Vegetale ma non troppo: presso il campus H-FARM, polo di innovazione alle porte di Venezia, i fratelli Alajmo apparecchiano una “cucina di campagna” ai clienti di domani. Per un gusto Ultra HD.
Il ristorante
Massimiliano Alajmo, avrebbe detto Bob Noto, è uno di quegli chef eletti che saprebbero farti lacrimare anche spargendo due chicchi di mais sull’insalata. Poi, chi l’ha conosciuto lo sa, si sarebbe alzato e avrebbe di certo tentato la sua gag del bacio.Sta di fatto che anche qui alle Cementine, nel contesto idilliaco di un campus tecnologico diffuso, fra orti rigogliosi come giardini mesopotamici e canali lisci come l’amato extravergine, direzionati placidamente in laguna, la sua cucina sfodera una luccicanza che guarisce nei momenti più difficili, come questo che stiamo attraversando.
Certo il suo cuore resta dentro il suo corpo, attaccato alle mani dentro alle Calandre, nave ammiraglia di una flotta che ormai conta 14 locali, da Marrakech fino a Cortina: vi serve una cucina autografica fra le più complesse e complete del mondo, nella godibilità trasversale, al tempo stesso naïf e sapiente, mediterranea e profonda. Ma ogni spin off reca la stessa impronta, declinata secondo i luoghi. “Gestisco queste attività con una grande squadra di collaboratori”, dice. “Le Calandre restano il centro di ricerca, che poi trova in ogni singola realtà l’adattamento e la sartorialità. Fisicamente mi sposto solo per i controlli e per il cambio menu, ma tutti i miei chef sono passati da Rubano, fra le altre esperienze. Con loro sento una facilità di dialogo, parliamo la stessa lingua”.
Qui alle Cementine si tratta di Mattia Ercolino, allievo del Master che ha appunto inanellato Calandre, Calandrino e Amor Milano; poi c’è il braccio destro di Massimiliano, Diego Magro, che si sposta come un jolly. Da febbraio sono attivi nella Serra, la mensa del campus, che non ha mai chiuso; poi sono sopraggiunti gli altri locali del complesso: oltre alle Cementine la Pizzeria Al 4 (che propone pizza non al vapore, ma classica), Amor in Farm, concetto street food, con gli arredi e le maschere firmati Philippe Starck, l’angolo In.Gredienti nello shop.
Questa, tuttavia, è un’esperienza ancora diversa dalle altre, almeno per un paio di motivi. Per scoprire il primo basta guardarsi intorno: il ristorante è letteralmente circondato dalle coltivazioni, fra cui avanza pure qualche tavolo. Ed è l’orto con la sua stagionalità a dettare legge, per quanto non arrivi a coprire il fabbisogno della casa. “Ma a dire il vero la nostra prima esperienza in materia è stata a Marrakech, dove abbiamo portato il nostro agronomo con le sementi per iniziare a coltivare nel febbraio 2019. Poi è arrivato l’orto in Certosa, con cui condividiamo il progetto del miele assieme ad Andrea Paternoster e oggi alle sue figlie: sono 11 arnie, 6 qui e 5 in laguna. Per il resto, qui come alle Calandre, collaboriamo con qualche coltivatore, nello spirito di fare entrare sempre più nel nostro lavoro tutto il mondo artigiano. Ma avere l’orto fuori casa aiuta molto di più: è un accesso senza filtro. Qualcosa che è iniziato in tempi non sospetti con Alfonso Iaccarino”.
Poi c’è il pubblico: le Cementine fanno una sessantina di coperti, accessibili anche agli esterni. Ma in generale l’operazione si rivolge in gran parte agli studenti del campus. “Abbiamo sempre cercato di allargare la gittata della nostra cucina. Innanzitutto, con il Calandrino, che cerca di accogliere chiunque, dalla prima colazione alla cena gastronomica, andando incontro alle persone senza seguire mere logiche di incasso. Il croissant all’extravergine forse non ha grandi marginalità, ma racconta a tutti la nostra filosofia, come la farcitura dei panini di In.Gredienti. Ci sentiamo ancora più motivati in questo senso ora che siamo all’interno di un campus dove studiano tanti ragazzi talentuosi, con un’attenzione particolare al futuro".
"Sentiamo una maggiore spinta a nutrire i loro ideali, nel tentativo di fornire un cibo riconoscibile e rassicurante, eppure rivoluzionario. Perché anche l’hot dog può essere un piatto gastronomico, significa abituarsi ad alzare l’asticella verso qualcosa di ben fatto, che non è più raffrontabile. La Serra in questo senso rappresenta l’esperimento di una mensa dove il cibo deve avere un contenimento dei costi importante, senza scendere a compromessi. Quindi anche qui tanto vegetale e una programmazione settimanale molto varia, con un’offerta di caffetteria e lieviti centralizzata, come il pane. In generale siamo sempre stati attenti alla leggerezza e alla digeribilità, senza fare calcoli calorici che risulterebbero riduttivi. Meglio attenersi ad alcune regole, la stagionalità, la freschezza, la rotazione. Senza forzature”.
