Attualità enogastronomica

Può un PR cambiare il destino di un ristorante? Dipende. Da chi è il PR, e da quanto talento ha lo chef

di:
Alessandra Meldolesi
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pr chef copertina 2

Sembrava indispensabile per avere successo, avere il pr giusto sul libro paga. Ma è davvero così? Quanto conta il talento di uno chef? E il nuovo normale cambierà qualche cosa?

La Storia

Molti gestiscono la comunicazione in casa, hanno allestito uffici dove le dita ticchettano sulle tastiere con la leggerezza melodiosa di un purosangue al galoppo. Altri preferiscono affiancare loro professionisti che ricoprano un ruolo sinergico fra business e media. Altri ancora no, fanno tutto in casa. Sembra non ci sia una regola nella comunicazione food. Un mondo che, al pari della ristorazione da cui emana, è stato travolto dall’emergenza covid. Ma quali sono i compiti di un buon PR nell’era “new normal”? Davvero è sufficiente rassicurare sulla sicurezza a tavola, come tutti tentano in ogni modo di fare, oppure occorre ricalibrare il messaggio e sollecitare le aspettative di felicità?


I video e le informazioni sui protocolli proliferano e sono ampiamente cliccati, ma possono diventare ancora più popolari con la regia giusta. Inoltre la strategia vincente, ammonisce Gary Occhiogrosso su Forbes, è quella di rassicurare sulle misure di prevenzione, mentre si costruisce la motivazione per andare fuori a cena. Tutto comincia raccontando una storia, che siano i piatti della nonna quale fonte di ispirazione o il percorso che ha condotto in cucina, in modo che il lettore possa entrare in relazione ed eventuali comunicatori rimbalzino le informazioni.


Lo strumento più efficace per raggiungere immediatamente i clienti restano i social media: ogni ristorante dovrebbe possedere e aggiornare i propri account Facebook, Instagram e Twitter, oltre alle notizie su Google: qui tutti cercheranno le prime info su aperture, proposte e prezzi, senza investimenti eccessivi. Il consiglio è anche quello di condividere con costanza notizie di qualsiasi tipo, per non perdere visibilità. Durante la pandemia la connessione ai media è schizzata: si trattava di illustrare le attività di delivery e anche quelle benefiche, nonché i propri piani per il futuro; ma i PR hanno anche lavorato alla diffusione di ricette e consigli per cucinare in casa, utili per rinsaldare la connessione sentimentale con la clientela, una strategia vincente, finalizzata a mettere il brand sullo sfondo di un’azione “di cura”. Restano valide le mosse di sempre, fra cui gli inviti a influencer e “recensori popolari”: oggi più che mai è indispensabile che il nome del ristorante salti fuori dal gruppo.

 


Fra le PR più influenti d’Italia c’è sicuramente Adele Bandera, che così inquadra la problematica. “La comunicazione in ambito ristorazione, soprattutto in questo periodo, è stata e continua a essere il vettore principale per coinvolgere il pubblico e rassicurarlo. Mai come in questo momento le attività di ufficio stampa e quelle social si devono integrare e lavorare all'unisono: essendo sempre più digital oriented, vanno sviluppate iniziative ad hoc pensate per influencer / blogger che hanno riverbero anche sui media tradizionali, si devono utilizzare tutte le piattaforme social per recuperare informazioni, scoprire trend e condividere contenuti snelli ma efficaci, interagendo con i media tradizionali in maniera continua.

La mia agenzia ha clienti al Nord, al Centro e al Sud - prevalentemente nel segmento luxury di ristorazione e hôtellerie - e, sul piano della comunicazione, in tempi di Covid-19 abbiamo riscontrato comportamenti omogenei a livello geografico, focalizzati prima sulla fase di lockdown e successivamente su quella delle riaperture.  Durante il lockdown si è lavorato per tenere alto l'interesse e l’engagement di media e follower nei confronti dei progetti e delle iniziative dei clienti, cercando di mantenere viva l'esperienza, la dimensione emotiva del rapporto, anche se in maniera virtuale. Attivazione del delivery e focus sul target locale sono stati i driver principali di questo approccio.

Come agenzia, abbiamo coinvolto esperti di settore (come Vittoria Veronesi e Maria Carmela Ostilio, rispettivamente direttore del Master in Food&Beverage dell’Università Bocconi e Associate Professor of Practice della SDA Bocconi School of Management) perché ci fornissero una visione più ampia della situazione che aiutasse i nostri interlocutori a inquadrare il problema in un contesto più ampio rispetto a quello del singolo progetto/cliente. Parallelamente abbiamo promosso le attività legate alla Corporate Social Responsability dei nostri clienti, da Bergamo a Torino.

