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Rogue River Blue: come è fatto il formaggio più buono del mondo

di:
La Redazione
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Per la prima volta in 32 anni di World Cheese Awards, è un formaggio americano a vincere il titolo di migliore del mondo. Ecco la storia e la situazione dell’industria casearia.

La Storia

Anno dopo anno, i World Cheese Awards hanno premiato i migliori formaggi al mondo. Nel 2017 ha trionfato la Gran Bretagna, nel 2018 la Norvegia e quest’anno sono stati gli Stati Uniti ad aggiudicarsi il primo premio. Già, perché il formaggio più buono al mondo è Blu e viene dall’Oregon.


Si chiama Rogue River Blue ed è prodotto a Central Point da Rogue Creamery. Un successo doppio perché oltre al riconoscimento importantissimo per qualità e gusto del prodotto, è la prima volta, in 32 anni di storia del World Cheese Awards, che ad aggiudicarsi il primato è un formaggio americano. Un risultato raggiunto battendo ben 3.800 tipologie di formaggi in gara, provenienti da 42 paesi differenti. Il secondo posto è andato a un Parmigiano Reggiano di 24 mesi proveniente dall'Italia, mentre il terzo posto a un formaggio di latte crudo di pecora dalla Spagna.

Il Rogue River Blue deve la sua bontà al latte utilizzato, proveniente da mucche da allevamento biologico, insieme a un processo di maturazione rigoroso: affinato in grotta per 9-11 mesi prima di essere avvolto in foglie di vite biologiche Syrah, imbevute di liquore di pere.


Una vittoria che va di pari passo con un vero e proprio boom economico per le aziende produttrici: da quando i premi sono stati assegnati, le vendite hanno registrato una crescita significativa.

David Gremmels, presidente di Rogue Creamery, noto anche come "Mr. Blu ", ha affermato che il traffico web e le vendite sono aumentati del 500%: “Il premio sta risuonando non solo nella nostra comunità ma in tutto il settore. Siamo entusiasti di vedere la portata del marchio ". Anche i venditori stranieri, come Neal's Yard Dairy e La Fromagerie a Londra, si considerano soddisfatti dei numeri attuali. E Rogue Creamery ha visto nuovi ordini da venditori di formaggi in Spagna e nei Paesi Bassi.


Ciò che hanno sancito i WCA va ad inserirsi in un quadro più ampio che vede l’industria casearia americana in forte espansione. Tuttavia, secondo la professoressa e scienziata alimentare Catherine Donnelly, autrice del libro “Ending the War on Artisan Cheese”, l'industria è minacciata. La paura è quella del latte non pastorizzato e, di conseguenza, del formaggio non pastorizzato, che influisce sui metodi tradizionali di produzione casearia.

A dettare legge è l’FDA, secondo la quale qualsiasi formaggio prodotto negli Stati Uniti deve derivare da latte pastorizzato o conservato per 60 giorni, così da permettere la naturale eliminazione dei batteri nocivi. Ecco, la Donnelly sostiene che queste regole non solo danneggiano il lavoro dei casari tradizionali, ma anche che non sono basate sulla scienza.


“Quando guardi la produzione di formaggio – sostiene la Donnelly - un prodotto inizia dal latte crudo, ma non termina con il latte crudo. Spiego sempre che il formaggio viene elaborato per sicurezza. Si usano colture batteriche per abbassare il pH al punto in cui, in alcuni formaggi, i patogeni non possono crescere. Si procede con il trattamento termico della cagliata in molte delle diverse famiglie di formaggi. In questo modo si ottiene un livello equivalente di sicurezza se il prodotto è fatto con latte pastorizzato. E l'altra cosa importante è che esistono accurati standard a cui i casari prestano attenzione perché, se non iniziano con materie prime della migliore qualità, non finiranno con un buon formaggio. Prestare attenzione alla qualità microbiologica del latte crudo è molto, molto critico”.

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