Il prodotto
Lo sciovinismo non è una nostra specialità. Tuttavia, non c’è italiano che non senta gli spaghetti come un suo copyright e che non abbia idee granitiche sul modo giusto di prepararli, cuocerli, servirli. La storia tuttavia, allargando gli orizzonti, è un tantino più complessa. Se ne è accorta la CNN, che è andata a indagare su una tipicità indiana chiamata “bhujia”, spaghetti fritti che in un paese sterminato, possono essere assaggiati nella loro autenticità in un posto solo. E spesso come cibo di strada.Si tratta di Bikaner, città del Rajasthan, nel nord est del paese, dove secondo il poeta Ashok Vajpeyi metà della popolazione è occupata a prepararli e l’altra metà a mangiarli. Ed effettivamente quel coacervo dorato e croccante è presente un po’ ovunque, dalle bancarelle sul ciglio della strada ai locali alla moda, e da esso si attinge ininterrottamente, dalla colazione fino al curry della sera.
Ma di cosa di tratta esattamente? Tecnicamente è un “namkeen”, nome che designa la famiglia degli snack salati. La pasta può essere preparata usando diversi ingredienti, un legume locale (vigna aconitifolia), farina di ceci speziata o perfino patate (aloo bhujia), ed è servita fritta. Ma gli indiani sono persuasi che lontano da questo terroir desertico, vicino al confine col Pakistan, il gusto sia destinato a cambiare irrimediabilmente. Forse per il clima arido, forse per la varietà locale di peperoncino (mirch), che entra nel mix di spezie, forse per l’acqua salina della zona.
Fonte: CNN
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Foto di copertina: Gyanpratim, Adobe stock