Attualità enogastronomica

Julián Díaz: “Schiavismo in brigata? Sembra di essere nell’800”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina julian diaz

La ristorazione di Buenos Aires è in fermento. Fra i suoi protagonisti Julián Díaz, con i suoi quattro locali, si adopera per una gastronomia aperta e collettiva, dove i rapporti siano sottoposti a fair play.

La notizia

Con i suoi quattro locali, Julián Díaz conta fra i protagonisti della gastronomia di Buenos Aires. Sono il cocktail bar 878, la pizzeria Roma, il caffè storico Los Galgos e la vermuteria La Fuerza. Tradiscono un melting pot che è stato innanzitutto familiare, visto che il papà di Julian era spagnolo e la mamma italiana, ma che con la complicità della moglie Florencia Capella si è tradotto in creatività imprenditoriale, vedi la produzione di distillati propri e vermut da malbec o torrontes alle erbe delle Ande, nonché il recupero della tradizionale pizza locale, con la base soffice grazie alla cottura in teglia, celebrata da prodotti top. Ma sono molto più numerose le iniziative cui ha partecipato nel mondo del vino e del cibo, non tutte coronate dal successo.


Il bar 878



Il minimo comun denominator è sempre lo stesso: la definizione sempre più dettagliata di una gastronomia argentina identitaria e professionale, che vede avverarsi con il concorso di colleghi di valore. “È la battaglia che sta dietro a tutto quello che facciamo. Mentre portiamo avanti i nostri affari, dobbiamo lavorare a una gastronomia più sana, più giusta, più equa per tutte le sue parti. È la nostra responsabilità, mia e dei ristoratori amici: non possiamo aspettare che siano le catene e i grandi gruppi a migliorare le condizioni del personale, tantomeno il livello della cucina e le produzioni del paese. A loro non interessa veramente questo mondo”. Da qui il recupero dei cocktail risalenti all’età dell’oro del bere miscelato argentino, gli anni ’50 e ’60, e il lavoro prezioso sulla cucina tipica porteña, con lo studio di vecchi ricettari e il recupero di piatti dimenticati, come le mele cotogne ripiene di agnello, specialità locale di origine criolla risalente all’Ottocento.

I noti churros del bar Los Gargols



Ma c’è una quinta impresa che ho aperto e ha cambiato completamente il mio modo di lavorare: un’impresa che si dedica all’amministrazione delle altre quattro, che ci fornisce servizi nelle aree degli acquisti, delle lavorazioni, del personale e dei prodotti. È una cosa cui spesso i gastronomici non danno abbastanza importanza, invece è cruciale. Ci sono ancora cuochi convinti che la cucina sia tutto, ma non è così. Non si può pensare a un prodotto senza considerare il suo prezzo, non si può essere creativi invano. Gli aspetti commerciali sono la precondizione per esistere, ma senza cultura non c’è vero valore”.


Ci manca un codice etico, è un dibattito che non si sta producendo. Manca fair play nella gastronomia, nei rapporti con i dipendenti e i fornitori. Ci sono cuochi che si infuriano se vuoi assumere qualcuno della loro brigata con una proposta migliore. È assurdo, sono pratiche ottocentesche, schiavistiche. Poi ci sono luoghi che comprano da un produttore di maiale e gli proibiscono di vendere ad altri, oppure esigono l’esclusiva per una cristalleria o un bicchiere. Tutto questo è agli antipodi di quella che dovrebbe essere una gastronomia aperta e collettiva”.

Juan Diaz e la moglie al caffè 878



Fonte: 7 Canibales

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Foto di copertina: Crediti Ferdinando dell'Ordine

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