L’impressione, alle Cementine, è quella di una felice coincidenza fra luoghi, format e stile della casa. Alcune preparazioni arrivano direttamente da Rubano, per viaggiare su diversi binari. Gli Alajmo parlano di una “cucina di campagna” che guarda alla laguna, in continuità con la proposta della Certosa, data la vicinanza non solo geografica fra i luoghi. E le ricerche avanzano appaiate: vedi l’esaltazione dei colori, che coglie la predisposizione collettiva alla rinascita, o la contaminazione forzata di piatti che fanno viaggiare e poi riportano a casa. Per un gusto Ultra HD, definito e sbalzante come non mai.
Foto: Crediti Lido Vannucchi
I piatti
I menu sono due: Sole, dedicato all’orto, a 75 euro e Sile, rivolto verso la laguna, a 95; ma nel fine settimana capita di incontrare Erminio Alajmo con la leggendaria ciotola della tartare per le mani. La carta dei vini, che conta quasi 500 etichette, è in fieri: elenca qualche blasone e tanti vignaioli, con biologici e biodinamici in evidenza, perlopiù italiani con una spruzzata di Francia; il pairing è personalizzato.Massimiliano è un cuoco che non smette di ripercorrere le sue ossessioni. Orto extra vergine di oliva, per esempio, è l’ultima declinazione di Al Aimo, piatto storico delle Calandre che continua a vivere sotto altre spoglie. “È qualcosa di molto diretto, senza lavorazioni eccessive. Conta l’immediatezza della percezione gustativa. Gli elementi sono lavorati praticamente solo a crudo: datterini, ciliegini gialli e rossi, erbe fresche, tutto quello che riusciamo a trovare, con un tozzo di pane imbibito d’olio per la consuetudine della campagna. Variano le consistenze e le temperature, con l’acqua gelificata, il sorbetto, la fetta, la battuta normale e quella strizzata. È un piatto sulla struttura delle fibre e il contenimento dell’acqua”.
“Il raviolo di spremuta di melanzana affumicata con crema fredda di pinoli e prugna salata è un piatto di grande sottrazione e concentrazione. Una concettualizzazione dell’orto molto forte. Dove i pinoli e la prugna ricalcano alcuni dettagli della melanzana affumicata, che crea uno scheletro potente, ce ne siamo accorti ascoltando le note del vegetale. Un piatto basato sull’acqua”. Purismo libero, fuori dai dogmi e dai cliché.
Ma non sono da meno il Maxpacho alla pesca, i calamari di pasta con datterini arrostiti, scaglie di Parmigiano e salsa di ricotta affumicata, il risotto con fagioli e gelato di ventresca, tripudio di gusto italiano.
Mentre i fiori di zucchina ripieni di barbabietola con salsa al Gorgonzola omaggiano mamma Rita e i suoi storici gnocchi di rapa rossa con salsa al Roquefort, icona degli anni ‘80.
Deliziosa poi la triglia con salsa di pistacchi, limetta e insalata di portulaca, il cui gusto ad altissima definizione non ha niente da invidiare alle Calandre. “Un piatto dove si evidenzia la fragranza della materia. La portulaca, croccante e acquosa, quasi un gel minerale, ricorda da vicino la polpa del pesce, sotto la crosta sottilissima di pane al vapore. Quindi la similitudine fra erba e triglia, il pistacchio agrumato con una traccia di aglio nero, l’alga spirulina che spinge verso il mare e l’olio essenziale di limetta che rinfresca”.
Traccia quindi un trait-d’union fra Certosa e Cementine, lungo le sponde del canale, la pollastra in concia piccante con patatine e salsa di ostriche. Volatile allevato come una volta da Lorenzo Rizzieri, sposato a patatine dalla buccia sottile, una salsa potente di ostrica, che finisce per addolcire, in un angolo un peperoncino fortissimo coltivato da un ex cuoco.
Il dessert torna sul luogo del delitto: pomodoro e basilico all’olio extravergine di oliva chiude il cerchio del menu, ripescando il vegetale estivo per antonomasia e rievocando una ricetta che ha oltre 20 anni. In questo caso eseguita con pomodorini caramellati in padella, gelato aromatico e tegole all’extravergine.
Foto: Crediti Lido Vannucchi
Indirizzo
Le CementineIndirizzo: Via Sile, 6, 31056 Roncade TV
Tel. 3276774581
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