pakistan, il gusto sia destinato a cambiare irrimediabilmente. Forse per il clima arido, forse per la varietà locale di peperoncino (mirch), che entra nel mix di spezie, forse per l’acqua salina della zona.

Tickling Palates
La lavorazione inizia alle 4 del mattino e tocca le 250 tonnellate al giorno, coinvolgendo nella regione fino a 2 milioni e mezzo di persone, soprattutto donne a cottimo. Un mercato ghiotto, sul quale qualche anno fa ha messo gli occhi Kellogg’s, la cui scalata è fortunatamente fallita, al pari dell’imitazione PepsiCo. Mentre la specialità originale si sta aprendo la strada da Walmart e su Amazon, per sfamare le struggenti nostalgie degli emigrati.

Fonte: CNN

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Foto di copertina: Gyanpratim, Adobe stock

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