Il post lockdown ha visto una focalizzazione della comunicazione sull'aspetto di sicurezza delle strutture, volta ad illustrare agli ospiti di ristoranti e hotel gli investimenti effettuati e i provvedimenti adottati per garantire la loro salute, in un caso riuscendo anche ad ottenere la certificazione Safe Guard. Un altro hotel ha avviato un progetto che entra a far parte dei servizi ad alto valore e che prevede il test immunocromatografico gratuito e obbligatorio per tutti gli ospiti e per lo staff con un presidio sanitario all’interno della struttura, a supporto dell'ospite in qualsiasi momento. A livello gastronomico, la tendenza degli stellati è quella di affiancare all'offerta fine dining una proposta più accessibile, che possa incontrare le esigenze e le disponibilità di una clientela più ampia e giovane: progetti legati a pop up restaurant con un menù a base di pizza gourmet  & bbq, e altri con un light lunch o un happy hour, arricchendo i menu già presenti, dove è possibile assaggiare cavalli di battaglia della tradizione culinaria della città a cui si aggiungono anche intriganti rivisitazioni di piatti”.

 


Oppure Roberta Antonioli dell’omonima agenzia.Parto dal presupposto che chi decide di fare comunicazione seriamente, capendone il suo valore e la sua etica, debba a prescindere possedere un potenziale interessante sul quale costruire un’identità in termini gastronomici ma anche di personal branding, attraverso una coerenza che ne diventi una fusione di intenti. A partire da ciò, il lockdown ci ha certamente insegnato che, non tanto il fattore strategico ed integrato, bensì piuttosto quello di programmazione, non potrà più essere di lunga durata; già programmare 6 mesi di attività sarà molto difficile, di conseguenza mettere in conto momenti di arresto piuttosto che modalità tattiche che possano sopperire a difficoltà momentanee sarà fondamentale per l’aspetto commerciale e di conseguenza di comunicazione, pur sempre senza rinnegare il proprio DNA e la propria identità.
Traggo da tutto ciò qualche parola chiave a mio avviso fondamentale per il ’qui ed ora’, con l’intento di costruire un prossimo futuro: coscienza, trasparenza, pluralità (che sono poi presupposti implicito all’etica). Coscienza che sottende responsabilità nei confronti delle persone che ci circondano (dipendenti, fornitori e in ricaduta i clienti, dunque l’offerta). Trasparenza che sottende verità, veracità, perché lo storytelling deve essere autentico, verificabile ed emozionale se possibile, e non un mero mezzo per raccontare quello che si vorrebbe essere ma non si è, enfatizzando qualsiasi azione o pensiero o addirittura inventandoselo oppure ancora peggio facendone una copia non conforme. La comunicazione deve essere originale senza per questo diventare ingannevole o scorretta.

Pluralità perché la comunicazione egocentrica è diventata insopportabile soprattutto nel contesto gastronomico. Il successo di un ristorante è certamente dovuto in gran parte al suo chef, ma come sempre dare nome e cognome ai componenti della brigata e ai fornitori, soprattutto se piccoli e bisognosi di visibilità, facendoli sentire parte di un progetto, nonché responsabili di questo, è fondamentale nonché proficuo per costruire il proprio futuro, e la comunicazione, se ben pensata e strutturata, ne diventa un tassello fondamentale”.

 


Manuela Fissore che, invece, si occupa di comunicazione internazionale ha un’idea ben precisa su quella che è la situazione attuale. “La comunicazione internazionale, in questo momento non è affatto facile dato che non si può viaggiare. Lo scopo dei famosi press tour in cui si invitano i giornalisti perché parlino dei ristoranti è proprio quello di invogliare le persone ad andare in quel determinato locale per le particolarità evidenziate dai giornalisti. Adesso si può lavorare solo a livello europeo e non con gli altri continenti. In Sudamerica sono ancora in una fase molto difficile, negli Stati Uniti ancora peggio, in Asia gli aeroporti sono ancora quasi tutti chiusi, risulta, quindi, inutile comunicare a livello internazionale quando poi gli ospiti stranieri non possono arrivare. Vedo, tuttavia, che da parte della stampa estera c’è molto interesse verso ciò che è all’esterno. Per esempio in Sudamerica sono molto interessati a quello che succede in giro; i giornalisti sono stanchi  di scrivere  soltanto dei problemi del proprio Paese, del Covid-19, si apre, non si riapre, ma come si riapre, cosa succederà. Ovviamente tutto dipenderà da quello che succederà a settembre e ottobre, perché se anche a livello europeo ci saranno delle nuove chiusure purtroppo la situazione sarà disperata un po’ per tutti e a tutti i livelli. Quello che io ora trovo molto interessante e che, secondo me, è buona cosa da fare per comunicare nel modo giusto la ristorazione del proprio Paese è collaborare con gli Enti del turismo. Personalmente lo facevo già prima, vedi l’esempio della collaborazione tra l’Ente del turismo sloveno e Ana Ros. L’Ente sloveno ha capito che Ana è uno strumento fantastico per portare la Slovenia nel mondo. Ora inizio a farlo anche con altri Paesi, mi piacerebbe riuscire a farlo anche in Italia.  Adesso, infatti, sto girando molto nel nostro Paese: in Italia abbiamo un serie di cuochi meno conosciuti che sono una forza incredibile, non i soliti noti, ma nomi nuovi dotati di grande talento. Essi sono una cosa abbastanza unica, in questo momento, infatti, non vedo in Francia e in Spagna una nuova generazione di cuochi del genere. Questi chef potrebbero comunicare a livello internazionale anche perché si trovano tutti in località che pure a livello artistico e paesaggistico hanno un plus unico e quindi si potrebbe unire tutto. Fare un buon tipo di comunicazione con tutto quello che l’Italia ha da offrire dall’arte, alla cucina, al landscape sarebbe meraviglioso”.

