Executive chef dei Balzi Rossi, Enrico Marmo porta avanti una cucina spontanea e rigorosa, fatta di vegetali, pescato locale ed essenzialità, con una terrazza che si affaccia sul Mediterraneo e lo sguardo rivolto al futuro del fine dining.
L'origine
C’è una cucina che non alza la voce, non rincorre l’effetto speciale, ma lavora in profondità sulla materia, sulla memoria, sul territorio. È la cucina di Enrico Marmo, classe 1987, nato e cresciuto in Piemonte, nel cuore del Monferrato. Una cucina che parte dall’ascolto della natura, passa attraverso il gesto preciso, si traduce in piatti essenziali. Oggi executive chef del ristorante Balzi Rossi a Ventimiglia, Marmo rappresenta una delle voci più autentiche e misurate della nuova scena gastronomica italiana. Il suo non è stato un percorso lineare, non ha seguito traiettorie scontate, ma ogni tappa ed ogni deviazione hanno contribuito ad affinare un’identità che oggi si esprime in una cucina coerente, personale e consapevole. Dopo le prime esperienze in trattorie e ristoranti della sua terra d’origine, si forma all’ALMA di Colorno, dove riesce ad emergere per talento e dedizione. Lì si apre per lui una strada fatta di nomi importanti: uno stage da Alessandro Breda al Gellius di Oderzo, poi un anno intenso alla corte di Carlo Cracco, dove passa dal laboratorio di pasticceria al ruolo di capo partita. Ma è con Davide Palluda, chef del ristorante All’Enoteca di Canale, che Enrico cresce e affina la sua personalità gastronomica: cinque anni a fianco del sous chef, di cui due come suo sostituto, in un contesto che gli insegna il valore della tecnica, quanto quello dell’istinto.

L'arrivo ai Balzi Rossi
Nel 2016, a soli 27 anni, arriva una chiamata importante: quella dei Balzi Rossi di Ventimiglia, ristorante leggendario proprio sul confine con la Francia, in cerca di un giovane chef per rilanciare la cucina. Enrico accetta la sfida, restituendo solidità al ristorante e ottenendo numerosi riconoscimenti. Nel 2019 la voglia di crescere lo porta a lasciare i Balzi Rossi e nuove esperienze gli permettono di proseguire il suo percorso di evoluzione: prima lavora al Castel Monastero, luxury resort toscano, poi torna in Piemonte dove guida l’Osteria Arborina nelle Langhe, confermandone la stella Michelin nel 2021.

Pochi mesi dopo, la figlia della fondatrice dei Balzi Rossi, Giuseppina Beglia, lo ricontatta per affidargli la nuova apertura del ristorante, dopo due anni di chiusura. C’è un pizzico di magia in certi ritorni: profumano di casa ma brillano come traguardi. Ed è lì, nel conforto del conosciuto, che ci si accorge di quanto si è cresciuti. Si ritrovano le proprie radici, ma anche la consapevolezza del cammino fatto, dei passi guadagnati. Si torna diversi: più maturi, più pronti, più lucidi. Enrico riunisce parte della sua vecchia squadra e si riappropria di quel luogo che sente ormai suo. L’obiettivo di riportare il Balzi Rossi tra le grandi tavole italiane è presto raggiunto: nel 2022 riceve il premio “Tradizione Futura” del Gambero Rosso e la stella Michelin torna a brillare sul ristorante.

La filosofia in cucina
La sua cucina oggi è un equilibrio tra spontaneità e misura, tra vegetali, erbe aromatiche, pescato e cotture a fiamma viva. Marmo porta con sé la concretezza delle Langhe e la forza gentile della Liguria, con un approccio slow, capace di ascoltare la natura e restituirle valore e potere. Il suo mood è di fare “di necessità virtù”, sfruttando al meglio ciò che il mare e la terra hanno da offrire. Ogni giorno si affida all’asta del pesce, che lavora da intero e di cui cerca di utilizzare ogni parte, valorizza il raccolto del giorno, crea salse e basi utilizzando il più possibile gli scarti. Tutto ciò che è possibile creare da zero viene preparato in cucina, come la pasta fresca e i panificati, tutto ciò che non può essere prodotto viene acquistato nelle vicinanze, da chi condivide con il ristorante un approccio rispettoso della natura e dei suoi ritmi. L’ olio, che viene servito col pane in apertura di cena, ad esempio è quello dello storico Frantoio Sant’Agata di Oneglia, che conta oltre 190 anni di storia, il pesce proviene da pescatori esperti che conoscono con precisione l’area di Ventimiglia e Bordighera, le verdure dall’orto di proprietà, all’interno di un’azienda agricola che lavora con l’antico sistema dei terrazzamenti. La regola di Enrico Marmo è “No freezer, no sottovuoto, no grandi fornitori”, anche nell’ottica di sostenere la filiera che sta morendo.
Ogni ingrediente è lasciato libero di esprimersi, valorizzato nella sua essenza con equilibrio, leggerezza e sapore. “La semplicità è un modo di guadagnarsi il rispetto” spiega Marmo, “con queste materie prime sei completamente nudo, questo vuol dire fare il cuoco” e “più nudo sei, più sei tu che giochi, in una sfida solo con te stesso”. Un approccio “materico” alla cucina, intenso, senza orpelli o scorciatoie.
Il menu
Il menu degustazione, intitolato Momento, è proposto in due varianti – cinque o sette portate – ed è un percorso a sorpresa, guidato dalla stagionalità e dalla reperibilità degli ingredienti. Un itinerario sensoriale in cui si rivela con nitidezza la cifra stilistica dello chef: una cucina viva, fatta di gesto, intuizione e gioia immediata. Accanto al percorso degustazione, una carta essenziale ma curata ospita una selezione di piatti che raccontano l’identità del ristorante, tra cui spiccano alcuni signature dish come il coniglio alla ligure e i ravioli della Pina, ripieni di arrosto di coniglio e profumati con erbe di campo.