 


Secondo Morgan Babsia della società di consulenza e servizi di comunicazione Aromi:
“L’impatto dei social media nelle PR è importante, ma sono altrettanto importanti tutti gli altri contenuti che vengono creati per il cliente.
Per iniziare è fondamentale concertare un piano editoriale che sia in linea con quelle che sono le strategie condivise. A seconda degli obiettivi da raggiungere si vanno a impostare dei piani editoriali piuttosto articolati, che siano in grado di veicolare più messaggi, attraverso strategie a breve, medio e lungo periodo.
Noi, solitamente, in ogni fase, che va dai due ai tre mesi, rivediamo le strategie, le tracciamo e monitoriamo se i contenuti che sono stati prodotti hanno effettivamente realizzato quelli che erano gli obiettivi. Per farlo è importante non perdere mai di vista l’utente specifico che usufruisce dei social del cliente.
Tutto questo viene pianificato tramite delle campagne molto mirate che riteniamo estremamente utili in funzione del fatto che, attualmente, i social senza budget hanno davvero poco riscontro. E’ infatti necessario istruire il cliente sulla necessità di un budget, anche piccolo, da destinare a queste attività, sfruttando il vantaggio che, nell’ambito della ristorazione, grazie alla geolocalizzazione le campagne possono essere davvero molto mirate.
Già da tempo siamo diventati Google partner certificati e anche Facebook marketing ufficiali, e dalla nostra esperienza una pianificazione di questo genere permette di avere un riscontro immediato che si traduce in coperti in più e quindi monetizzazione.
Con il Covid-19 anche a livello comunicativo molte dinamiche sono cambiate: se da una parte la voce dell’autorevolezza ha perso un po’ di importanza, dall’altra comunicare ciò che non è vero, o non completamente vero, fa tutt’altro che bene.
La crisi ha dato più valore alla concretezza, alla realtà di quello che effettivamente è il ristorante. Diventa fondamentale comunicare se il locale ha posto all’aperto, se si può prenotare facilmente, se è garantito quel margine di sicurezza in più che viene richiesto e nel fine dining questi risvolti prendono particolare importanza.
Secondo me, inoltre, è importante osservare che, essendo cresciuti gli utenti dei social media, c’è molta più creatività in circolo ed è sempre più necessario una strategia a tutto tondo.
Il piano di PR va sempre suddiviso tra PR online e offline.
Quello online, che si gioca sui social, ha sostituito in parte quello che una volta era il piano media sul cartaceo.
Nell’offline, di contro, è centrale muoversi attraverso network che possano aumentare la diffusione di contatti, anche digitali, ma che poi si trasformano in occasioni e relazioni offline. La stampa rimane sempre un terreno importantissimo ed è l’ufficio stampa che deve evolversi diventando sempre più digitale in un periodo in cui il tempo per fare network di persona è veramente limitato.
Tornando ad un discorso più generale bisogna sempre avere bene in mente che ogni impresa ha la sua specificità. Bisogna leggere bene quelli che sono gli obiettivi della realtà che si affida a noi e cercare di attivarsi, attraverso contatti e investimenti, per ottenere il risultato desiderato.
Il cliente si deve far guidare, soprattutto nei primi periodi che sono quelli fondamentali, poi i risultati arrivano.
Quello che ci viene chiesto in questo momento, da quasi tutti i nostri clienti, sono soluzioni per avere un ritorno più immediato possibile, cosa comprensibile visti i tre mesi in cui è mancato il cash flow vero. Spesso è stato necessario traghettare molte realtà verso target completamente diversi come ad esempio alcuni clienti che operano nel fine dining con una clientela molto internazionale che hanno dovuto rivolgersi ad un turismo di prossimità. “

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