Il menù, proprio perché asseconda la reperibilità della materia prima di giornata, è in continua evoluzione, di servizio in servizio, talvolta anche da tavolo a tavolo. “Se qualcosa non c'è non si cucina” – spiega Enrico Marmo. “La gente che viene qui non chiede più niente, si è creato un rapporto di fiducia”. E ad affidarsi alla brigata di cucina non si sbaglia, perché significa godere di tutta la freschezza del Mediterraneo.
Il locale
Il locale rispecchia la pulizia dei piatti, con un’ eleganza minimal e luminosa degli interni e una terrazza a picco sul mare, che non risparmia emozioni: cenare guardando la costa francese con le luci della marina di Menton o scrutando le navi all’orizzonte, porta con sé una buona quota di poesia, che certamente ben dispone all’assaggio. E quando tale respiro incontra i piatti della brigata, l’accoglienza del recentemente rinnovato personale di sala e la competenza del sommelier, si gode.
Lo stesso Marmo afferma che “quando uno va via deve aver mangiato bene e deve essere stato servito bene. Tutto il resto va su altri palcoscenici”.

I piatti
Sul tavolo immacolato spiccano tre pomodori, unico vezzo decorativo della mise en place: la cena parte da qui, dall’orto, con una tartare di cuore di bue, dove il sapore del pomodoro viene concentrato essiccandolo in forno a bassa temperatura, condito con semi di girasole, limone alla marocchina, maionese al latte di soia e bottarga di tonno; come side dish uno sfizioso salatino sempre con cuore di bue e polvere ricavata dagli scarti. La continuità dell'acidità tra i diversi elementi parte dal limone fermentato della tartare, passa attraverso il gel di limone che accompagna il salatino e continua con l’acqua di cetriolo fermentato di un buon Bloody Mary. Il trittico funziona e ti trasporta subito nelle viscere emotive di Enrico Marmo che ci spiega che “il pomodoro cuore di bue è un ricordo del nonno, che lo mangiava appena raccolto, condito solo col sale... qualcosa di inarrivabile”. E anche gli accostamenti sono frutto di semplice amore per il cibo: “I salatini perché ne mangerei mille, il Bloody Mary perché lo amo”.

E dopo un ottimo inizio vegetale, ci si tuffa nel mar Ligure con scampi arrostiti serviti con fondo di pesce; collare di tonno in salsa “ciuppin “(la zuppa di pesce tradizionale ligure), accompagnato da salsa bernese al miso bianco, per richiamare la tradizione della bouillabaisse; filetto di castagnola con burro al timo, tartare di susine acerbe, scarola affumicata e foglie di begonia. Il sapore dei piatti è sempre pulito, anche quando giocano su elementi come burro e salse, sanno danzare con grazia sul confine tra opulenza ed eleganza, alternando note francesi e liguri, come questa terra di frontiera. Si ritrovano sapori talvolta intensi, come quello del crostino con lo stracotto di tonno, che riprende una tradizione dei pescatori, che dopo la sfilettatura toglievano gli straccetti di carne rimasti attaccati alla lisca per cuocerli lentamente in umido. Un intermezzo rustico, genuino, da cui sgorga tutta la forza del mare.

L'acidità, una delle caratteristiche della cucina di Marmo, quella che manda avanti il pasto e che porta un po’ fuori dalla zona di comfort, fa nuovamente capolino in un piatto intenso e interessante: le linguine alla puttanesca, cotte solo in acqua di pomodoro recuperando gli scarti e servite su un concentrato di pomodoro dolce, pomodori arrostiti, capperi, olive e cipolle.
Anche il dessert è coerente col percorso e chiude un cerchio, riutilizzando lo stesso olio con cui abbiamo iniziato, in un dolce realizzato con cioccolato 72% Ecuador, acqua faba e polvere di olive taggiasche.
Alla fine della cena Enrico Marmo si racconta, in una piacevole e informale chiacchierata (nella quale non utilizza mai la parola “chef”, definendosi sempre semplicemente un “cuoco”) ed è bello ritrovare nelle sue parole e nel suo atteggiamento tutto ciò che i piatti stessi incarnano. Una connessione riuscita tra personalità e risultato gustativo, tra intenti, promesse e esperienza che il cliente vive, accomodandosi sulla terrazza dei Balzi Rossi. “L'unico intento è alzarsi la mattina e dare il massimo in quello che faccio. Sono concentrato sul piacere di fare questo lavoro, mi interessa niente delle luci della ribalta” dice Enrico e ribadisce che “la naturalezza vince sempre… con un po' di tecnica, esperienza e bruciature di padella sulle braccia”.

Per alcuni la cucina è pensiero, elucubrazioni, estremizzazione del controllo, per Enrico Marmo è qualcosa di più intimo, connesso alla propria vera natura, seppure su solide basi. “Io ho un solo modo per fare il cuoco, qualcosa che deve uscire spontaneo. Banalizzo, ma in realtà ogni giorno studio e imparo”.
La sua è una cucina che non pretende di stupire, ma finisce per farlo proprio per la sua sincerità, nei suoi piatti non c’è niente da dimostrare, ma molto da assaporare. E forse proprio in questa autenticità risiede il futuro più credibile del fine dining, d’altronde “La cucina è una passione, un Amore, nient'altro”.
Contatti
Ristorante Balzi Rossi
Via Balzi Rossi, 2 – Frontiera di Ponte San Ludovico, 18039 Ventimiglia (IM)
Info e prenotazioni
T. 0184 38132